Politica

Manovra, ultimo giro

Oggi gli emendamenti, poi Monti alla prova "fiducia"

di Franco Bomprezzi

Pochi quotidiani in edicola perché allo sciopero indetto da Cgil, Cisl e Uil hanno aderito anche i lavoratori poligrafici. La nostra rassegna si allarga a qualche edizione on line, per raccontare gli sviluppi della manovra di Mario Monti, in attesa della definizione di tutti gli emendamenti governativi, che precederà la presentazione in Parlamento con richiesta del voto di fiducia.

Il CORRIERE DELLA SERA nell’edizione on line punta sulle misure che saltano: la liberalizzazione rinviata dei taxi, il mancato taglio degli stipendi dei parlamentari. Le Province decadranno entro il 31 marzo 2013. Per il resto si attende il pomeriggio.

Anche LA REPUBBLICA oggi non è in edicola. Ad aggiornare i lettori sulla manovra ci pensa però Repubblica.it: “Stipendi parlamentari, il governo rinuncia a decidere i tagli saranno le Camere”. L’adeguamento alla media europea sarà fatto dai deputati. Lo prevede un emendamento presentato dall’esecutivo. Altro emendamento presentato oggi dal governo prevede che gli organi in carica delle province decadranno il 31 marzo 2013 mentre slitta dal 30 aprile al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale le funzioni delle province dovranno essere trasferite ai Comuni o alle Regioni. Il testo stabilisce una disciplina transitoria per gli enti in scadenza anticipata, facendo doverosa salvezza delle prerogative delle province autonome. La manovra rinviava a legge statale, senza riferimenti temporali, la determinazione del termine decorso il quale gli organi in carica delle Province decadono. Intanto prosegue l’esame in Commissione della manovra: in Aula il testo completo è stato rinviato a mercoledì. Le commissioni Bilancio e Finanze della Camera sono impegnate a tentare di predisporre un emendamento unitario dei relatori in cui far confluire alcune modifiche al provvedimento, tra cui l’Ici, e individuare le coperture necessarie.

IL GIORNALE, uscito regolarmente, apre a tutta pagina col titolone “L’elemosina di Monti”. L’editoriale, che titola ” L’elemosina di Monti. Porta in faccia alla Cgil” è di Alessandro Sallusti che scrive «Il vecchio rito dello sciopero si è consumato implacabile, ma questa volta senza forza né entusiasmo. Il motivo è semplice: al sindacato rosso manca il nemico, perché né Monti, né lo spread, né l’Europa possono essere nemici della sinistra. La storia a volte riserva brutti scherzi. A furia di coltivare l’antiberlusconismo i compagni si sono trovati alleati e sostenitori dei loro nemici storici, quelli di classe: le banche, la grande finanza, i tecnocrati. Dopo aver urlato per anni che il Paese in mano al centrodestra era allo sfascio, ora non possono tirarsi indietro nel pagare il conto. Sindacati e sinistra sono rimasti prigionieri della loro demagogia, del loro non essere stati capaci di essere alternativa credibile». A lato invece Nicola Porro firma “L’incorreggibile vizio di punire chi consuma”, «Diciamola semplice. Preferireste che un ricco signore svuotasse le proprie tasche di 100mila euro per consegnarli alle Finanze o per comprarsi un bene di lusso? Purtroppo c’è da temere che la maggioranza degli italiani preferisca la soluzione uno. Meglio tassare che spendere. È esattamente il principio fiscale dietro al quale si muove il governo Monti. Un principio tanto condiviso quanto sbagliato che si regge su due assunti perversi. Il primo è che i ricchi rappresentano delle brutte bestie. Stabilire chi è ricco è, ovviamente, del tutto arbitrario. Ma tant’è. I ricchi, in genere, sono coloro che guadagnano più di noi. E comunque un ricco è da condannare per il semplice fatto che, generalmente, si presume non si sia meritato ciò che guadagna. Anche in questo caso tutti si meritano il proprio stipendio, tranne i vicini che guadagnano di più». Anche Salvatore Tramontano commenta con il suo “E ora la sinistra perde il controllo di SuperMario”. «La sinistra ha perso il controllo dell’uomo che doveva portarla alla salvezza e ora sta vivendo uno strano gioco di specchi. Quando guarda il volto di Monti le sembra di scorgere in controluce il profilo di Berlusconi. I due, in verità, non si assomigliano per niente, ma la paura, quasi atavica, gioca brutti scherzi. Cosa è successo? Perché questo sentimento di rivolta? Il Pd, più ancora del Pdl, è stato uno dei garanti del governo tecnico. Monti doveva essere il suo campione, antitesi della stagione berlusconiana, l’uomo in grado di salvare l’Italia dallo spread e dal tormentone “finiremo come la Grecia”. Il Pd sperava di controllarlo, di ritagliargli, usando il vecchio modello dalemiano, un vestito da Ciampi: il bocconiano rassicurante verso i moderati e i poteri forti, gradito a banche e a Confindustria, ma con la targhetta Pd cucita sulla tasca interna. Perfetto, quindi, per rappresentare la transizione verso il post berlusconismo. Qualcosa però non ha funzionato».

MANIFESTO in edicola, come spiega Valentino Parlato nell’editoriale “Costretti a non scioperare” in cui dice «(…) Avremmo voluto – dovuto – scioperare contro la manovra del governo, come alcuni giornali fanno con  motivazioni politiche e molti altri  perché costretti dai lavoratori poligrafici (…)» e spiega che quello attuato dal quotidiano è «uno sciopero alla rovescia» in quanto «protestiamo lavorando». L’apertura è dedicata all’incidente sul lavoro costato la vita ieri a un operaio – lavoratore a Trieste “Fine spettacolo” il titolo sulla fotografia della struttura del palco dello spettacolo di Jovanotti accartocciato. Alla manovra è dedicato il taglio centrale. “Le piazze del lavoro respinte dal governo” titola il richiamo sullo sciopero di Cgil, Cisl e Uil cui è dedicata pagina 3 dove la fascia grigia d’apertura segnala “Lacrime e sangue – Solo  la ministra Fornero continua a dire che sulle pensioni ci saranno «attenuazioni»”. Sempre sulla manovra e le sue ricadute sono le pagine 4 e 5, la prima con un affondo sulla legge “ammazza testate” che apre con il titolo “Giornali appesi a un filo sul pozzo senza fondo”, a pagina 5, invece che ha come testatina “Si salva chi può”, una colonna sovrastata dalla foto della ministra Fornero titola “Novità pensioni, Imu e professioni Il premier spiega”. Si legge «(…) Oltre all’Ici – che adesso si chiama Imu – un altro capitolo che sarà di sicuro oggetto di modifiche è quello delle province. L’esecutivo è obbligato a rimediare al pasticcio della cancellazione per decreto, glielo ha chiesto la commissione  affari costituzionali (…)» e conclude «(…) intanto slittano le liberalizzazioni, i relatori proporranno oggi che se ne parlerà prima del 2013». Nella stessa pagina un’analisi politica interna al Pd con le interviste a Fassina e Bobba, intitolate l’una “Fassina, Pd – Decreto brutale, ancora da cambiare. Ma con Monti  l’Italia può cambiare la linea Ue «Quello che diamo è un sì politico» la seconda “Luigi Bobba – c’è una maggioranza di praticanti lontana dall’impiego I partiti riprendano il loro ruolo. E Bersani ascolti di più i cattolici”.

“Il riccometro non fa sconti”. ITALIA OGGI fa il titolo in prima pagina sulla riforma del “riccometro” prevista dalla manovra. La riforma prevista riformulerà il ventaglio delle prestazioni soggette all’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) tenendo in maggior considerazione la quota di patrimonio e anche i redditi esenti, nonché il carico famigliare e, in particolare, i nuclei con almeno tre figli. «Scopo dichiarato della riforma è di adattare una nuova definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale (oggi invece escluse) e che tenga conto delle quote di patrimoni e di reddito dei diversi componenti della famiglia». Aumenteranno anche i controlli sulle agevolazioni attraverso la condivisione degli archivi cui accedono gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni.

Il FATTO QUOTIDIANO mette da parte la manovra (ormai il tema ha stancato?) e segue la pista dell’inchiesta su cui sta battendo da un po’: tutte le ombre di Finmeccanica. “Tremonti, D’Alema, Letta e gli altri. Tutti gli sponsorizzati di Finmeccanica” titolo d’apertura, che apre lo scavo di Marco Lillo tra le magagne del colosso di Stato. «Decine di associazioni, spesso legate ai politici, che ricevono complessivamente da Finmeccanica un milione e 856 mila euro. L’elenco è stato consegnato da Lorenzo Borgogni ai pm napoletani Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, che indagano sulla presunta corruzione internazionale all’ombra delle commesse estere del colosso della difesa. Il documento mostra che i contributi e le sponsorizzazioni alle fondazioni dei politici esistono, ma sono di importi ridotti rispetto al budget di Finmeccanica. E bisogna evitare le generalizzazioni. Accanto a fondazioni e giornali sconosciuti, ci sono nomi di associazioni e riviste prestigiose come l’Accademia dei Lincei, Limes e Micromega. Molte fondazioni poi vantano una missione e una storia decennale. Spesso sono guidate e presiedute dagli stessi nomi illustri come Gianni Letta e Giuliano Amato o Giulio Tremonti», il ricco menù dell’inchiesta. Si guadagna evidenza anche la sentenza Ue che interviene sul caso francese dell’incarcerazione dei clandestini in attesa di espulsione: “La Ue sul caso francese: Illegale incarcerare i clandestini che attendono l’espulsione”. Una sentenza che vale come monito anche per l’Italia: “La sentenza si riferisce a un caso accaduto in Francia ma ha di riflesso ripercussioni in tutti gli Stati membri. Ma in Italia i Cie non rientrano nella decisione della Corte di Giustizia della Ue”.


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