Welfare

Ecco come sarà la “social card” versione Fornero

Parte la sperimentazione prevista da Tremonti. Ma rivoluzionata

di Sara De Carli

Si chiama sempre “social card sperimentale”, è sempre quella prevista dal precedente governo Berlusconi, con lo stanziamento di 50 milioni di euro e il via nelle 12 città italiane sopra i 250mila abitanti, ma in realtà è una rivoluzione. Sia rispetto alla social card attualmente in vigore, sia rispetto a quella che avevano disegnato Tremonti e Sacconi.

Per questo Cristiano Gori – che esattamente un anno fa era stato autore per le Acli del “Piano nazionale contro la povertà”, che proprio sulla social card faceva leva – a due giorni dalla presentazione del decreto sulle liberalizzazioni è molto soddisfatto. Il «modello» uscito dalla coppia Fornero-Guerra, secondo lui è «ottimo». E infatti ricalca in larghissima parte quel «modello europeo standard» a cui lui stesso aveva fatto riferimento.

Le novità

1/la social card diventa uno strumento universalistico, con l’estensione a stranieri e senza fissa dimora (e questo si era capito sui giornali del week end);

2/l’importo sarà diversificato a seconda del costo della vita nelle diverse città e a seconda della composizione del nucleo famigliare (e questo era previsto anche nella vecchia sperimentazione);

3/l’erogazione monetaria viene affiancata da servizi (e questo è una grande novità);

4/sono abbinati diritti e doveri, per cui per esempio se non cerchi attivamente lavoro la social card ti viene sospesa;

5/a gestire il tutto non saranno «gli enti caritatevoli», come prevedeva Tremonti (punto criticato a suo tempo dallo stesso non profit): la regia va ai Comuni, che gestiranno la carta in partnership con il terzo settore.

«Questa potrebbe essere finalmente la misura definitiva per contrastare la povertà, peccato solo che la sperimentazione sia così limitata», dice Gori. «Il problema adesso sa qual è? Che cosa accadrà quando, tra un anno, la sperimentazione sarà finita. In Italia sulla povertà abbiamo troppe sperimentazioni da cui alla fine è uscito al massimo qualche ricerca. Il dibattito deve concentrarsi intorno alla costruzione, in questi tre anni, di un piano contro la povertà».

Caritas: «grande interesse»

Grande apertura anche da parte di Francesco Marsico, vicedirettore di Caritas Italiana. «L’introduzione di nuovi soggetti è un elemento di grande interesse», dice. Ma soprattutto «se la sperimentazione mette insieme soldi e servizi può davvero riuscire a sfatare i luoghi comuni sulla povertà, perché finalmente si batte la strada – indicata da tutti gli esperti – di coniugare alle erogazioni monetarie dei percorsi di accompagnamento fuori dalla povertà».

E la «retromarcia» sul ruolo del Terzo settore? «Noi avevamo già avanzato la nostra perplessità. A noi interessa la buona sussidiarietà, creare disequilibri tra soggetti, sul territorio, non aveva senso. C’è bisogno  di partnership solide, non c’è nessuno sconfitto».


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