Cultura

Il cibo verde sfonda quota 1000 miliardi

Una ricerca di Databank conferma la crescita di numeri e fatturati dell'industria dell'alimentazione biologica. 50% in più nel 2001. E la concorrenza fa calare i prezzi

di Giampaolo Cerri

Duecento aziende miliardarie nel biologico italiano. Lo rivela l’edizione 2001 della ricerca di Databank (www.databank.it) Competitor prodotti alimentari biologici nella distribuzione moderna. Tante infatti sono le aziende che la società di ricerca – che da anni vende il suo rapporto alle più importanti imprese commerciali e agroalimentari – stima aver superato il miliardo di fatturato. I ricercatori di Databank hanno monitorato il mercato degli alimentari bio nei canali di distribuzione moderna per l’anno 2000: «Abbiamo analizzato 50 aziende commerciali medio grandi, cui abbiamo sottoposto una griglia di quesiti, anche su fatturati, numero di addetti, previsioni di sviluppo», spiega Lorenzo Fanoli, curatore del rapporto. Il risultato è che anche la distribuzione, come tutto il comparto, è caratterizzata «da una forte dinamicità del settore». Settore che, secondo Databank, annovera circa 300 imprese pari ad un migliaio di addetti, con una media quindi del 3,3. I valori alla produzione ammontano a 365 miliardi, con un valore aggiunto di almeno 31 miliardi. Il valore del mercato a prezzi finali, che comprende quindi valore della produzione, costi di commercializzazione, ricarico della distribuzione, diventa 720 miliardi. «Gli operatori che abbiamo contattato», dice Fanoli, «prevedono per il 2001 crescita oltre il 50%, per cui dovremmo aver sfondato quota 1.000 miliardi. Ottime cifre ma molto più realistiche di quelle che talvolta girano ufficiosamente fra gli addetti ai lavori, che “sparano” fino a quota 2.800. Il problema di fondo», prosegue il ricercatore, «è che manca una ricerca quantitativa di cornice. I rapporti esistenti fanno proiezioni su dati Istat per l’agroalimentare a partire da indagini qualitative sui consumatori». Inoltre quella del biologico rimane «una filiera composita, con forme di polverizzazione, aziende non commerciali, altre che lavorano per conto terzi». Secondo le ricerche di Databank, nel mercato c’è una forte concentrazione di imprese medio-grandi: le prime otto per fatturato si aggiudicano infatti il 35,6% in valore della torta complessiva, percentuale che scende al 24,9% se si analizzano le prime quattro. Nel suo complesso il settore che procede spedito verso una forte industrializzazione «intesa soprattutto come attenzione all’efficienza commerciale», dicono a Databank. «Ci sono ormai una quarantina di imprese che non hanno niente da invidiare, da questo punto di vista, alle loro omologhe dell’agroindustriale tradizionale», aggiunge Fanoli. Compresa un’attività economica e finanziaria che comincia a diventare importante. L’utilizzo della forte liquidità, quello che è ormai una parte del business delle imprese agroalimentari – la gestione dei flussi di cassa e il loro impiego, dei pagamenti dei fornitori, del credito ottenuto dalla banche – comincia ad essere proprio di alcune aziende di questo settore. Intanto, aumentando i volumi, diminuiscono tendenzialmente i prezzi: «La sfida concorrenziale si gioca sulla riduzione dei costi, l’ottimizzazione della logistica, il ricorso al marketing come fa già un buon numero di imprese».


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