Welfare

L’ennesimo piano Ionta

17 nuovi padiglioni e 4mila nuovi posti nel 2012

di Lorenzo Alvaro

È necessario mettere i detenuti in «strutture penitenziarie dignitose» e con il piano carceri del governo saranno disponibili altri 4 mila posti entro il 2012. Lo ha annunciato il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nonché Commissario delegato per il Piano Carceri, Franco Ionta nell’audizione in Commissione giustizia del Senato dove ha illustrato l’enesimo piano carceri del suo lungo mandato. «Ho proposto l’utilizzo di fondi», ha aggiunto Ionta, «che erano inizialmente stanziabili per le carceri di Nola e Bari per andare ad intervenire su 17 padiglioni che sono in avanzato stato di costruzione e che possono trovare completamento entro il 2012».
Ionta ha affrontato il problema delle carceri dismesse evidenziando che la vicenda di Reggio Calabria è «uno scandalo» in quanto «le prime operazioni per la costruzione del carcere risalgono alla fine degli anni 80» per un costo di «80-90 milioni di euro».
Al contrario le strutture di Tempio Pausania e Oristano, ha proseguito Ionta, «sono praticamente pronte e in primavera potrebbero essere aperte. Ci sono inoltre in via d’ultimazione le carceri di Cagliari e Sassari. Gia’ con questa manovra avremo circa 4 mila nuovi posti».
Ionta ha infine annunciato che è stato aperto l’istituto di Gela che «si trascinava da moltissimi anni» e Trento, «struttura di grande dignita’ e di grande tecnologia».

Non si sono fatte attendere però le critiche.  

«A differenza di quanto affermato dal capo del Dap Franco Ionta, non troviamo nella norma sulle celle di sicurezza alcun equilibrio ma una forzatura a carico delle polizia». Così infatti Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell’Anfp, Associazione nazionale funzionari di polizia, commenta le dichiarazioni del capo del Dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ascoltato questa mattina dalla commissione Giustizia del Senato.

«Nel dl svuota carceri si prevede che l’arrestato non può essere condotto nella casa circondariale del luogo dove l’arresto è stato eseguito, nè presso altra casa circondariale. Quale bisogno c’era di rafforzare l’attuale sistema normativo con l’intervento del Pm», chiede Letizia, «forse la polizia in questi vent’anni non ha collaborato e non ha fatto la sua parte? Su questo punto il Capo del Dap chiarisca e spieghi quanto incidono mediamente al giorno coloro che dalla libertà entrano in carcere e vi restano fino a tre giorni».

«Analizzando bene i dati del Dap», osserva ancora Letizia, «risulta evidente che il sovraffollamento è determinato dalle detenzioni superiori ai 6 mesi per cui servono nuove carceri ed un ricorso sistematico agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Quest’ultimo strumento finora ha fallito perchè esso può essere utilizzato solo su base volontaria e ad un tipo di braccialetto acquistato agli inizi degli anni 2000 laddove la fibra ottica per la rete telefonica non era diffusa su tutto il territorio nazionale».

«Si modifichi dunque l’art. 275 bis del codice di procedura penale e si utilizzi una tecnologia moderna, che oggi non comporterebbe i costi eccessivi di quella passata», è l’invito del segretario Anfp. «Un braccialetto elettronico non dovrebbe costare più di un ipod, essendo dotato della stessa tecnologia peraltro con minori funzioni, cui va aggiunto un semplice impianto da collegare al telefono di casa, simile a quello tipico di tutti i sistemi di allarme delle nostre abitazioni».


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