Politica

Monti, calma olimpica

Il no del premier ai Giochi nonostante le forti pressioni

di Franco Bomprezzi

No, monosillabo brevissimo, difficile da pronunciare in politica, specialmente in Italia. Eppure ieri è accaduto, quando il premier Monti non ha dato il consenso del governo alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020. La clamorosa bocciatura e i suoi retroscena sono sulle prime pagine dei giornali.

“Monti dice no ai Giochi di Roma «Non sarebbe stato responsabile» titola in prima il CORRIERE DELLA SERA, che dedica le prime pagine all’argomento. Editoriale in prima di Sergio Rizzo: “La contabilità delle ambizioni”. Scrive il giornalista economico: “Il partito dei Giochi avrebbe dovuto ricordare che da troppi anni sbagliamo, e per difetto, ogni preventivo. Di soldi e di tempi. Non per colpa dei ragionieri, ma di una macchina impazzita che macina ricorsi al Tar, arbitrati, revisioni prezzi, varianti in corso d’opera, veti di chicchessia: dalle Regioni alle circoscrizioni. Un impasto mostruoso di burocrazia, interessi politici e lobbistici che spesso alimenta la corruzione e ci fa pagare un chilometro di strada il triplo che nel resto d’Europa. E in due decenni non è cambiato proprio nulla. Anzi. Per rifare gli stadi di Italia 90 abbiamo speso l’equivalente di un miliardo e 160 milioni di euro attuali, l’84% più di quanto era previsto? Nel 2009 ci siamo superati, arrivando ai mondiali di nuoto senza le piscine. In compenso, però, con una bella dose di inchieste giudiziarie”. Andrea Garibaldi, in apetura di pagina 2, riassume la notizia: “Candidatura di Roma ai Giochi olimpici 2020: «Il governo ha esaminato il progetto con grande attenzione, in particolare per quanto riguarda l’analisi economica, e all’unanimità è arrivato alla conclusione: non si ritiene che nelle attuali condizioni sarebbe responsabile per l’Italia assumere la garanzia finanziaria richiesta». Fine del sogno. Il premier Monti ha chiuso così, solo 24 ore prima del termine per la presentazione delle garanzie, la questione Olimpiade a Roma: «Non pensiamo che sarebbe coerente mettere a rischio denari dei contribuenti»”. Massimo Franco commenta nella sua “Nota”: “il Pdl lo attacca e minaccia di appoggiarlo sempre meno. A conferma di queste critiche, l’ex premier Silvio Berlusconi dice che lui avrebbe firmato per candidare Roma. C’è da credergli. Ma l’attacco è contenuto: come se i partiti in realtà si aspettassero il «no». D’altronde, i contatti riservati avuti nei giorni scorsi da Monti, anche con il premier britannico David Cameron, gli avevano confermato quanto l’erario pubblico poteva essere messo alle corde. Le Olimpiadi di quest’anno a Londra costeranno molto più del previsto: almeno il doppio, al punto che ci si chiede se ne sia valsa la pena. E il collasso economico della Grecia viene considerato una conseguenza anche delle spese faraoniche sostenute dal governo di quel Paese per i giochi di Atene di otto anni fa. Non a caso, nel comunicato di palazzo Chigi si fa riferimento a «tutte le precedenti esperienze olimpiche»”. Ernesto Menicucci a pagina 3: “L’ira di Alemanno. Berlusconi freddo: un’occasione persa”. Bella pagina, la 5, con i conti sui costi delle Olimpiadi: “Il costo dei Giochi 800 milioni l’anno”. Scrive tra l’altro Lorenzo Salvia: “Ma come sarebbero stati pagati tutti quei soldi? Tra il 2014 e il 2018 lo Stato avrebbe dovuto trovare una copertura di 800 milioni di euro l’anno. Con buona pace di chi aveva parlato di olimpiadi a costo zero. Togliendo i fondi dei privati, a carico delle casse pubbliche sarebbero rimasti 4,7 miliardi di euro. È vero che nel lungo periodo la cifra sarebbe stata coperta grazie all’effetto positivo dei giochi sull’economia: secondo la commissione guidata dal professor Marco Fortis, Roma 2020 avrebbe fatto crescere il Prodotto interno lordo e quindi generato un gettito fiscale aggiuntivo proprio di 4,6 miliardi di euro. Solo che lo Stato avrebbe pagato subito ma incassato molto più in là. Per finire gli impianti bisognava trovare i soldi già nel 2013 ma per guadagnare con biglietti e sponsor si doveva aspettare l’anno prima dei giochi. Anche di più in alcuni casi. Il comitato organizzatore prevedeva di ricavare più di un miliardo di euro dalla vendita del villaggio per gli atleti e del centro stampa che i privati avrebbero trasformato in centro residenziale e direzionale. Ma è chiaro che l’operazione sarebbe partita solo a giochi finiti. Per questo sarebbe stato necessario trovare una copertura anno per anno. Con un altro punto interrogativo. La stessa commissione ha sottolineato che prima di ogni olimpiade si prevede un boom di Pil ed entrate fiscali. Ma a conti fatti i numeri reali sono più bassi del previsto”. Fabio Monti a pagina 6 racconta l’amarezza del mondo sportivo e del Coni, ma a pie’ di pagina si fa notare la soddisfazione di Pietro Mennea: “Mennea ringrazia Monti «Così si evita un massacro»”.

LA REPUBBLICA apre con la scelta di Mario: “Olimpiadi, il gran rifiuto di Monti” cui dedica le prime pagine interne. Troppo rischioso per il premier fare le Olimpiadi a Roma. «Non ce le possiamo permettere», ha detto, scatenando diverse reazioni. Quella al solito misurata del sindaco Alemanno («non si capisce qual è il progetto di sviluppo di questo governo» ha detto tra l’altro perdendo l’occasione di un bel tacere), quella del Pd e dell’Udc (favorevoli) e del contrario Pdl che avrebbe voluto la candidatura. Cicchitto addirittura chiede che l’esecutivo riferisca in aula. Più misurata Josefa Idem che dice: me lo aspettavo anche se mi spiace. Monti ha fatto i conti e ha scelto da commissario straordinario quale è. Certo io ragiono da atleta… Assieme a lei Totti che si dice triste, Sensini che è rammaricata. Sul versante opposto Mennea che parla di decisione responsabile. Presa del resto contro lo stesso parere di molti dei suoi ministri che volevano votare la candidatura. Monti si è imposto. I suoi timori sostanzialmente tre, scrive Filippo Ceccarelli nel retroscena: lo spettro del default greco, la vaghezza del piano presentato, le cricche d’affari romane. La previsione decisiva che i 9 miliardi iniziali lievitassero fino a 30. In effetti una doppia pagina poco dopo spiega come è andata in altre città: Montreal (1976: i cittadini hanno pagato i debiti 30 anni dopo), Barcellona, una città trasformata, Atene (l’inizio della fine), Torino quasi in pareggio… Si è in ogni caso frantumato il sogno di Alemanno: fare di Roma una Urbe-Luna Park (nel piano persino una pista da sci di fondo nel Circo Massimo. Si può?). Nell’edizione romana, LA REPUBBICA apre le pagine locali con un titolo unico “Roma dice addio ai Giochi”, approfondimento con pareri locali chiuso da una impietosa paginata su Alemanno: “Dal casinò al Gran premio, tutti i bluff del sindaco”. Che però dopo averci pensato un attimino, ha ritenuto di non doversi dimettere… Infine l’analisi economica di Tito Boeri: “Resistere alle sirene”. Ovvero come la Grecia ha speso troppo per le Olimpiadi scavando così una voragine nella quale poi è caduta…

“Scelta di buon senso, applausi al professore” è il titolo dell’editoriale di Vittorio Feltri che dà la linea de IL GIORNALE sullo stop alla candidatura di Roma. Scrive Feltri: «Il premier ha agito nell’interesse del paese e dei cittadini senza farsi incantare dalle sirene che già assaporavano il profumo dei soldi facili, delle camarille tra gente di partito, delle speculazioni più immonde». La domanda, che tutti si fanno, che Monti si è fatto, e che Feltri esplicita, è: «Dove saremmo andati a prendere il denaro per pagare l’ambaradan necessario a ospitare i giochi? Ancora prestiti? Chi volete che ci accordi un credito, conciati come siamo, per consentirci di fare festa con le Olimpiadi?». In appoggio, all’interno, un approfondimento su tutti gli “Sprechi, ritardi e progetti mai finiti: Torino e Roma flop da dimenticare”. Un elenco di tutti i “crac a cinque cerchi”, da Montreal 1976 al caso di Atene 2004.

La foto di apertura del MANIFESTO è il poster anti-olimpico di Kevin Blowe, un blogger inglese che  fa controinformazione mentre il titolo è ancora più esplicito: “Non gioco più”, nel sommario che rinvia a pagina 4 si riassumo i temi: “Il fantasma della Grecia aleggia sul Colosseo. Il premier Mario Monti non firma  la candidatura di Roma per le Olimpiadi 2020: «Costi imprevedibili, non responsabile rischiare i soldi dei contribuenti». Il sindaco Alemanno incassa un’altra sconfitta, ma non si dimette. La Lega sfotte. Tokyo favorita”. Mentre al no alle Olimpiadi è dedicato anche l’editoriale “La favola insostenibile”, in prima a piè di pagina inizia anche l’articolo “La lezione del «tedioforo»” che esordisce: «Responsabili. Responsabilità. Denari dei contribuenti. Sacrifici. Il governo “non si sente” di fare le Olimpiadi. Evviva il governo. Evviva i sacrifici. E andata così che al pomeriggio di ieri ci siamo scoperti a sorpresa tutti un po’ più montiani, nelle chiacchiere occasionali e nei commenti entusiasti postati su tutti i social network. Quello che fino a poco tempo fa sarebbe stato il discorso dei soliti arcigni “no olimpiadi”, molto verdi, rossi-rossi e – qualche volta un po’ grigi – è ufficialmente la nuova aria dei tempi. Abbiamo vinto? (…)». L’articolo di commento di Alberto Piccinini prosegue poi a pagina 4 con il titolo “«Sono contento di morire ma mi dispiace»”, si legge «(…) Ma così finisce un’epoca. E se un’epoca finisce che epoca sta arrivando al posto suo? Se il governo “non si sente” di fare le Olimpiadi, noi come ci sentiamo? La soddisfazione delle nostre tasche in quanto “contribuenti”, il sollievo di aver dato una bella botta alla Casta (…) Di seguito, si fa strada un cattivo pensiero: quanto è malinconico vivere in un Paese “responsabile” che tagli i fondi alla Cultura (vergogna), decurta i finanziamenti allo spettacolo (vergogna, però insomma), cancella le provvigioni alla stampa no-profit (onta alla democrazia), e adesso annulla l’iscrizione, per mancanza di fondi, al telemegashow planetario numero uno, le Olimpiadi? (…)» La conclusione è lasciata alla dichiarazione di Totti «testimonial olimpico dal cuore semplice: “Come italiano, mi sento rattristato”: Però l’Expo di Milano ce l’hanno lasciata». Nell’editoriale si osserva «(…) Il colpo assestato alla famelica banda dei cacciatori di soldi pubblici può significare una svolta nel modo di pensare il futuro delle nostre città, a iniziare da Roma. Basta con il mito dei grandi eventi e della grandi opere (…) Per essere coerenti con il diniego alle Olimpiadi del 2020 devono ora cancellare il folle ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino pensato proprio per l’evento Olimpico (…) e poi alzando lo sguardo da Roma, blocchino per sempre l’inutile opera della Val Susa e il Mose d Venezia. Soli così il no alle Olimpiadi sarebbe coerente e aprirebbe una prospettiva nuova nelle nostre città». 

“Il Governo dice no alle Olimpiadi: troppe incognite” è il titolo in prima pagina de IL SOLE 24 ORE, di taglio basso. Commento non firmato a pagina 14: “Il sacrificio olimpico non ci limiti in futuro”: «Come hanno dimostrato i recenti Giochi invernali di Torino 2006, un evento di questa portata potrebbe essere una straordinaria vetrina per il Paese. Ma conosciamo anche molto bene le debolezze nostrane, quando si tratta di grandi opere e costruzioni ciclopiche. Appalti di quel genere, va da sè, creano un buon volano per l’economia, ma è altrettanto vero che possono determinare ampi buchi di bilancio. E la storia degli appuntamenti a cinque cerchi, osserva Monti, ha una casistica istruttiva di sconfinamenti. Insomma: i problemi di congiuntura sfavorevole ci sono e non vanno sottovalutati. Accettiamo dunque anche questo sacrificio. Ma non rinunciamo a sostenere lo sport e a pensare a grandi progetti». Dino Pesole, a pagina 7, fa i conti: «Per un governo il cui principale biglietto da visita è il rigore, l’avventura delle Olimpiadi era un rischio il cui costo, a bocce ferme, avrebbe creato un effetto sui conti pubblici difficilmente calcolabile. Le cifre che hanno indotto Mario Monti a dire no alla corsa di Roma alle Olimpiadi del 2020 sono sostanzialmente queste: costo dell’evento pari a 9,8 miliardi, con una copertura chiesta al governo di 8,2 miliardi e un impatto netto, certificato, di 4,7 miliardi. La differenza tra le varie cifre sconta gli investimenti che Adr avrebbe realizzato per il potenziamento dell’aeroporto di Fiumicino, e una serie di partite finanziarie che si sarebbero in qualche modo autocompensate. A due mesi da una delle manovre più corpose imposte agli italiani, non vi sono margini possibili di spesa. Lo impongono gli impegni assunti con Bruxelles, a partire dal pareggio di bilancio nel 2013».

ITALIA OGGI dedica tre pagine alla vicenda Olimpiadi 2020. Oltre la cronaca il quotidiano  analizza  e titola “Per la Confindustria è un siluro. Erano pronti affari per Marcegaglia, Squinzi, Regina & co”. Stefano Sansonetti scrive che sono scontenti  diversi industriali, a partire dalla «Marcegaglia, il cui gruppo aziendale è attivo nelle infrastrutture. Aurelio Regina, presidente degli industriali romani,  aveva istituito una fondazione per sponsorizzare l’evento. Tutta carta straccia adesso. Giorgio Squinzi, patron della Mapei, che avrebbe produce materiali per costruzioni.  E che dire del Comitato promotore di Roma 2020 che pullula di pezzi grossi di Confindustria: Luigi Abete, Luca Cordero di Montezemolo, Giuseppe Recchi dell’Eni,  Diego della Valle,  Andrea Guerra di Luxottica e Azzurra Caltagirone, John Elkann. Forse l’unico a non soffrire è Alberto Bombassei, numero uno di Brembo, altro candidato alla successione alla Marcegaglia, che sulle olimpiadi aveva tenuto una posizione sfumata». 

Olimpiadi e spese militari. AVVENIRE accosta i due temi nel titolo di apertura “Niente Giochi, meno soldati”, nell’occhiello si legge “Il governo dice no alla candidatura di Roma per il 2020. Il premier: non vogliamo mettere a rischio i sacrifici degli italiani. Insorge il Pdl, per Bersani scelta responsabile. L’ira di Petrucci (Coni)”, mentre nel catenaccio si ritrovano accostati i temi del titolo “Monti: spese imprevedibili, da irresponsabili coprire i costi” e nella seconda riga “Difesa: più investimenti ma rivisto il programma per gli F-35”. Tre le pagine dedicate ai due temi: dalla 5 alla 7, con pesi differenti, alla difesa pagina 5 “Esercito con meno uomini, riviste le spese” titola l’apertura mentre in un’intervista l’ex –capo di Stato maggiore dell’aeronautica propone, come ricorda il titolo: «Diamo duemila militari a Equitalia», ma nell’intervista la proposta è più variegata e copre diversi settori. Due le pagine invece per il no alle Olimpiadi: ci sono le parole di alcuni “protagonisti” dalla Pellegrini a Verdone, passando da Totti, Zingaretti e Polverini. C’è un’ampia intervista a Pietro Mennea da sempre contrario “Mennea: «Abbiamo evitato i Giochi al massacro»” mentre in un articolo si fa sapere “Madrid adesso gioisce: «E noi andiamo avanti Così i Giochi potranno creare tanti posti di lavoro», in un box tutte e cinque le altre candidature “Ora Tokio diventa la favorita Istanbul la possibile sorpresa”. In prima anche il commento di Gianfranco Marcelli “Equilibrio e «rinunce»”: «Non ci sarà “Roma 2020” e i giochi della trentaduesima Olimpiade moderna si faranno con ogni probabilità a Tokyo o a Madrid, ma non da noi. Nel frattempo, le Forze armate italiane saranno profondamente ristrutturate e numericamente ridimensionate, garantendo in particolare “grande attenzione alla spesa” per il sistema difensivo. Allo scoccare dei suoi “100 giorni” di vita, il governo di Mario Monti assume nell’arco di poche ore due decisioni di grande rilievo e di forte risonanza. (…) Monti ha usato la metafora dell’aereo appena decollato, che è riuscito con la manovra di emergenza di fine anno a sventare il “rischio catastrofe” e poi a imboccare, con i decreti cresci–Italia e di semplificazione, un corridoio di volo verosimilmente in grado di riportarci in assetto di crociera. Ma ha aggiunto che le turbolenze non ci consentono ancora di slacciare le cinture di sicurezza. Ha poi molto insistito sul tasto della «percezione» che avremmo potuto dare all’esterno, assumendo oggi per domani un impegno che toccherà ad altri assolvere.(…)» e conclude: «(…) C’è un tempo per la prudenza e un tempo per l’audacia. Il governo lo ha capito, a quanto pare con l’appoggio di gran parte dell’opinione pubblica. Ora tocca ai partiti. Un primo positivo segnale in tal senso è arrivato ieri dalle proposte concordate fra centristi e Pd per ridurre il numero dei parlamentari già dal 2013 (e si sa che il Pdl,  l’Idv e pure la Lega hanno idee non dissimili). Anche questa è una “rinuncia” che potrà rivelarsi feconda».
 
“Monti cancella Roma 2020”, titola secca LA STAMPA di oggi. Il commento in prima pagina è affidato a Luigi La Spina nel suo “La coerenza di un no responsabile”. Scrive La Spina: «Le parole con le quali Monti ha spiegato i motivi del suo «no» alla candidatura di Roma fanno capire molto bene come il premier temesse il segnale contraddittorio, nei confronti dell’opinione pubblica, che una decisione diversa avrebbe assunto. L’incomprensione, cioè, verso un governo che, da una parte, chiede pesanti sacrifici a tutti e, dall’altra, si avventura in una iniziativa per la quale il rapporto tra i costi e i benefici non assicura un saldo positivo, con il rischio di vanificare parte di quello sforzo che i cittadini stanno compiendo per risanare i conti pubblici. Sono ormai molti i segnali, e quest’ultimo non è il meno importante, di come questo governo riesca, meglio dei partiti e anche delle forze sociali organizzate, a inserire il suo comportamento nelle attese dei cittadini. Lo testimonia, in senso contrario, la ritualità e la ripetitività delle reazioni che, anche ieri sera, sono arrivate dopo il «no» alla candidatura olimpica di Roma e il loro clamoroso contrasto con le risposte che, in quasi tutti i sondaggi d’opinione organizzati da tv e siti Internet, hanno confermato il sostanziale accordo della grande maggioranza degli italiani con la scelta di Monti». I servizi interni coprono le pagine dalla 2 alla 6. A pag 5 doppia intervista a Roberto Calderoli (Lega): “La Lega applaude: Abbiamo evitato sprechi e scandali” («Al Campidoglio hanno dimostrato di fare un pessimo uso del denaro, tanto poi lo Stato ripiana i  conti») e a Sergio Chiamparino: “Si doveva dire sì. A Torino la città si è trasformata” («I nostri investimenti hanno lasciato un’eredità infrastrutturale non indifferente»). 
 
E inoltre sui giornali di oggi:
 
CARCERE
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per “Il decreto carceri è legge. La radicale Coscioni: «Accordo al ribasso, ci siamo astenuti»”. A pagina 6 il sommario recita, sopra il titolo che riporta una frase di Maria Antonietta Coscioni «Opg: internati senza futuro», intervistata sul perché dell’astensione dei radicali “Il decreto Severino è legge. Passa alla Camera con 305 sì, i no di Lega e Idv,l’astensione dei Radicali che si sono voluti distinguere da leghisti e dipietristi”. La Coscioni spiega l’astensione dei radicali proprio a inizio intervista che occupa quasi tutta la pagina «siamo davanti a un compromesso al ribasso, non adeguato alla nostra proposta di riforma dell’istituzione carcere. È una misura tampone (…)». 

CELENTANO
AVVENIRE – Non poteva mancare né il commento del direttore Tarquinio né un ampio servizio alle pagine interne (a pagina 27) sull’esibizione  di Adriano Celentano che dal palco dell’Ariston ha detto «Avvenire e Famiglia Cristiana vanno chiusi». A pagina 27 l’articolo di apertura è: “Celentano fa il tribuno e perde la testa”. Fulminante in prima pagina il commento di Marco Tarquinio che sotto l’occhiello “L’altro editoriale” titola: “Un bello spettacolo”. Scrive il direttore di Avvenire «(…) Tutto questo, perché abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo (in Africa, in Asia, in Sud America) e farle funzionare per un anno intero. Dunque, andiamo chiusi anche noi. Buona idea: così a tutti questi poveracci, tramite il Comune competente, potrà elargire le sue prossime briciole di cachet. Davvero un bello spettacolo. Bravo. Viva Sanremo e viva la Rai» Tarquinio chiude con un Post scriptum «Naturalmente, caro Celentano, continueremo a parlare e far parlare di Dio, degli uomini e delle donne di questo mondo. Soprattutto di quelli che in tv non ci vanno mai, neanche gratis».

SCUOLA
LA STAMPA – Finisce in prima pagina la storia di un bidello di Savona che il giorno prima della pensione ha ridipinto a sue spese aule e corridoi. La vicenda è raccontata da Roberto Pavanello. «Volevo dare agli alunni un ambiente nel quale fosse piacevole stare», dice Giovanni Garulla che commentando il premio ricevuto dal sindaco dice: «Nulla di strano, ho fatto solo quello che mi sembrava giusto».

DECRESCITA
AVVENIRE – Richiamo in prima pagina per l’intervista a Serge Latouche dal titolo “Abbondanza frugale ricetta anticrisi”, a pagina 25 in Agorà. “Parla l’economista francese Serge Latouche, noto teorico della “decrescita. «non è sinonimo di recessione, ma un altro modello di prosperità. L’Occidente non può pensare all’espansione senza limiti»” riassume il sommario che anticipa i temi dell’ampia intervista corredata anche da un lungo articolo che riporta le reazioni alle proposte di Latouche contenute nell’ultimo libro “Per una decrescita frugale. Malintesi e controversie sulla decrescita”. Tra le voci che partecipano al dibattito quella del teologo Morandini «Meglio puntare sulla sostenibilità» e del politologo Fontana «C’è il rischio di un nuovo animismo».


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