Non profit

La nuova economia? Il trionfo degli States

L'euforia sulla new economy nasconde degli evidenti dati di realt

di Riccardo Bonacina

Al recente vertice dei premier europei di Lisbona la new economy ha ricevuto la sua definitiva benedizione. Sarà lei a risolvere tutti i nostri problemi, hanno decretato i nostri governanti. Nuovi posti di lavoro? Niente paura, ci penserà Internet. La formazione per i giovani? Mettiamoli in rete, sbattiamoli sul web. La realizzazione di tutti i nostri desideri e la valorizzazione dei nostri risparmi? Ci regaleranno un computer. Chiunque abbia mantenuto un minimo di buon senso e un po? di percezione di cosa sia la realtà capirà facilmente che in tutto questo c?è qualcosa che non funziona. L?euforia sulla new economy nasconde degli evidenti dati di realtà. Come può, per esempio, un?attività come Internet, che per definizione disintermedia, creare nuova occupazione? E quale occupazione creerà se gli addetti al web si presentano oggi come una neo generazione di schiavi tecnologici con in tasca promesse di profitti e nessuna garanzia o regola? Che tipo di economia sarà quella che vede protagoniste società dagli esigui fatturati e dalle perdite di gestione ma dalle valorizzazioni esasperate nelle borse di tutto il mondo? L?editoriale di Geminello Alvi sull?ultimo numero di Surplus (trimestrale di economia da lui diretto, edito dal Gruppo L?Espresso), ha approfondito le ragioni di questi dubbi, perciò ve ne propongo ampi brani a beneficio della salute mentale di tutti noi. «I pensieri calano nei cervelli troppo sovente dal di fuori. E rari sono i pensieri, che si disvolgono in quiete. Abbondano cervelli senza calma invasi da pensieri mai ripensati, subito ovvi. Quando invece ovvi non sono. È lo standardizzarsi dei pensieri, per osmosi televisiva o giornalistica. Automatismo di poche parole precarie, ma finte coerenti, definitive. Era della comunicazione; sfida; globalizzazione; parole da cui ormai nessuno dissente, fedi, su cui è ammessa la disputa soltanto circa il modo migliore di attuarle. Sarà pure questa l?era della comunicazione; eppure mai la gente s?è sentita così confusamente persa e sola come in questa. Dilagano coi telefonini ed Internet le comunicazioni; ma si impoverisce l?ambiente del comunicare. Si sfaldano i nessi dell?esserci umano reale, surrogato da quanto si connette sì con più persone, ma in modo virtuale, ovvero mutato. Col rischio di atrofizzarsi l?anima, d?un suicidio intimo per distrazione e difetto di concentrazione dell?Io umano. (…) Ordinamento della vita umana che tutto adatta all?unico criterio che il risparmio di tempo abbia per unica misura il denaro che se ne ottiene. Trionfo del secolo americano. Crescerà certamente il Pil. Ma ciò compensa lo sfaldarsi dell?anima, il decadere dell?Io, il dilagare ovunque del subumano, la confusione dei giovani? (…) E la globalizzazione? Parola finta benefica e che invece finora è servita soprattutto agli Usa, che hanno finanziato la loro crescita col risparmio altrui (…) L?ultimo europeo che chiese agli Usa di smettere di pagare i loro debiti con della carta fu De Gaulle. Questione poi trascurata dai governanti europei; oggi peraltro così ligi agli anglofoni, da scimmiottarne senza pudore la lingua e le mode. (…) Pensieri proibiti che costringono al dubbio, o almeno a domandarsi , se i programmi di Bill Gates, un?accumulazione solo borsistica e dunque solo fittizia, le fusioni, altro non siano che incarnazioni trionfali del Secolo americano».


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