Welfare

Stefano Boeri: favelas, le città del futuro

Sao Paulo Calling, una mostra e un progetto che coinvolge sette megalopoli del mondo

di Paolo Manzo

Una conferenza rivoluzionaria e totalmente sui generis per gli standard brasiliani quella che ha avuto come protagonista l’architetto Stefano Boeri, assessore alla Cultura del Comune di Milano, a San Paolo, metropoli di circa 20 milioni di abitanti e 1500 favelas (qui accanto si puà vedere il video). Tanti giovani, provenienti da ogni classe sociale e, soprattutto, il tentativo di mettere dei paletti e di trasformare quello che oggi è un manifesto, di qui a sei mesi in un “manuale per la città del futuro”, superando la fase dell’indifferenza e delle criminalizzazione verso quelli che Boeri chiama gli “insediamenti informali” e che qui tutti conoscono come favelas. 

Occasione doc, l’apertura della mostra “Sao Paulo Calling”, curata dallo stesso Boeri ed organizzata dall’amministrazione della metropoli brasiliana. Coinvolte le principali favelas della città – Paraisopolis ed Heliopolis – ma anche 24 altre, la mostra coinvolge, oltre alla capitale paulista, altre sei grandi metropoli, con insediamenti informali più o meno simili: Mosca, Mumbai, Nairobi, Medellin, Baghdad e Roma.

Il passaggio fondamentale – ha spiegato Boeri nel suo intervento – è quello dall’indifferenza “verso queste città nuove che si è preferito non guardare” cui ha fatto storicamente seguito “la condanna”. Perché, “se dovessimo raccontare come la politica e l’architettura hanno vissuto la nascita, la crescita e l’esplosione del fenomeno degli insediamenti informali”,  ha continuato l’architetto italiano, invitato a spese del comune di San Paolo – è bene sottolinearlo visto un articolo malinformato e stupidamente polemico apparso su un giornale a tiratura nazionale, nda – “dobbiamo parlare di indifferenza e di condanna”.

Un paradosso perché “subito dopo la Seconda Guerra Mondiale e nel momento esatto in cui ragionavano sui modelli di una città nuova e mentre nel paese del samba nasceva Brasilia, architettura e politica non abbiano avuto l’attenzione per capire che una città, vera e nuova, stava già nascendo in India, in Brasile, in Africa, in Asia, in Europa, ovunque. Oggi questa città rappresenta il 33% degli abitanti urbani della terra e oltre 1,5 miliardi di persone vivono in slums ma questo processo non si è fermato. Nel 2050 saranno 3 miliardi”. Snocciola le cifre Boeri e continua nella sua rivisitazione storica.

Dopo l’indifferenza si è dunque “iniziato a condannare gli insediamenti informali perché senza servizi, infrastrutture, quasi mai con scuole, senza polizia, senza cultura, senza regole. Dopo la dimenticanza c’è stato l’intervento, congiunto della politica e dell’architettura occidentale, per distruggere, sostituire e limitare le favelas. Se ragioniamo oggi sui ciò che vediamo a San Paolo e nelle principali grandi città del mondo è chiaro che dobbiamo aprire la terza fase, quella del prendersi cura della nostra città e della nostra società. Ossia guardare con attenzione ciò che accade negli spazi degli insediamenti informali, sempre più necessari per assorbire i migranti del mondo, dalle campagne, dal sud, dalle campagne, ma anche perché sono luoghi dove si produce cultura, artigianato, conoscenza, PMI, luoghi dove il pensare di costruire un destino insieme, il farsi comunità è più evidente”.

L’obiettivo finale, ha chiuso Boeri nel suo intervento paulista, è quello di “costruire un atlante delle favelas di tutto il mondo. Per ora abbiamo solo redatto un manifesto che, tra 6 mesi quando sarà finita la mostra, spero si possa essere già trasformato in un manuale”. 

(In allegato il video della conferenza)


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