Politica
Giudici: autonomia o impunità?
Passa in Parlamento l'emendamento della Lega sulla responsabilità civile
Clamoroso voto trasversale alla Camera, passa un emendamento della Lega che di fatto prevede la possibilità per i cittadini di citare in giudizio i magistrati, per dolo, colpa grave o manifesta violazione della legge. Governo battuto, scricchiolio per la maggioranza, ma soprattutto un tema sul quale rischia di saltare l’armonia bipartisan attorno al premier Monti.
“Sì alla norma sulle toghe «Paghino per gli errori»”: titola così, in prima, nelle prime due colonne, il CORRIERE DELLA SERA, che dedica all’argomento le pagine 2 e 3 e l’editoriale di Giovanni Bianconi. Partiamo dalla notizia, a pagina 2: “ Il colpaccio dunque è riuscito a Lega e Pdl che hanno mandato sotto il governo Monti sul terreno minato della giustizia: con un aiutino offerto da almeno 34 deputati del centro sinistra e del Terzo Polo, l’ex maggioranza ha così fatto approvare nella legge comunitaria 2010 l’emendamento del leghista Gianluca Pini finalizzato a introdurre la possibilità per il giudicato di citare direttamente il magistrato che lo giudica. Per dolo, colpa grave e manifesta violazione della legge. Una vera «bomba» per le toghe che ora rispondono in sede di responsabilità civile solo in modo indiretto: perché oggi il cittadino cita lo Stato che poi si rivale sul giudice per un massimo di 30 mila euro. Per questo il governo, che pure aveva espresso parere contrario all’emendamento Pini con il ministro Enzo Moavero, ha fatto dire al sottosegretario Antonio Catricalà che la norma verrà modificata al Senato”. “Severino in campo per togliere la norma. Correzione in Senato” scrive Dino Martirano a pagina 3: “Il governo si è fatto trovare impreparato per manifesta sottovalutazione di un voto in aula il cui effetto politico dirompente covava sotto la cenere da giorni. E a questo punto il ministro della Giustizia Paola Severino — che ha criticato la «norma spot su una materia così delicata» — ha già incaricato i tecnici di via Arenula di cercare una via d’uscita onorevole per tutti: magari con un emendamento correttivo da far approvare al Senato. Eppure gli elementi per la massima allerta c’erano tutti: la presentazione dell’emendamento Pini che ricompattava Lega e Pdl, la minacciata manifestazione anti magistrati voluta dai fedelissimi di Berlusconi, l’imminente decisione della Consulta sulla natura ministeriale dei reati contestati per il caso Ruby «Rubacuori». E, non da ultimo, l’attivismo dei radicali che, per dirla con le parole di Rita Bernardini, «sono 24 anni che aspettano la rivincita per un risultato referendario a lungo disatteso sulla responsabilità civile dei magistrati»”. Ma cosa prevede esattamente l’emendamento approvato? Lo spiega Maria Antonietta Calabrò, precisando, ovviamente, che ancora non cambia nulla, fino a quando non ci sarà, identico, un voto definitivo anche al Senato: “Le modifiche apportate alla norma attualmente in vigore, sono quindi essenzialmente due. Innanzitutto l’emendamento estende la responsabilità anche alla più generica «manifesta violazione del diritto». In secondo luogo l’emendamento prevede la citazione diretta del giudice o del pm da parte del presunto danneggiato. Prima, il cittadino che si riteneva leso nel suo diritto citava in giudizio lo Stato che poi poteva rivalersi sul magistrato, ma solo entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio. Ora, invece, la modifica prevede la possibilità di promuovere subito la causa contro i singoli giudici, determinando, secondo i magistrati, il rischio di massicce astensioni e ricusazioni oppure di un atteggiamento tendenzialmente «più morbido» dei pm per evitare problemi”. E Giovanni Bianconi così commenta in prima, mettendo in guardia da un effetto collaterale della norma: “Che così com’è scritta, porta con sé il rischio che un giudice chiamato a decidere su una controversia (e quindi a interpretare la legge) pronunci il suo verdetto condizionato dalla forza economica delle parti in causa, per evitare problemi; come ha scritto su queste colonne il professor Trimarchi, docente emerito di Diritto civile alla Statale di Milano, c’è la concreta possibilità «che si senta indotto a preferire non già la soluzione più giusta, bensì quella che implica per lui stesso un minor rischio di danno risarcibile»”.
Rispetto all’emendamento leghista che ha spaccato la maggioranza LA REPUBBLICA dà la sua interpretazione fin dal titolo: “Passa la legge anti-giudici”. A pagina due ampi servizi: “Responsabilità civile dei giudici governo battuto alla Camera. Severino: norma da correggere”. L’esecutivo aveva espresso parere contrario all’emendamento che prevede che «chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento» di un magistrato «in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni o per diniego di giustizia», possa rivalersi facendo causa allo Stato e al magistrato per ottenere un risarcimento dei danni. Il testo deve ancora avere l’ok del Senato. Immediata la polemica politica, col Pd che accusa il Pdl e la Lega di aver messo in atto un trucco e Di Pietro che parla di «vendetta contro i magistrati». Intervistato il pm Nello Rossi (Anm) avverte: “Così si scateneranno vendette e intimidazioni”. Secondo Rossi si tratta di un emendamento chiaramente punitivo: «il principio chi sbaglia paga vale anche per i magistrati. E già oggi il cittadino che ha subito danni ingiusti a causa di un atto compiuto da un magistrato… ha diritto al totale risarcimento da parte dello Stato dei danni subiti. Lo Stato a sua volta si rivale nei confronti del magistrato». È una legge del 1988. A fianco una sintesi del provvedimento. Il commento è di Massimo Giannini: “L’alibi dell’impolitico”. «In due giorni Mario Monti ha intaccato un “tesoretto” di credibilità accumulato in tre mesi. La battuta sulla “monotonia del posto fisso” è il primo, serio infortunio mediatico per il premier. La pessima gestione del voto sulla responsabilità civile dei magistrati, lasciata alle geometrie variabili di una maggioranza erratica e riluttante, è il primo, grave incidente politico per il governo». La valutazione è netta: «È un revolver puntato alla tempia di qualunque magistrato. Se un provvedimento del genere diventa legge, nessuna procura aprirà più un’inchiesta, nessun pubblico ministero avrà più il coraggio di istruire un’indagine, perseguire un’ipotesi di reato, scandagliare la “zona grigia” nella quale gli affari si mescolano alla politica». «È ancora più grave che un colpo di mano di questa portata, già fallito più volte persino nella fase più potente e arrogante del dominio berlusconiano, sia stato possibile nella stagione della discontinuità e della sobrietà montiana».
IL GIORNALE apre a tutta pagina con il titolone “Giudici, la pacchia è finita”. L’editoriale è del direttore Alessandro Sallusti, «Scherzi della politica. Da diciotto anni si cerca di mettere argine all’abuso di potere della magistratura ma niente: nonostante lodi e progetti di legge, non si era mossa foglia. Ogni tentativo era andato a sbattere sulla casta delle toghe e sui loro alleati politici e mediatici, che avevano il comune obiettivo di abbattere Berlusconi. Ricordate? Toccare i giudici era considerato un attentato alla Costituzione. Poi all’improvviso, quando meno te lo aspetti, cioè ieri, ecco arrivare un voto segreto che introduce la responsabilità civile dei magistrati: chi sbaglia pagherà di persona, come avviene per qualsiasi cittadino lavoratore. L’idea, cioè l’emendamento, è della Lega, ma coperti dal segreto l’hanno sostenuta in massa a destra come a sinistra. Quei furbetti del governo Monti, per bocca del Guardasigilli, hanno fatto la parte degli indignati perché anche a loro i pm fanno un po’ paura. Prima hanno chiesto al parlamento di votare contro. Poi, smentiti dalla loro maggioranza Pd-Pdl, si sono augurati, sempre per bocca della ministra della Giustizia Severino, che il Senato bocci la legge. I magistrati sono furenti, ovviamente». All’interno Adalberto Signore firma “Sì ai magistrati punibili. Blitz bipartisan in Aula: il governo è battuto”. Anna Maria Greco, sottolinea le reazioni nel suo “E la Severino sta con le toghe: il Senato cambi il testo”.
“Colpo ai magistrati, Berlusconi detta legge” questo l’ampio richiamo in prima pagina del MANIFESTO che dedica l’apertura ai temi della riforma del lavoro con la foto di Monti e Fornero e il titolo d’apertura “Licenziabili”. Anche l’editoriale è sul lavoro “Il posto fisso d Monti”. Nel richiamo si osserva che l’emendamento passato è una mossa «(…) tentata l’anno scorso sulla legge comunitaria e fermata da Pd e Idv quando erano all’opposizione, riesce alla perfezione adesso. Una versione punitiva per le toghe che così rischiano di sentenziare sotto la minaccia di una ritorsione economica (…) Il Pd cade nella trappola del Pdl e chiede, invano, garanzie al governo. Bersani minaccia conseguenze, l’Anm sciopero». Alla riforma della giustizia e all’emendamento della Lega sono dedicate due pagine la 4 e la 5 e diversi articoli sovrastati dalle fasce grigie che danno la lettura del MANIFESTO su quanto avvenuto in Parlamento. “Il blitz – Una norma punitiva per le toghe, che minacciano lo sciopero, inserita a sorpresa nella legge comunitaria. Quando era in minoranza il Pd riuscì a fermarla” a pagina 4 e “Ultimatum- I «berluscones» impallinano il decreto liberalizzazioni in Senato e dimostrano di controllare anche la Camera. Esecutivo in tilt” nella pagina a fianco. Anche nel sommario dell’articolo d’apertura “Il Pdl ora riforma la giustizia” si sottolinea “Alla Camera passa la proposta leghista sulla responsabilità civile dei magistrati. Quello che a Berlusconi non era riuscito”. Nelle due pagine si trovano altri temi legati alla giustizia come “L’ultima mossa del pm per incastrare Silvio”, ovvero puntare sull’incostituzionalità della prescrizione con il riferimento al caso Mills e l’ultima sentenza della Cassazione «Stupro di gruppo il carcere non è obbligatorio».
IL SOLE 24 ORE dedica alla questione giudici la pagina 14. Nell’articolo di Donatella Stasio si chiarisce qual è la questione, con la norma che «fa comunque scattare la responsabilità indipendentemente dal dolo o dalla colpa grave. Il punto più dirompente della riforma è però la responsabilità diretta: il cittadino (e persino l’Ue) potrà chiedere direttamente al magistrato il risarcimento dei danni (patrimoniali e non) e non più in prima battuta allo Stato (che poi si rivale sul magistrato)». Nello schemino accanto si chiarisce che in Italia già oggi «lo Stato deve risarcire i danni derivanti dall’esercizio della giurisdizione, ma solo nei casi di dolo o colpa grave. Lo Stato può rivalersi nei confronti del magistrato». Lo stesso schemino dice come funziona negli altri paesi Ue, dove la responsabilità civile è sempre e solo a carico dello Stato e non del giudice (fatta salva la Gran Bretagna dove vige invece l’immunità totale del giudice). Le ricadute politiche sono analizzate dal Punto di Stefano Folli, dal titolo “Avvertimento di Pdl e Lega al governo tecnico. Da non sottovalutare”: «Sarà un riflesso del malfunzionamento della giustizia, eppure ci sono pochi dubbi che una maggioranza di italiani – nell’opinione pubblica di centrodestra ma non solo – è favorevole a «far pagare» ai magistrati le conseguenze dei loro errori. S’intende che questa responsabilità è già riconosciuta «per dolo o colpa grave» e in ogni caso lo Stato di solito interviene (tardi e male) per risarcire le vittime degli errori compiuti nelle procure o nelle aule dei tribunali. Difficile immaginare che venga introdotta una disciplina più rigida. È plausibile che l’emendamento sarà corretto o annacquato nell’altro ramo del Parlamento. (…) La responsabilità civile rimarrà più o meno nei termini in cui è oggi. Ieri abbiamo solo assistito a un episodio di guerriglia parlamentare in cui la vecchia maggioranza Pdl-Lega ha dato un calcetto al governo tecnico. Calcetto non grave, tutto sommato, ma che costituisce un piccolo segnale. Si coniuga con altri indizi, minimi ma da non sottovalutare. Per esempio l’incidente provocato dalla battuta di Monti sulla «monotonia» del lavoro fisso. Una frase il cui significato era evidente e tutt’altro che offensivo verso disoccupati o precari. Tuttavia è bastata per scatenare un diluvio di recriminazioni più o meno in buona fede. La verità è che si avverte una frustrazione diffusa in Parlamento e il presidente del Consiglio dovrebbe tenerne conto. Certe affermazioni non politicamente corrette vanno messe da parte in vista, si spera, di tempi migliori. Oggi costituiscono un “boomerang” da cui l’esecutivo tecnico rischia di essere danneggiato. Non è un caso che dopo il voto Pdl-Lega il segretario del Pd abbia chiesto un incontro al premier (e chissà se Bersani aveva già sentito il sottosegretario Polillo auspicare l’elezione di Berlusconi alla presidenza della Repubblica). Monti deve continuare a muoversi con cautela fra Scilla e Cariddi, cioè fra grossi partiti inerti ma pericolosi. È bene che a Palazzo Chigi non lo dimentichino».
“Responsabilità civile dei magistrati: primo sì con polemica. Anm in rivolta. Il governo: così no”. Richiamo in prima di AVVENIRE e pagina 5 dedicata alla “doccia fredda a Montecitorio per l’esecutivo: la norma passa a sorpresa con il contributo di qualche decina di franchi tiratori”. La norma in questione è quella introdotta da un emendamento presentato dalla Lega che prevede la responsabilità civile dei giudici, e che trova il voto favorevole della Camera contro il parare del Governo. La conseguenze? Anm sul piede di guerra (si dichiara “pronta allo sciopero”), e malumore presso la Presidenza del Consiglio (secondo Monti il caso “è stato gestito male”, e “il premier teme il ritorno dell’asse Pdl-Lega”). Su questo tema l’editoriale di Giuseppe Anzani dal titolo: “Giudizio è responsabilità (ma la «selva di spade» no, grazie)”. Scrive Anzani: « Ieri la Camera dei deputati, mentre discuteva la legge comunitaria, ha votato un emendamento che introduce la responsabilità dei giudici in modo da inchiodarli direttamente e personalmente al risarcimento, e non più dietro lo scudo dello Stato. È un segnale che impensierisce, per il suo aspetto emotivamente collerico. Il proponente dice che è per giustizia, ma sotto c’è una venatura di ostilità. In astratto può essere giusto che per quel tipo di errori (dolo, colpa grave, diniego di giustizia) i giudici paghino in diretta; ma non è questo il punto, idoneo soltanto a spostare il problema nel campo assicurativo, dove una polizza collettiva acconcia non costerebbe che qualche spicciolo quotidiano, meno di un caffè. Il punto è in un’altra variante introdotta: il giudice pagherebbe per i casi di «violazione manifesta del diritto». Che saggio e virtuoso principio, che non fa una piega, o meglio non la farebbe se il giudicare fosse simile a un compito di geometria. In realtà, l’esperienza giurisprudenziale si orienta con la bussola intepretativa sempre accesa, attenta al lessico delle norme (spesso caotico), al senso (spesso ambiguo), ai principi ispiratori dell’ordinamento (cui restare fedeli), alla inesauribile varietà delle fattispecie vissute. Naturalmente ciò richiede onestà intellettuale, fedeltà al principio di sottomissione alla legge, ma anche il coraggio di una libertà interiore, sciolta da tentazioni personalistiche, come pure da omologazioni preventive. È un tema da ridiscutere a fondo, da non sciupare».
A pag 7 LA STAMPA sul caso giustizia propone un gustoso retroscena a firma di Ugo Magri (“Una rivolta di peones dietro l’agguato a Montecitorio”) anche se «Berlusconi a pranzo con Napolitano garantisce l’appoggio per la fase due» e un durissimo intervento del presidente del sindacato delle toghe Luca Palamara. Attacca Palamara: «Chi ha approvato questo emendamento vuole impedire che il giudice possa decidere liberamente. E’ un emendamento incostituzionale che troverà la ferma opposizione dei magistrati, se dovesse riproporsi tal quale alla Camera. Non possiamo escludere che i magistrati proclamino uno sciopero». E ancora: «Bisogna distinguere tra responsabilità dello Stato e responsabilità del giudice. E’ evidente che chi ha proposto l’emendamento non sa nemmeno di cosa parla»…«Introdurre la contestazione diretta significa impedire la libertà di giudizio dei giudici. Nel processo ci sono due parti. E’ fisiologico che quella che soccombe finisca per rivalersi sul giudice. E dunque il giudice di fronte all’eventualità di essere trascinato in giudizio da una delle parti di fatto finirà per non decidere, per non compromettersi»… «Finiremo per essere coartati, assimilati a delle macchine nelle quali come un jukebox si mette un gettone ed esce la decisione. Altri, riteniamo, devono essere i meccanismi per controllare come ha operato un giudice. Puntando sul sistema disciplinare e sui controlli sulla professionalità».
E inoltre sui giornali di oggi:
STUPRO
LA REPUBBLICA – “«No al carcere obbligatorio per gli stupri di gruppo» è bufera sulla Cassazione”. Nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato, ma può applicare misure cautelari alternative. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, dando un’ interpretazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010. Una decisione che ha scatenato la reazione di molte donne impegnate in politica: «sentenza aberrante».
DISABILI
ITALIA OGGI – Il quotidiano dei professionisti si occupa delle ultime decisioni restrittive della magistratura contabile che penalizzano le categorie protette. Secondo il pezzo “Disabili, paletti alle assunzioni” «la spesa per le assunzioni obbligatorie dei disabili da parte degli enti locali deve rientrare nei limiti a vario titolo fissati dalle leggi» In altre parole: tra la tutela del diritto al lavoro dei disabili ed il rispetto ai tetti di spesa per il personale, va risolto a vantaggio della tutela della finanza pubblica.
LAVORO
LA STAMPA – “Nuove regole per vivere senza il posto fisso”. Si intitola così il commento di Irene Tinagli sul tema della riforma del lavoro. Questo il passaggio clou in cui sostanzialmente si appoggia la riforma Monti-Fornero: « l’obiettivo, almeno per come è stato presentato fino ad oggi da Monti e da Fornero, non è smantellare un sistema di tutele, ma ridisegnarle per fare in modo che milioni di persone che oggi hanno poco lavoro e zero protezioni, possano finalmente ritrovare un po’ di speranza. Non ci dimentichiamo che oggi, al di là dei due milioni e duecentoquarantamila disoccupati, più della metà dei lavoratori italiani non è protetta né dall’articolo 18 né, molto spesso, da forme di tutela assai più basilari: quattro milioni e centomila dipendenti di imprese con meno di 15 addetti, un milione e mezzo di collaboratori autonomi tipo cocopro, un milione e mezzo di interinali o con contratti a termine, mezzo milione di stagist, un milione di collaboratori domestici, e due milioni e mezzo di irregolari. Per non contare la marea di partite Iva che di fatto operano come lavoratori dipendenti. E’ chiaro che ridisegnare un sistema in questo senso chiama in causa tutti: le aziende – che non potranno più avere l’alibi di regole troppo rigide per andare a questuare sussidi allo Stato; i sindacati – che dovranno trovare un modo di fare lotta sindacale incentrato sulla persona, la sua formazione e crescita più che sul posto di lavoro; e infine lo Stato – che dovrà garantire formazione e servizi efficienti e vigilare sul funzionamento del mercato. Certamente questo ridisegno richiede estrema cura, per evitare gli errori e le distorsioni delle riforme passate.»
SCALFARO
IL GIORNALE – Il quotidiano propone, con richiamo in prima, il testamento di un condannato a morte. Il testamento cioè di Domenico Ricci che scriveva dal carcere di Novara, prima di essere giustiziato a guerra finita. Il pubblico ministero a comminargli la condanna fu Oscar Luigi Scalfaro, futuro Presidente della Repubblica. Il titolo dell’articolo “Accusato dal pm Scalfaro e fucilato come fascista. Ecco le sue lettere inedite”.
SCAMPIA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per “Volontari contro le tende, OccupyScampia parte tra le polemiche”. Al caso è dedicata l’apertura di pagina 6. Nell’occhiello “I volontari contro l’occupazione delle tende: «I veri indignati siamo noi»” e nel sommario: “Le associazioni che da anni lavorano per il recupero del quartiere contestano l’iniziativa e Roberto Saviano: «Non ci servono i riflettori, ma progetti»”. Nell’articolo dove vengono riportate alcune voci dalle associazioni di quartiere si fa notare che «(…) il gap in questo momento tra chi parla da lontano e ci vive in trincea è sempre più largo».
SCUOLA
ITALIA OGGI – Secondo uno studio di due ricercatrici, Marinane Bertrand dell’università di Chicago e Jessica Pen della National University di Singapore «un bambino (maschio) allevato da una madre sola ha meno possibilità di andare all’università rispetto a un bambino cresciuto con tutti e due i genitori». Il pezzo “i figli maschi di madre sole rischiano di non laurearsi” è a pag 12.
Nessuno ti regala niente, noi sì
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