Salute

Il dolore di Telethon

Il premio nobel fu molto legato alla Fondazione con cui collaborò intensamente

di Redazione

«Mi fece molto riflettere» ricorda Francesca Pasinelli, Direttore Generale di Telethon, «quando mi disse che motivo di maggiore orgoglio per lui, più del Nobel ricevuto, era il fatto che cinque suoi allievi avessero ottenuto lo stesso riconoscimento. Riteneva la formazione alla conoscenza e all’amore per la ricerca, il principale compito di uno scienziato. Un insegnamento forse ancora non abbastanza valorizzato nel nostro Paese». Lo ricordano così, Renato Dulbecco, in Fondazione Telethon. L’ente che raccoglie fondi per finanziare la ricerca sulle malattie genetiche, piange la sua scomparsanon solo perché fu premio Nobel, nel 1975, per le sue ricerche sui virus tumorali e padre ispiratore del Progetto Genoma Umano. Ma perché Dulbecco dal 1994 fu presidente onorario della Commissione Medico Scientifica di Telethon, organismo che seleziona i progetti di ricerca più meritevoli, dopo esserne stato presidente dal 1991. Nel 1999, anno in cui prese parte al Festival di Sanremo decise di devolvere il suo cachet, pari a 50 milioni di lire, alla creazione di un istituto che consentisse a giovani ricercatori eccellenti di svolgere in piena indipendenza la propria carriera in Italia: nacque così l’Istituto Telethon Dulbecco (DTI), grazie al quale, dopo una scrupolosa selezione, venivano assegnati ai ricercatori uno stipendio adeguato e il finanziamento del progetto di ricerca per 5 anni rinnovabili. Fino ad oggi l’Istituto Telethon Dulbecco ha coinvolto 30 laboratori in Italia, di cui 20 sono attualmente attivi, permettendo ad oltre 370 tra “Telethon scientist”, collaboratori, borsisti di svolgere la loro attività all’interno del DTI, arricchendo con il proprio talento la comunità degli scienziati italiani impegnati nella ricerca sulle malattie genetiche.


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