Volontariato

Servizio Civile, universale si può

Il presidente di Welfare Italia sostiene la proposta di Vita: ma serve poco Stato e tanto terzo settore

di Redazione

di Johnny Dotti

C’è una parola chiave che riassume il valore di una proposta come quella lanciata da VITA questa settimana. La parola chiave è: l’altro. O, se vogliamo darne un senso più compiuto, “l’esperienza dell’altro”. Per le persone della mia generazione questo passaggio era un passaggio obbligato: la leva o la scelta per l’obiezione di coscienza ci “obbligavano” a sperimentare un rapporto stretto con soggetti che non erano stati scelti da noi e che non si conoscevano. “L’altro” non era più quello che decidevo io. Per questo noi tutti ne abbiamo un ricordo come di veri riti di iniziazione alla società grazie ai quali, in nome della patria o di altri valori, eravamo chiamati a sperimentare un principio di realtà. Oggi nel percorso dei nostri giovani questo passaggio non c’è più. Non c’è più nulla di “obbligatorio” sulla loro strada, anche perché hanno davanti degli adulti che non sanno più cosa sia da ritenere vincolante per un figlio. E le conseguenze sono facilmente immaginabili: senza voler dare giudizi tranchant, in mancanza di una vera esperienza dell’altro la vita si impoverisce. Senza un vincolo, viene meno anche il principio di realtà.

Oggi la società italiana non è più quella di trent’anni fa. Neanche in senso demografico. È un fattore che non può non incidere sull’idea di un servizio civile “per tutti”: se ci sono giovani (sempre meno) privati del rito di ingresso nella società, ci sono anziani attivi (tanti) che sono estromessi dalle dinamiche sociali. Il servizio civile “per tutti” non può non essere anche per loro, permettendo esperienze intergenerazionali che oggi sono del tutto assenti. Sento già l’obiezione inevitabile: e i soldi? Ma il servizio civile non ha bisogno di soldi (come lo aveva quello che ora sta declinando e che non per nulla spesso si confondeva con i lavori socialmente utili); il servizio civile ha bisogno di attivazione di responsabilità. Ha bisogno di Terzo settore molto più che di Stato, perché non si tratta di aprire spazi di lavoro per i giovani, ma “con” i giovani. Allo Stato il compito di dare le coperture assicurative e niente di più. Al terzo settore quello di attivare percorsi. Non è una sfida da poco, me ne rendo conto. Ma invece di guardare alle difficoltà, vediamone il senso: solo con idee così si esce dalla crisi.

Per aderire al manifesto clicca qui


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA