Formazione

La mega porcilaia? un Progetto folle

Cibo & grande industria. La denuncia di Raspelli. Barilla e Cremonini progettano il più grande allevamento di maiali d'Italia per fare il culatello di zibello.

di Giampaolo Cerri

Èil cantore del buon cibo, della ristorazione di gran classe, dell’alimentazione come fatto di (alta) cultura. Edoardo Raspelli ha segnato la critica enogastronomica dettando uno stile, una narrazione fatta di rimandi letterari, di ironie e anche, di quando in quando, di piccole cattiverie. Celebri le sue stroncature, le sue polemiche; famoso il suo rigore, che gli è costato probabilmente la Guida dell’Espresso, toltagli – come lui stesso ha raccosntato – a causa della sua insofferenza ai buoni ed interessati consigli degli editori. Raspelli è Raspelli, prendere o lasciare. Ma il gourmand è anche un tipo da mettersi a correre in una domenica d’agosto al Meeting di Rimini, per partecipare ad una tavola rotonda sulla celiachia: «I ristoratori devono imparare ad essere tolleranti con i bambini», dice impreziosendo il discorso con calembour, «e a maggior ragione con dei bambini intolleranti al glutine». Sempre a Rimini, Raspelli ha tenuto a battesimo il lancio nazionale dei Club Papillon, nati in Piemonte da un’idea di una altro critico eno-gastronimico, Paolo Massobrio. Come spiega Raspelli, lo scopo del club è quello «di racontare il gusto. Il cibo non è carburante ma uno dei grandi regali che l’uomo ha avuto nascendo». Vita: Pecoraro Scanio, in uno dei suoi ultimi atti da ministro dell’Agricoltura, ha inserito anche lei nel Comitato per la tutela e la valorizzazione di prodotti alimentari. Il Comitato è riuscito a lavorare? Edoardo Raspelli: Non ancora. Abbiamo potuto appena insediarci. Io comunque sono pieno di speranze, questa nomina riguarda un numero ristretto di persone, eminentemente tecniche: Barberis è uno studioso dell’agricoltura, Iaccarino e Vissani sono due grandi cuochi. Anche se ci ha nominato un altro ministro, spero che il nuovo voglia valorizzare queste competenze. Sono in fiduciosa attesa che Alemanno decida che valenza dare a questo Comitato. Vita: La tempistica di quella nomina – a pochi giorni dalle elezioni di maggio – fece pensare ad una mossa elettorale… Raspelli: Ma no, quel Comitato era previsto già nella legge finanziaria. Pecoraro peraltro, impegnato nel suo collegio, non ne dette quasi notizia. Vita: Cosa si aspetta da questo comitato? Raspelli: Dipende degli intendimenti del ministro Alemanno, può decidere di utilizzarlo o di accantonarlo. Io credo che farebbe bene a valersi di questi tecnici. Vita: Scusi, ma chi glielo ha fatto fare di infilarsi in un’iniziativa di un ministro uscente e perdente? Raspelli: Faccio questo mestiere da oltre un quarto di secolo e ho imparato ad appassionarmi a quello che c’è dietro le bellezze della tavola, alle storie di contadini e di montanari che vivono del prodotto della loro terra. Vado in vacanza in un paesino del Piemonte dove ci sono 40 abitanti e 90 vacche, conosco la fatica e i valori di questa gente. Un comitato di questo tipo può fare tante buone cose su questo. Vita: Alemanno peraltro ha fatto da subito della difesa della tipicità una bandiera. Raspelli: Senza dubbio. Ha detto cose molto intelligenti in ogni sua uscita. Ha inanellato in sede europea un primo successo sulla tracciabilità dell’olio d’oliva, ottenendo un’etichettatura più chiara a beneficio dei consumatori. È partito bene. Vita: La priorità è la difesa dei consumatori? Raspelli: Sì, ma non in maniera donchisciottesca. La grande industria, la grande distribuzione ti può distruggere, se vuole. Ciascuno deve recitare il suo ruolo: se vogliamo sfamare il mondo a buon mercato, occorre l’industria agro-alimentare, alla quale dobbiamo chiedere la salubrità del prodotto. Poi però dobbiamo anche poterci permettere di assaggiare quel prodotto tipico, con dei sapori vivi, con dei gusti antichi. Non siamo macchine che fanno il pieno al frigorifero, cerchiamo la felicità anche in queste cose. Vita: Parlando recentemente al convegno della sua corrente, Alemanno ha previsto un’offensiva dell’industria biotech contro la sua politica sugli ogm «anche all’interno della maggioranza e del governo”. Cosa ne pensa? Raspelli: Non sono uno scienziato, né un medico, e per di più sono anche uno molto equilibrato per carattere. Come consumatore devo potermi fidare degli esperti. C’è evidentemente il rischio che questi pareri siano influenzati dalla pressioni degli interessi che sono enormi. Spero che i politici facciano la loro parte. E i giornalisti il loro lavoro, anche se il giornalismo di denuncia mi sembra paurosamente compresso. Nessun estremismo ma anche la consapevolezza di avere a che fare con dei poteri forti. Bisogna che la libertà di nutrirsi, di mangiare senza rischi, vada garantita. Come quella dei celiaci di poter trovare al ristorante piatti senza glutine, o di andare al supermercato a comprare prodotti di soia o di mais senza dover mangiare necessariamente degli ogm, perché arrivano dagli Usa. Vita: Ma che effetto fa sentire parlare di alimenti transgenici, a uno che ha fatto del cibo un fatto culturale? Raspelli: Non sono uno di quelli che dice “com’era bello un bucato di una volta” e che rifiuto la lavatrice, ma dico che la tecnologia va controllata, sempre. Insomma, rimango alla finestra, nel senso che non mi stanco di voler capire. Vita: Il cibo da alcuni anni tornato al centro della politica del dibatti? Col Roquefort, come ha dimostrato Jacques Bové in Francia, oggi si fa politica, ancora pochi anni fa era inimmaginabile… Raspelli: Sul piano dell’alimentazione mondiale, il cibo è sempre stato un fatto politico. La gastronomia è diventata addirittura un problema partitico, ha teso a dividere più che a unire. E invece l’associazionismo deve fare la sua parte, alzando la voce, se è il caso. Che Barilla e Cremonini mi facciano in provincia di Parma la più grande porcilaia del Paese con 30 mila maiali (ma c’è chi dice 90 mila) per fare il culatello di zibello, prodotto a denominazione e origine protetta, la cosa mi preoccupa. Adesso il consorzio di produttori non arriva a produrre che poche migliaia di pezzi, qui si programma di farne 60 mila, 180 mila. Inquietante. Bisogna unire le forze, non dividerle come qualche associazione ha tentato di fare. Vita: Il Bové che sfida gli Usa per difendere il suo formaggio che sensazione le dà? Raspelli: Quello prima maniera mi ha commosso. Ora mi sembra si sia sempre più politicizzato, la sua immagine è sempre più barricadera. La mia preoccupazione è che il sacrificio degli agricoltori, la nostra salute di consumatori e anche il nostro palato non diventino luogo comune.


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