Welfare

Noi produciamo lavoro, voi profitti

Confindustria: alle cooperative troppe agevolazioni

di Francesco Maggio

«Basta con le aziende camuffate da cooperative» ha detto il presidente uscente di Confindustria Giorgio Fossa in occasione di un recente incontro alla Camera sul rilancio della competitività in Italia. «Mi auguro che si faccia chiarezza sulle cooperative che hanno tutto un sistema di agevolazioni che non hanno altre imprese» ha poi aggiunto, puntualizzando infine: «Per le cooperative che lo sono a tutti gli effetti, ben vengano queste agevolazioni, ma ci sono fior di aziende che si sono camuffate da cooperative. Questo è non solo sleale e scorretto, ma un problema da risolvere una volta per tutte».
Rinfocolando così una polemica di vecchia data con il mondo cooperativo, il leader degli industriali italiani ancora una volta ha lanciato un duro atto d?accusa (appena mitigato da qualche distinguo) nei confronti di un settore produttivo che negli ultimi anni è stato tra i pochi a registrare un costante incremento di fatturato e di nuova occupazione. I dati, infatti, delle grandi centrali cooperative parlano chiaro al riguardo. Nel 1999 il fatturato complessivo di Legacoop (4.826.920 soci, 10.225 cooperative aderenti) ha raggiunto la ragguardevole cifra di oltre 57 mila miliardi di lire, crescendo in un solo anno del 6,8% e toccando punte del 10,9% nelle cooperative tra dettaglianti, del 9,1% nella cooperazione sociale e dell?8,2% nell?area servizi e turismo. L?occupazione poi, che oggi interessa quasi 240 mila addetti, è salita sempre nello stesso arco di tempo in media del 4,8%, con punte del 10,5% nella cooperazione sociale, del 9% nelle attività culturali e del 6,8% nel turismo e nei servizi.
Discorso analogo per quanto riguarda Confcooperative, l?altra grande centrale italiana della cooperazione (2.401.015 soci, 17.590 cooperative aderenti). Qui il fatturato viaggia nell?ordine dei 48 mila miliardi di lire annui (al quale vanno aggiunti 103 mila miliardi di raccolta diretta delle Banche di credito cooperativo) ed è aumentato del 21% nel triennio ?97-?99, mentre l?occupazione si attesta ormai sulle 250 mila unità, con punte di oltre 100 mila occupati nelle cooperative di lavoro e servizi.
Perché allora, a fronte di risultati così lusinghieri che attestano in modo inequivocabile la capacità del mondo cooperativo di saper competere sul mercato, c?è stato un attacco così forte e diretto da parte di chi ne è uno strenuo paladino? Possibile che simili performance si spieghino solo grazie alle (presunte?) agevolazioni fiscali di cui godrebbero le cooperative? E le imprese cosiddette tradizionali è proprio vero che non beneficiano di tutta una serie di opportunità che le prime semplicemente si sognano?
«Quella del presidente Fossa è una polemica che va avanti ormai da tempo» esordisce Luigi Marino, da poche settimane riconfermato alla guida di Confcooperative, «Confindustria ripete da anni questa favola che le cooperative godrebbero di particolari privilegi fiscali, che sarebbero esentate dal pagamento delle imposte sui profitti. Ma ciò dipende esclusivamente dal fatto che gli utili delle cooperative non vengono distribuiti ma accantonati a riserva. Se, al contrario, pensiamo agli innumerevoli ostacoli che esse incontrano, per esempio nell?accesso al credito e, più in generale, al mercato dei capitali, ebbene si scopre subito come il piatto della bilancia penda nettamente a favore delle società di capitali. È perciò talmente assurda questa polemica» rincara la dose Marino, «che non conosco società di capitali che desiderino trasformarsi in cooperative. La verità, invece, a mio avviso è un?altra, e cioé Confindustria vuole una sorta di dittatura sul mercato delle imprese di capitali e non accetta altre forme di imprese. Se poi certe polemiche» aggiunge il presidente di Confcooperative, «si saldano con quelle di natura politica, ecco allora che si stringe sempre più la morsa attorno a un mondo che andrebbe, viceversa, sostenuto con convinzione, per esempio dal Parlamento tramite la regolamentazione giuridica del socio lavoratore o dalle Regioni, attraverso uno snellimento delle loro procedure burocratiche».
Più conciliante ma non meno deciso è Ivano Barberini, presidente di Legacoop: «Questa polemica di Fossa non è nuova, l?aveva già fatta due o tre anni fa. E la nostra risposta oggi come allora, è sempre la stessa: se si dice colpiamo le false cooperative, quelle che si costituiscono artificialmente solo per usufruire di determinati vantaggi fiscali, io sono pienamente d?accordo. Ma se per false cooperative si intendono quelle grandi, allora è solo un ragionare per slogan che naturalmente non corrisponde al vero. E? importante invece» continua Barberini, «vedere se c?è parità o meno di condizioni per competere sul mercato tra cooperative e società di capitali. Ebbene, io penso che non ci sia affatto. Le imprese hanno forme di valorizzazione del loro patrimonio, come la quotazione in borsa, di cui le cooperative non possono avvalersi. Hanno una facilità di accesso al credito decisamente più agevole. Non devono convocare ogni anno decine di assemblee attraverso le quali rendere conto ai soci del proprio operato. Non dispongono di un diritto societario ad hoc come quello delle imprese. Allora io dico alla Confindustria: basta con le polemiche inutili e troviamo piuttosto il modo per sederci insieme attorno ad uno stesso tavolo per convergere su un punto per noi fondamentale, la libertà di mercato sul quale competere ad armi pari».
Non sarebbe il caso che Confindustria raccogliesse l?invito, nel segno del comune interesse alla libertà d?impresa?

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