Volontariato

Cronaca di un sabato di volontariato interconfessionale

Cristiani e musulmani, ecco come ci si può rimboccare le maniche insieme

di Martino Pillitteri

Il bus numero 9 sul quale viaggiavo sabato mattina intorno alle 10.30 è rimasto bloccato per 20 minuti nel traffico di Piazza 5 Giornate di Milano a causa di una folla impazzita e disordinata, stile assalto ai grandi magazzini americani, accampata da ore per una promozione speciale presso Coin.
Superato l’ostacolo, m’imbatto, 200 metri più avanti, in un’altra onda di persone: quella di 1600 uomini e donne in fila ordinata e composta davanti all’entrata della mensa per i poveri dell’Opera San Francesco in Via Piave di Milano.

Ero l’accompagnatore di un gruppo di volontari delle redazione di Yalla Italia che ha aderito all’iniziativa «Cristiani e musulmani? Rimbocchiamoci le maniche», un sabato di volontariato interconfessionale proposto dalla rivista del Pime Mondo e Missione.
In 200 metri e sulla stessa linea d’aria rappresentata dalle rotaie della linea 9, due spaccati della città risultano talmente antitetici cha a confronto la presunta inconciliabilità tra musulmani e cristiani è dimostrata essere materiale per speculatori politici e mediatici.
Giovani cristiani e musulmani insieme, per l’appunto. Non per fare grandi discorsi sul dialogo, ma per provare a mettersi al servizio di chi più ha bisogno, italiani o immigrati che siano, nelle nostre città. Con gesti semplici come dare una mano con i vassoi e pulire i tavoli.

A Karim è toccato fare anche da custode davanti all’entrata. «Non un grande lavoro, erano tutti disciplinati. Operare insieme ai volontari e per gli utenti dell’OSF e’ stato molto formativo e mi ha insegnato a confrontarmi con persone provenienti da contesti culturali ed etnici molto diversi tra di loro». Marwa, a cui è toccato qualche lavoretto in cucina, dice che lo rifarebbe perché «qui è la prova che le fedi possono essere diverse sulla carta, ma in occasioni come queste riusciamo a trovare i comuni denominatori e obiettivi da condividere come aiutare i bisognosi». John invece è stato colpito da come in una situazione di evidente difficoltà, i poveri ospitati dall’OSF mantenessero sempre una splendida dignità. «E’ commovente vedere come un sorriso ed un piatto caldo possano rendere felici le persone. Ti dà la misura di quanto la nostra vita quotidiana possa essere piene di roba (per dirla come Verga) e vuote nella sostanza dei valori».
Dopo essersi ripresa da un moto di commozione che è sfociato in un pianto liberatorio, Salwa fa notare che «siamo così presi dalla vita di tutti i giorni che non riusciamo a vedere oltre. Un solo sorriso a chi ha bisogno può rendergli la giornata diversa, e vi assicuro che un loro sorriso mi ha aperto il cuore».
Per Imane, che ha persino portato il suo fratellino Hamza, « è stata una lezione di umanità per entrambi: dal lato la soddisfazione di aver impiegato positivamente il mio tempo e dall’altro la tristezza di saper che la mensa OSF di viale Piave viene frequentata da circa 2600 persone al giorno».

Tra le tante storie e testimonianze che abbiamo sentito, ci tengo a condividere quelle di una volontaria (che non vuole rilevare il suo nome) che dopo 30 anni di carriera nella ristorazione privata come manager, questo sabato ha iniziato a fare la volontaria nelle mense Opera di San Francesco. «Questo posto» ci ha raccontato «è più efficiente e pulito di tante mense del Comune, della Regione e di quelle private. Sia l’organizzazione da parte dello staff che la condotta degli utenti, sono impressionanti».
Non so se avete capito: da lunedì e venerdì lei si sbatte nella gestione delle mense mentre il sabato fa la volontaria. Come se al presidente di un’azienda venisse chiesto di fare il centralinista gratis di sabato. Chi lo farebbe?
Mentre mi raccontava la sua storia, davanti a me un uomo latino americano dava la sua michetta di pane e il dolce ai figli di una donna africana. Due grandi lezioni di solidarietà in una botta sola….


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