Politica

Le banlieue? Sono sparite

Le periferie francesi grandi assenti dalla campagna per le presidenziali di maggio

di Joshua Massarenti

In Francia le banlieue rimangono una ferita aperta per la classe politica. Non sono bastati milioni di euro di finanziamenti pubblici erogati negli ultimi 30 anni per cambiare un territorio rimasto ai margini della geografia del potere francese, dove il destino di una nazione si gioca a Parigi.

Le rivolte popolari che nel 2005 avevano seminato il panico nei corridoi dell’Eliseo e del Parlamento, e costretto i candidati alle presidenziali del 2007 a fare qualche apparizione fulminea nei quartieri più sensibili sembrano un lontano ricordo. Oggi a predominare è l’indifferenza. Nessuno dei candidati scesi in campo per farsi eleggere presidente della Repubblica nel maggio prossimo sta prendendo in seria considerazione il destino delle banlieues. Eppure nelle periferie d’oltralpe ci vivono più del 10% della popolazione francese. Uomini e donne, anziani e (soprattutto) giovani, le cui speranze di rappresentare un bacino elettorale appetibile si sono spente già da un po’.

Tra gli esperti non ci si sorprendente dei tassi di astensionismo altissimi raggiunti nelle ultime tornate elettorali. A Chanteloup-les-Vignes, dove gli alloggi sociali superano il 60% del parco immobiliare, otto elettori su dieci hanno disertato le urne durante le elezioni europee del 2009, il 73% quelle regionali (2009) e il 57% le elezioni comunali. “L’astensionismo delle banlieues provoca il disinteresse dei partiti” conclude Céline Braconnier, ricercatrice nel dipartimento di Scienze politiche dell’università di Cergy-Pontoise. “Nei paesi dove il voto è obbligatorio, come il Brasile, i programmi politici prendono maggiormente in considerazione le categorie popolari. I candidati sono obbligati a dimostrare un certo interesse. In Francia è il contrario”. I politici “sono più attenti al corpo elettorale reale”, più vecchio e diplomato rispetto alla media nazionale.

Contrariamente alle elezioni del 2007, dove l’odio contro il candidato di centrodestra e attuale presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy (accusato di aver alimentato i tumulti urbani del 2005 quando dirigeva il ministero degli Interni) aveva spinto molti giovani a votare per la rivale socialista Ségolène Royale, oggi le periferie francesi sono assente dal dibattito politico.

Il candidato socialista e favorito nei sondaggi François Hollande si è limitato a voler “mantenere i servizi pubblici nelle banlieues”, mentre gli ecologisti parlano di “rifare la città”. Sfiorando l’incomprensione, il partito del presidente uscente Sarkozy intende garantire “il passaggio dalla politica dei quartieri alla politica del quartiere”. Infine, Marine Le Pen, portabandiera dell’estrema destra vuole affrontare di petto le zone urbane più sensibili definite dalla candidata del Front National “zone di non-diritto”. Ma se qualcuno spulcia i programmi elettorali di ciascun candidato, si accorge che le promesse fatte agli elettori delle banlieues non sono sostenute da cifre e progetti precisi.

“Quando i quartieri” periferici “rappresentanto il 10% della popolazione, ci si aspetta a delle proposte concrete” insorge su Le Monde Renaud Gauquelin, sindaco socialista di Rillieux-la-Pape e presidente dell’associazione ‘Ville et banlieue’. A ruota, il suo omologo centrista di Drancy (periferia nord di Parigi), Jean-Christophe si dice “scioccato di fronte all’indifferenza dei candidati!”. A quando un riscatto di Hollande e Sarkozy?


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