Cultura

Avere sempre fiducia nel mondo

Un intervento di Yehoshua per la Giornata della Memoria

di Redazione

Abraham Yehoshua riceve oggi alla Scuola Normale Superiore di Pisa il diploma di Perfezionamento honoris causa in Letteratura contemporanea. Nell’occasione pronuncerà una lectio (rielaborazione del suo Elogio della normalità , ed. Giuntina). Eccone qualche passaggio, pubblicato sulla Stampa in edicola questa mattina

 

di Abraham Yehoshua

Pur caricandoci di un grande peso, l’Olocausto ci pone di fronte a delle sfide chiare. Come figli delle vittime, ci incombe l’obbligo di enunciare al mondo alcuni insegnamenti fondamentali.

Il primo è la profonda repulsione per il razzismo e per il nazionalismo. Abbiamo visto sulle nostre carni il prezzo del razzismo e del nazionalismo estremisti, e perciò dobbiamo respingere queste manifestazioni non solo per quanto riguarda il passato e noi stessi, ma per ogni luogo e ogni popolo. Dobbiamo portare la bandiera dell’opposizione al razzismo in tutte le sue forme e manifestazioni. Il nazismo non è una manifestazione solamente tedesca ma più generalmente umana, di fronte a cui nessun popolo, e insisto, nessun popolo è immune. […]

Ma gli anni che sono passati da allora ci provano purtroppo che manifestazioni naziste sono possibili anche tra altri popoli. Gli orrori presenti non hanno toccato i vertici della seconda guerra mondiale, ma gli avvenimenti del Biafra, del Bangladesh o della Cambogia non sono poi così lontani dalla violenza del massacro nazista.

Noi, in quanto vittime del microbo nazista, dobbiamo essere portatori degli anticorpi di questa malattia tremenda, da cui ogni popolo può essere affetto. E in quanto portatori di anticorpi dobbiamo anzitutto curare il rapporto con noi stessi.

Dobbiamo inoltre fare attenzione a non perdere il senso della misura, e a non misurare tutto in rapporto all’Olocausto. Poiché dietro di noi c’è una sofferenza così terribile, potremmo essere indifferenti a ogni sofferenza meno violenta della nostra. Chi ha molto sofferto può non rendersi conto del dolore degli altri, e questo è un comportamento del tutto naturale. Come alfieri dell’antinazismo dobbiamo acuire la nostra sensibilità, e non diminuirla. Perché dobbiamo ricordarci che il fatto di essere stati vittime non è sufficiente per conferirci uno status morale. La vittima non diventa morale in quanto vittima. L’Olocausto, al di là delle azioni turpi nei nostri confronti, non ci ha dato un diploma di eterna rettitudine. Ha reso immorali gli assassini, ma non ha reso morali le vittime. Per essere morale bisogna compiere degli atti morali; e per questo affrontiamo degli esami quotidiani.

Ho già detto che l’Olocausto può condurre l’uomo a un atteggiamento di disperazione nei confronti del mondo. È del tutto naturale non avere fiducia nell’uomo e nei suoi atti dopo un’esperienza del genere. Noi, figli delle vittime, possiamo esprimere la nostra delusione con un vigore raddoppiato. Ma dobbiamo ricordare che la sfiducia nel mondo è proprio un atteggiamento tipico del nazismo. Il nazismo è nato anch’esso dalla sensazione che il mondo è nella sua essenza privo di valori, che non si può sperare nulla di buono dall’uomo, e che gli unici valori che hanno un peso sono la forza e l’astuzia. Chi, in seguito all’esperienza dell’Olocausto, arriva a una conclusione nichilista, dà paradossalmente ragione alle tesi naziste. Non è cosa facile nutrire speranza e fiducia nell’uomo dopo l’Olocausto, ma se vogliamo essere coerenti nel nostro antinazismo dobbiamo fare nostra questa sfida.

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