Politica

Chiesa e non profit, occhio all’Imu

Monti annuncia nuove norme sulle esenzioni all'ex Ici

di Franco Bomprezzi

Mario Monti continua a muoversi su terreni minati. Dopo il no alle Olimpiadi romane, ecco una sua anticipazione importante: l’intenzione del governo di presentare un emendamento che prevede il pagamento dell’Ici da parte della Chiesa per tutti gli immobili non esclusivamente destinati al culto.

“Chiesa e Ici, nuove regole” è il titolo di taglio centrale sulla prima del CORRIERE DELLA SERA che apre con il festival di San Remo. A pagina 5: “La Svolta dell’Ici sulla Chiesa, esentasse solo i luoghi di culto”. Scrive Maria Antonietta Calabrò: “Niente più esenzioni Ici (Imu) per le attività «non esclusivamente commerciali» della Chiesa (cliniche, pensioni, scuole). Per l’esenzione non basterà più avere all’interno dell’immobile una struttura religiosa (che rimarrà esente), il fisco guarderà alla destinazione prevalente, individuando un rapporto percentuale tra le due attività, e su tutto il resto si pagherà il dovuto. La nuova disciplina riguarderà anche tutti gli altri soggetti (partiti, sindacati, associazioni, circoli) che oggi non pagano l’imposta comunale sugli immobili. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha comunicato ieri ufficialmente al vicepresidente della Commissione europea, Joaquin Almunia, la sua intenzione di presentare al Parlamento «un emendamento che chiarisca ulteriormente e in modo definitivo la questione», che ha generato molte polemiche e sulla quale la Commissione europea ha aperto, dopo un esposto del Partito radicale, nell’ottobre 2010, una procedura di infrazione per violazione della concorrenza ed illegittimo aiuto di Stato”. Come reagisce la Chiesa? “Appresa la decisione di Monti, non si è fatta attendere la reazione della Conferenza episcopale italiana – conclude il CORRIERE – che attraverso il suo portavoce, monsignor Domenico Pompili, ha commentato: «Attendiamo di conoscere l’esatta formulazione del testo così da poter esprimere un giudizio circostanziato». Aggiungendo che come dichiarato più volte, anche di recente, dal cardinale Bagnasco, «ogni intervento volto a introdurre chiarimenti alle formule vigenti sarà accolto con la massima attenzione e senso di responsabilità». Ma la Cei mette anche in guardia dalla necessità di tutelare il no profit e si augura «che sia riconosciuto e tenuto nel debito conto» il suo valore sociale”.

LA REPUBBLICA dedica il titolone alla “Riforma del fisco e Ici sulla Chiesa”. I servizi da pagina due. «Il cantiere del fisco è di nuovo aperto. Con l’obiettivo di abbassare i carichi per i contribuenti più deboli e di bloccare l’aumento dell’Iva già pronto per il prossimo anno», scrive Roberto Petrini. Il contenitore è la nuova delega fiscale: aumento Iva evitabile, meno Irpef con i proventi della lotta all’evasione, tagli delle agevolazioni fiscali. Si comincia con l’Irpef: «Usare i proventi della lotta all’evasione per dare qualche sollievo ai contribuenti onesti», ha detto Monti. Per ora il governo, per prudenza, non ha voluto cifrare il gettito della lotta all’evasione per quest’anno. Di certo tuttavia si sa che nel 2011 il gettito di cassa del contrasto agli evasori è stato di 11 miliardi. Per evitare l’aumento Iva servono 4 miliardi. C’è poi la rivalutazione a tappe degli estimi catastali. I grandi comuni dovrebbero iniziare: la rivalutazione automatica del 60% decisa con l’introduzione dell’Imu ha portato la base dell’imposta a quota 4mila miliardi, ma il mercato è stimato sugli 8,2 miliardi. Inoltre Giarda ha avviato una attenta spending review in tre ministeri. Oltre alla lotta all’evasione, il governo punta all’abuso di diritto, ovvero elusione fiscale. Nel mirino ci sono i miliardi che sfuggono al fisco in apparenza legittimamente, in realtà grazie ad un ingegnoso e sofisticato slalom tra le norme, formalmente rispettate ma piegate ai propri interessi da holding e grandi gruppi finanziari. Obiettivo: verificare ogni volta, come del resto ha fatto spesso la Corte di Cassazione, se l’operazione che viene messa in atto da una società ha un fine puramente economico o serve solo per risparmiare sulle imposte. Del resto la proposta al vaglio parla chiaro: sono vietati tutti gli atti privi di valide ragioni economiche diretti, pur senza violare alcuna specifica disposizione di legge, ad ottenere riduzioni d’imposta, rimborsi o risparmi. Per quanto riguarda la Chiesa, saranno esclusi dal pagamento dell’Imu, solo gli edifici totalmente non commerciali. Lo ha annunciato ieri Monti. La misura dovrebbe fruttare circa 700 milioni di euro l’anno. Esenti Chiese, parrocchie, sedi Caritas, oratori, mense per i poveri. Tutto il resto dovrà pagare la tassa. Il cardinale Bagnasco si è detto pronto ad accogliere «ogni intervento con la massima attenzione e senso di responsabilità», purché «sia riconosciuto e tenuto nel debito conto il valore sociale del vasto mondo del non profit».

IL GIORNALE non dedica spazio a Chiesa e Ici. 

“Ici, se fa business anche il santo paga” è l’ampio richiamo in prima pagina del MANIFESTO, taglio centrale, sotto l’apertura dedicata alla recessione, per la decisione del governo di far pagare l’Ici alla Chiesa. In pratica come anticipa in prima: «La Chiesa sarà esente dal pagamento dell’Ici solo per gli edifici dove non si svolge attività commerciale. In caso di attività miste, l’imposta si pagherà per la parte dell’immobile in cui si svolge commercio. (…)». L’articolo ha ampio spazio a pagina 5 che nell’occhiello segnale “Paradisi fiscali – Monti annuncia: esentasse solo gli edifici esclusivamente non commerciali” e nel sommario “La Cei incassa male: attenti al no profit. Ma dalla Ue filtra la soddisfazione: un buon progresso”. «Una cartella fiscale, la prima della storia. È un regalo di compleanno niente male, quello che il governo starebbe preparando al Vaticano, e che viene consegnato proprio nell’anniversario dei Patti lateranensi. (…)» si  legge nell’incipit dell’articolo che dopo aver raccontato la reazione europea che «lascia filtrare di “accogliere con favore2 le mosse del governo italiano e di giudicarle “un buon progresso” (..)» continua «A Strasburgo non sfugge che l’Italia è quel paese che sta tutto intorno al Vaticano. E anche fa approvare dal parlamento una norma così non è proprio una passeggiata. Intanto Monti però fa la sua bella figura, che da Oltre Tevere dovrà essergli perdonata: lo obbliga la Ue (…)». Si osserva poi che «Le porpore incassano con prudenza, per ora (…)».

“Ici sugli immobili della Chiesa” è il titolo in prima di taglio basso de IL SOLE 24 ORE.  A pagina 3, Carlo Marroni la definisce in un’analisi “Scelta di normalità nei rapporti tra Stato e Vaticano”: «Il governo poteva muoversi in autonomia, ma a quanto risulta c’è stata una discreta quanto fitta interlocuzione anche con gli uffici Cei. La materia è complessa: una gran parte degli immobili fanno capo a congregazioni religiose, italiane ed estere. Tante le stime del valore dell’operazione: le più attendibili si aggirano su 700 milioni, fino a oltre un miliardo, da recuperare su immobili che ammontano a 171 miliardi. Con la sistemazione del dossier-Ici Monti mette in sicurezza anche i rapporti Stato–Chiesa. In particolare il premier sembra riuscire a consolidare un rapporto “normale” con Oltretevere, fatto di diplomazia e politica, e poco spettacolo. La Cei per ora rimane abbastanza cauta, ma è naturale che tutto è stato condiviso, e lo stesso il Vaticano, che in Italia pagherà una discreta somma di imposte, a parte gli immobili situati nelle aree extra territoriali, che a Roma sono molte».  Alla vicenda è dedicato anche uno dei commenti anonimi della pagina dei commenti “Imu e beni ecclesiali: rigore ma con equità”: «Quegli spicchi di Chiesa che non pagavano l’Ici, ora Imu (una assoluta minoranza, secondo le gerarchie), ora dovranno contribuire allo sforzo nazionale di risanamento, come è giusto che sia. Ma senza andare a colpire quelle aree di solidarietà – oratori, spazi parrocchiali, mense per i poveri, aule dove si insegna agli immigrati – immobili dove accede anche (spesso soprattutto) chi cattolico non è e che di commerciale non hanno veramente nulla.  È su questa giusta calibratura del nuovo regime fiscale che si misurerà anche il tasso di solidarietà di un governo che per salvare l’Italia ha stretto la cinghia anche alle fasce più deboli: coniugare rigore ed equità continua a restare una bella sfida».

Per AVVENIRE sulla questione Ici e Chiesa è «in arrivo il chiarimento definitivo». Questo è il titolo scelto per dare la notizia e commentare la comunicazione diffusa ieri da Palazzo Chigi con cui Monti annuncia alla Commissione europea (da cui l’Italia rischia una sanzione) l’intenzione di presentare un emendamento che chiuda in modo definitivo la questione. Fatta la premessa che l’intervento di Monti sull’esenzione dall’Ici/Imu riguarderà tutti gli enti non commerciali, non solo quelli della Chiesa (e AVVENIRE critica i giornalisti che invece ieri hanno presentato la notizia titolando sull’Ici alla Chiesa, senza «neanche un accenno di vergogna» a trasformarsi «da dr Jeckyll in mr Hyde») ecco i tre paletti chiarificatori: primo, l’esenzione sarà solo per gli immobili in cui si svolge in modo esclusivo un’attività non commerciale; secondo, saranno abrogate le esenzioni per gli immobili dove l’attività commerciale è solo prevalente; terzo, nel caso di immobili a doppia destinazione, l’esenzione sarà limitata solo alla frazione dell’immobile in cui si svolge attività non commerciale. Per AVVENIRE, nulla di nuovo, perché queste regole «ricalcano quelle già esistenti. Anzi, se in un albergo di proprietà ecclesiastica c’è una cappellina, l’Ici oggi si paga anche sulla cappellina (non è vero il contrario), mentre in futuro la cappellina diverrà esente». La vera novità è piuttosto il fatto che la nota prevede «l’introduzione di un meccanismo di dichiarazione vincolata a direttive rigorose circa l’individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali». 
Ad accompagnare la notizia un servizio sul valore economico del non profit, “Ecco l’Italia dei costruttori”, che va a raddoppiare lo spazio del primo piano e a scardinare l’usuale impianto del quotidiano alle pagine 2/3. Marco Morganti, ad di Banca Prossima, ribadisce che il terzo settore vale 45-50 miliardi di euro, che è l’unico segmento dell’economia che in questi anni ha creato posti di lavoro, che chiudere l’Agenzia sarebbe un errore e presenta le due novità di «Fits!», la Fondazione per l’innovazione nel terzo settore: NPMail, piattaforma di servizi di spedizione messa in piedi con Vita e Uspi che ha già fatto risparmiare 2 milioni di euro per gli invii legati alle campagne di raccolta fondi e Npbuy, una soluzione di e-procurement. Ugo Biggeri invece lancia l’idea dei Bot della solidarietà. 

«Ici, svolta sui beni della Chiesa» è il titolo di apertura della prima pagina de LA STAMPA. Scrive Flavia Amabile: «La Chiesa dovrà pagare l’Ici sugli enti commerciali, annuncia Mario Monti. Se ne parlava da tempo con una campagna di mobilitazione partita dal web, e ora la Chiesa risponde in modo cauto, in perfetto stile curiale, la parte antiecclesiastica della rete si mostra soddisfatta anche se si rende conto che non sarà un provvedimento completo come speravano in tanti. I più arrabbiati sono i comuni e minacciano reazioni. L’Ici sarebbe un’imposta comunale, come dice anche il nome: ora cambierà ma nessuno li ha consultati». Insomma i vescovi reagiscono con fair-play: «Ogni intervento volto a introdurre chiarimenti alle formule vigenti sarà accolto con la massima attenzione e senso di responsabilità”», spiega il portavoce della Cei, monsignor Domenico Pompili. «Ci auguriamo – aggiunge – che sia riconosciuto e tenuto nel debito conto il valore sociale del vasto mondo del no profit». Ma il retroscena di Andrea Tornielli riferisce che: «Oltretevere nessuno è stato avvertito. La partita è stata giocata unilateralmente dal governo e personalmente dal premier, insieme al ministro Moavero». Mentre emerge il «caso» Patti Lateranensi: «anniversario con lite tra Vaticano e Stato», la polemica «contro la giurisprudenza italiana che non ha riconosciuto la nullità di un matrimonio». Il dissenso della Santa Sede è stato espresso sull’Osservatore Romani. Secondo i costituzionalisti cattolici «è un atto di rottura della diplomazia». E proprio oggi «il premier incontra a Palazzo Borromeo Bertone e Bagnasco».
  
E inoltre sui giornali di oggi:

APPRENDISTATO
CORRIERE DELLA SERA – “Giovani, le Tre Strade dell’Apprendistato” è il titolo di pagina 9. Scrive Antonella Baccaro: “Dopo 57 anni di onorato servizio, l’apprendistato si avvia a diventare, secondo le prime indicazioni della trattativa sul mercato del lavoro, il contratto prevalente d’ingresso per i più giovani. Per ora questo tipo di rapporto, che unisce la formazione al lavoro, riguarda, stando all’ultima rilevazione dell’Inps-Isfol-ministero del Lavoro, circa il 15% degli occupati italiani tra i 15 e i 29 anni d’età, qualcosa come 542 mila giovani (43% donne). Il 32% di questi contratti coinvolge aziende artigianali. Va sicuramente incentivata la capacità dell’apprendistato di stabilizzare il lavoratore: nel 2009 sono stati 177 mila i contratti trasformati in tempo indeterminato (12,3%), soprattutto nelle attività finanziarie. Un risultato limitato, se si pensa che il governo riserva a questo contratto il 39% della spesa totale per le politiche attive per il lavoro”.

BENIGNI
IL GIORNALE – Dopo le polemiche su Celentano e la sua performance, Fabrizio Boschi firma “La beneficienza di Benigni? Mai vista”. Il comico aveva detto che avrebbe devoluto il proprio cachet all’ospedale Meyer di Firenze per la costruzione di un nuovo padiglione. Il direttore dell’ospedale ha fatto sapere che «quei soldi non sono arrivati». 

RAI
CORRIERE DELLA SERA – Editoriale di Ernesto Galli Della Loggia: “Ma ora restituiteci la Rai”, che parte in prima pagina e si conclude a pagina 44: “Conviene che anche le persone serie si occupino di queste cose. Non solo perché con l’esibizione di Celentano — condita di insulti a destra e a manca (tra i più indegni, questa volta, oltre quelli ai giornali cattolici, quelli al nostro amico Aldo Grasso, critico del Corriere) — e con il turpiloquio delle due «Iene», si è raggiunto e superato ogni limite. E neppure solo perché la Rai è un servizio pubblico, come tale titolare di molti privilegi tra cui quello — decisivo — di poter esigere dagli spettatori un canone equiparato a un tributo fiscale. Ma soprattutto perché ciò che sono la radio e la televisione (non solo pubblica) di un Paese (a cominciare dalla quota di pubblicità che esse assorbono) è troppo importante per ciò che quel Paese stesso è. Troppo importante per la definizione dei modi con cui esso pensa se stesso e il mondo”. E così conclude: “L’Italia è in mille modi viva, si agita, cerca di superare la crisi storica che l’attanaglia, ma la Rai che dovrebbe darle voce, rappresentarla, è invece immobile, spenta, corrotta, pietrificata nelle sue trasmissioni sempre più senz’anima. L’hanno ridotta così i partiti, i loro apparati, i loro capi: mai sazi di posti, di spazi, di «servizi», d’influenze di ogni tipo. Presidente Monti, dia ascolto al Paese: è giunta l’ora di intervenire”.

ARMI
MANIFESTO – Inizia in prima pagina, in un piccolo richiamo dal titolo “I tagli non bastano” l’articolo di Giulio Marcon sulle decisioni  del ministro della Difesa. «Mezzo passo in avanti e due indietro, così si potrebbero commentare le dichiarazioni del ministro-ammiraglio Di Paola alle commissioni Difesa di camera e senato. Il mezzo passo in avanti è l’annuncio della riduzione delle Forze Armate di 30mila unità (dalle attuali 183mila). Ma con calma, ci vorranno 10 anni, ha detto il ministro-ammiraglio. Per mandare a casa gli operai della Irisbus e della Thyssen bastano poche ore, per ridurre il numero di generali e militari, due lustri (..)». L’articolo prosegue poi a pagina 5 sotto il titolo “Se novanta F-35 vi sembran pochi” e si sottolinea «(…) L’interesse generale del paese è invece un altro: ridurre la spesa militare per investire nel rilancio dell’economia; risparmiare 10 miliardi di euro degli F35 per potenziare gli ammortizzatori sociali per i disoccupati, per i precari e per salvaguardare i redditi delle pensioni minime e dei salari più bassi. Il paese non si salverà con i dottor Stranamore – che al massimo ci condurranno in qualche nuova avventura bellica – ma con le persone di buon senso (…) È anche per questo che è importante rilanciare la campagna contro gli F35 (…) Quei 10 miliardi di euro si possono risparmiare e si può ridurre il debito pubblico, oppure con lo stesso importo si possono creare migliaia di post di lavoro in imprese che si dedicano al riassetto idrogeologico del territorio (…)» e conclude «Si può rischiare il default per tanti motivi, ma non certo per dei cacciabombardieri e per far contenta la casta dei generali».

GERMANIA
ITALIA OGGI–  Il quotidiano dei professionisti dedica mezza pagina al fondo a favore dei pazienti tedeschi che hanno subito un danno fisico a causa di errori commessi dai medici. Secondo il pezzo “Un fondo per gli errori dei medici” ora sarà più facile ammettere gli errori dei medici e risarcire la vittima. Infondo, come dicono i dati, i medici tedeschi sbagliano almeno 40 mila volte all’anno. 

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