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Monti in difficoltà

I veti incrociati della politica fanno ritardare il varo del governo. Le borse reagiscono andando male e fanno salire lo spread

di Lorenzo Alvaro

Il professor Monti rischia di impantanarsi. Dopo il weekend trionfale, anche il supertecnico si trova a fare i conti con gli zig zag della politica, alta e bassa. Giornata di equilibrismi, che non è piaciuta alle Borse.
 
 
In rassegna stampa anche:

POVERTA’
INTEGRAZIONE
INDIGNATI USA
 
 
«Monti: un governo fino al 2013». È il titolo di apertura nella prima pagina de IL CORRIERE DELLA SERA. Nel sommario la precisazione: «Servono sacrifici, non ho mai parlato di lacrime e sangue». Roberto Zuccolini racconta la giornata di ieri del presidente del consiglio incaricato: «Prima di tutto: “Ascoltare, prendere appunti, dialogare”. Non dare, cioè, l’impressione del salvatore della Patria calato giù dall’alto, quasi fosse un marziano rispetto alla politica. E poi, economia sì, al primo posto, ma accompagnata da equità sociale e riforme, alcune subito, come il taglio ai costi della politica con la riduzione dei parlamentari, per dare “un segnale di vero cambiamento” rispetto al passato. È ciò che Mario Monti sta cercando di dimostrare da ieri nelle sue prime consultazioni con i partiti». Monti ha anche detto alla stampa: «Vorrei ministri politici», pur consapevole delle resistenze di Pd e Pdl. Di questo aspetto si occupa l’editoriale di Antonio Polito: «Monti può trovare lo strumento che gli serve nella Costituzione, in quell’articolo 92 che non è caduto in prescrizione solo perché nessuno lo usa mai. Si scelga i suoi ministri senza contrattarne i nomi. Chi non li gradirà potrà respingerli assumendosene la responsabilità in Parlamento. Il futuro premier deve permettersi, almeno adesso, di non comportarsi da politico pur senza diventare impolitico. Due esempi di veti incrociati cui ha tutte le ragioni di resistere: il Pdl non ha un diritto naturale a scegliere il ministro di Giustizia; e il Pd non ha il diritto di definire la eventuale nomina di un suo senatore, Pietro Ichino, come una “provocazione”». Intanto continua il giochino del totoministri, a cura di Maria Antonietta Calabrò: « Guido Tabellini all’Economia. Ma con maggiore probabilità il premier manterrà l’interim. Per il ministero della Giustizia in gioco gli ex presidenti della Consulta: Cesare Mirabelli, Piero Alberto Capotosti o Valerio Onida». E ancora «Andrea Riccardi ai Beni culturali, in rimonta su Salvatore Settis. Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica è anche lui “stabile” come ministro dell’Istruzione. ”Stabile” anche il nome di Carlo Dell’Aringa nel borsino del Welfare (Lavoro e Salute), Luisa Torchia alla Funzione Pubblica e Corrado Clini all’Ambiente (dov’è direttore generale)».
 
Anche LA REPUBBLICA apre con la politica e la posizione del premier incaricato: “Monti: il mio governo fino al 2013”. nel sommario, si riferisce di un “Appello ai partiti: «Sostenetemi o rinuncio all’incarico. Sacrifici sì, non lacrime e sangue”. In taglio centrale però la finanzia: “L’Italia torna sotto tiro Borsa giù, spread a 500”. A significare che la «crisi è delicatissima e cruciale», come ha sottolineato ieri il presidente della Repubblica. Anche grazie alla collaborazione dei partiti, vine da dire: giustamente Monti non intende guidare un esecutivo a tempo, che sarebbe debole in partenza, e vorrebbe al governo esponenti dei partiti («un desiderio», aggiunge, non una condizione). Ma loro non vogliono. Le ragioni? «È difficile fare un governo con chi ti ha insultato fino al giorno prima», dice Cicchitto. «Vogliamo tecnici per dare al governo ancora più autonomia sulle scelte», ribatte Bindi. «Per ora lo stallo è totale» scrive Francesco Bei nel suo retroscena, che aggiunge: probabilmente Casini ha suggerito a Monti di partire e di innestare i politici a clima raffreddato, ovvero fra qualche settimana. Il risultato di tanta consapevolezza (va aggiunto l’annuncio di Bossi: riapriremo il parlamento della padania) è che la lista dei ministri prevista per oggi non arriverà che domani almeno. Aggiungendo così incertezza sulla possibilità che l’Italia esca dalla crisi: ieri i buoni quinquennali sono stati remunerati al 6,29% e Piazza Affari ha perso il 2%. ma soprattutto i banchieri europei hanno pensato di lanciare un appello incoraggiante: «scarichiamo i titoli di Stato italiani». Lo ha detto il presidente della Federazione delle banche europee, Christian Clausen. «Le banche stanno facendo esattamente quello che dovrebbero fare: stanno riducendo il rischio…». Cioè si allontanano dai titoli italiani. Dichiarazioni «sorprendenti», «lesive dell’immagine dell’Italia» le ha definite Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi. “La fiducia fragile” è il titolo del commento di Massimo Riva: già ieri «le parti politiche che mal sopportano il tentativo di formazione di un nuovo governo – in particolare all’interno del Pdl – hanno colto l’occasione al volo per dichiarare già esaurito il cosiddetto effetto Monti sui mercati. Nessuno si è chiesto se proprio la loro neanche troppo dissimulata ostilità… sia invece la causa prima e prevalente dell’improvvisa svolta in negativo sui mercati».
 
«Borse e spread, torna la tensione»: il governo Monti “scende” dall’apertura, che ha tenuto per molti giorni, e oggi il SOLE 24 ORE si dedica alle Borse e ai nostri titoli di Stato, per cui ieri non è stata una bella giornata. Ma la crisi sembra estendersi dall’Italia alla Francia e alla Spagna: tutta la pagina 5 spiega infatti che anche i due paesi sono «sotto tiro». Infatti «avviata verso una possibile soluzione la questione italiana, il mercato si è concentrato sul problema Europa nel suo complesso», dove gli spread crescono in modo esponenziale: quasi record, ieri, per il differenziale tra bund e titoli di stato francesi, spagnoli, belgi e austriaci nonché per i titoli emessi dall’Efsf, il fondo salva stati. Commento di spalla affidato a Beda Romano: «La crisi debitoria in Europa è troppo complessa per pensare che bastino le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’arrivo di Mario Monti per risolverla». Eh già. Interessante e in puro stile Sole un bilancio (a pagina 12) sui «numeri che mancano a Monti», ovvero quanto gli serve in più per raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013: ebbene mancherebbero 20 miliardi, che potrebbero diventare 24 per compensare l’innalzamento degli interessi sul debito. Da dove li prenderà Monti? Le ipotesi più accreditate, per il Sole, parlano di rivalutazione delle rendite catastali, reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, debutto anticipato della nuova imposta Imu. In pratica, «un intervento sulla fiscalità collegata alla casa».
 
“Monti: no a un governo a tempo”. È il titolo di apertura de LA STAMPA che dedica alla politica le prime 15 pagine del giornale e una serie di approfondimenti e commenti. A cominciare dal Buongiorno di Massimo Gramellini, intitolato “Ventuno”: «Fra le ragioni per cui il governo spread-sidenziale di Mario Monti non è ancora riuscito a entusiasmare i mercati va annoverato lo spettacolo incomprensibile offerto dalle consultazioni dei 21 (ventuno) partiti presenti in Parlamento. Fare Italia, Liberaldemocratici, Liberali per l’Italia, Repubblicani Azionisti, Noi Sud, Io Sud, Forza Sud, Popolo e Territorio, Coesione Nazionale, altoatesini, valdostani, vecchi classici come socialisti, repubblicani e radicali e qualche altro manipolo di coraggiosi miracolosamente scampati alla mannaia del bipolarismo. Molte di queste sigle sono ignote persino ai commessi della Camera. Figuriamoci al professor Monti, che durante i colloqui coi vari Nucara, Iannacone e Antonione avrà passato metà del tempo soltanto per capire chi erano e soprattutto chi rappresentavano. Alle ultime elezioni gli italiani mandarono in Parlamento cinque partiti. Come abbiano fatto, in appena tre anni e mezzo, a diventare ventuno è un mistero per gli osservatori stranieri, ma non per noi». Editoriale anche del direttore Mario Calabresi, “Quei privilegi non più tollerabili”: «Se tende ancora l’orecchio allora gli sarà chiaro che, per conquistarsi un ampio consenso e il sostegno della maggioranza degli italiani, dovrebbe mettere al primo punto del suo programma un intervento vero sui costi e sui privilegi della politica. In tempi di sacrifici e di tagli l’esempio deve venire dall’alto, da chi ci governa: solo se si hanno le carte in regola allora si può chiedere agli italiani di fare rinunce o pagare nuove tasse. La maggioranza uscente ha sottovalutato il problema in questi anni, non ha capito quanto fosse grande nel Paese l’insofferenza verso la cosiddetta «casta», e anche per questo ha perso il consenso di chi l’aveva votata. E’ necessario un gesto di discontinuità, le possibilità sono moltissime perché moltissimi sono i privilegi e i costi delle burocrazie e della politica (lo hanno spiegato con grande chiarezza ieri Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera , ricordandoci tra l’altro che a Palazzo Chigi ci sono ben più del triplo dei dipendenti che nella sede del primo ministro britannico). Molte sono le cose inaccettabili, per esempio non si capisce perché ogni cittadino italiano abbia una trattenuta sulla liquidazione del 23 per cento (fino a 15 mila euro, perché sopra questa cifra l’aliquota sale al 27) mentre i parlamentari invece non pagano tasse sulla loro indennità di fine mandato. E, come abbiamo raccontato in un’inchiesta di Carlo Bertini, dopo una sola legislatura l’indennità è di ben 46 mila euro netti».
 
“Prima, intensa giornata di consultazioni per il presidente incaricato Fini: si punta a chiudere venerdì. Il Colle: «Fase delicata, massima coesione»” scrive nell’occhiello AVVENIRE che titola “Monti vuole governare” come esplicita meglio il catenaccio “«A termine no, punto al 2013 e senza partiti non ci proverei» Sacrifici, non lacrime e sangue”. Diversi i temi richiamati in prima e legati alle consultazioni in corso a cui sono dedicate le pagine dalla 5 alla 8. Sotto una banda rossa titolata “Fronti caldi” vengono inserite sia la “provocazione” della Lega che “Diserta le consultazioni e riconvoca il suo «parlamento»”, sia l’economia “Borse giù e spread a 500 punti E l’Europa torna a pressare”.  Tra i richiami anche le diverse posizioni espresse dai partiti e la richiesta della Cgil di una patrimoniale come pure “Ipotesi-decreto da 25 miliardi per correggere i conti”. A pagina 6, occhi sulla Lega che da una parte diserta le consultazioni  dall’altra riapre le “camere” padane. In falsa apertura gli umori della base leghista ai microfoni riaperti di Radio Padania “La base del Carroccio: adesso la secessione”. Francesco Riccardi, in prima pagina firma l’editoriale dal titolo “Pro-memoria lavoro” che punta l’attenzione sugli altri numeri della crisi: dalla disoccupazione al precariato e osserva come per il governo «tra le emergenze da affrontare c’è una missione che merita di essere considerata con appassionata dedizione: il lavoro (…)».
 
“Non sarò breve” è il titolo di apertura per IL MANIFESTO che pubblica una foto di Mario Monti sotto il titolo e il sommario “Monti dice no a un incarico a tempo e indica un vasto programma (non solo economico). I partiti non accettano l’invito a partecipare al nuovo governo, la Lega diserta le consultazioni, il Pdl tira la corda. Risultato: sale lo spread, scende la borsa, aumentano i rendimenti dei titoli”, quattro le pagine interne dedicate alle consultazioni e alle sue ricadute. Mentre l’editoriale “Quale futuro per l’Europa?” è affidato a Rossana Rossanda che, iniziando in prima pagina e concludendo a pagina 7 (interamente dedicata al suo pensier) scrive: « La scelta liberista dell’Unione europea di lasciare piena libertà di movimento a capitali, uomini e merci ha aperto i confini nazionali e continentali a un via vai di esportazioni e investimenti che ha lasciato indebolite le economie europee. Essa interdiceva ai governi e alla Commissione di elaborare una linea di politica economica, e esponeva così le proprie classi lavoratrici, che avevano conquistato in Europa i migliori salari e normative di lavoro, alla concorrenza dei costi minimi e della mancanza di diritti della manodopera dell’ex blocco dell’Est e dei paesi asiatici. La capacità di trasformare gran parte del lavoro vivo in tecnologia, anziché far risparmiare tempo alla forza di lavoro, ne moltiplicava la produttività e riduceva la dimensione numerica e il potere contrattuale del lavoro. È evidente nei governi di centrodestra, che sono andati sostituendo i socialisti e i centrosinistra degli anni novanta, l’intenzione di riavvicinare i salari europei al livello di quelli mondiale. (…)» Un lungo excursus e un’analisi che tocca diversi punti e che osserva come «(…) La malattia più grave è che il paese s’è affidato, per ben tre volte dal 1994, dunque con cognizione di causa, a quel crescente margine di confusa illegalità e corruzione che è stato il berlusconismo ed è parso a metà degli italiani quasi una disinvolta furberia, giustificata dal fiasco della sinistra. (…)» E quindi «(…) La pulizia che, sperabilmente, verrà fatta con la partenza di Berlusconi darà spazio a una destra liberista dura, che si intenderà con quella franco-tedesca per una terapia d’urto all’enorme debito pubblico italiano, il più ingente d’Europa. Ci attendono lacrime e sangue, e ce li meritiamo. (…). Alle pagine 2 e 3 che si aprono con il titolo “«2013 Monti già si allarga” Il Manifesto passa in rassegna alcuni nomi dei probabili ministri “Un esecutivo di soli tecnici? Alcuni dei candidati nel toto-ministri proprio non vorremmo vederli” ed eccoli quelli che per il quotidiano comunista è “Meglio di no” (a ciascuno è dedicato un box): Giuliano Amato “Troppa sottigliezza”; Rolando Mosca Moschin “Generali, meglio a riposo”; Cesare Mirabelli “Un uomo una garanzia”; Antonio Catricalà “Gli interessi televisivi”: Carlo Dell’Aringa “Sa di pesce in barile” e Lorenzo Ornaghi “Un cattolico di valori assoluti”. In un corsivo a pagina 2 siglato n.r..  dal titolo “Coda di paglia” si legge: «Insieme all’invettiva di Minzolini contro le “riprovevoli” manifestazioni di piazza e alle lezioni di bon ton politico impartite ai cittadini festanti dai gentiluomini della Lega, anche le firme del Corsera hanno cantato in coro “No, così non va” (…) La festa popolare è diventata piazzale Loreto, lo sfogo liberatorio equiparato a indecente gazzarra, in un’escalation sopra le righe. In fin dei conti non c’è poi da stupirsi per una reazione così esagerata. Chi così ha minimizzato, coperto e giustificato il berlusconismo onestamente non poteva fare altro: guardare con indulgenza quella piazza sarebbe suonata come un’imbarazzante autocritica»
 
“Effetto Monti: flop”, non va tanto per il sottile IL GIORNALE di oggi. Che nel sottotitolo aggiunge: “Ci avevano detto che il suo incarico sarebbe stato un toccasana. Ma i mercati se ne fregano di SuperMario. A corredo due editoriali al vetriolo. Scrive Nicola Porro: «possiamo con certezza affermare che l’uscita di scena del Cavaliere un primo grande risultato l’ha ottenuto: sarà finalmente chiaro per tutti che la questione finanziaria ha poco a che vedere con la credibilità di chi ci guida. Certo essa ha un grande peso nel nostro giudizio politico. Ma il punto vero si chiama debito e comportamento della Banca centrale europea. Con l’uscita di scena di Berlusconi ci renderemo conto in che pasticcio siamo (questa sì vera omissione del governo, che fino a ieri sottovalutava la tempesta). E di come non sia sufficiente sbarazzarsi del premier per risolvere magicamente i nostri problemi. Oggi i mercati potrebbero rimbalzare o di nuovo crollare. Non sarebbe merito di Monti, come ieri non era demerito di Berlusconi (ci siamo annoiati ormai a scriverlo). Ma in buona parte nelle incertezze di francesi e tedeschi nell’affrontare una crisi sia economica sia finanziaria che sta investendo rispettivamente l’Europa  e l’euro». Gli fa eco Vittorio Feltri nel suo “Silvio e Luigi insieme? Il libro dei sogni del prof” in cui analizza le prime difficoltà del professore. Sostiene il fondatore de IL GIORNALE: «Il nodo è la patrimoniale ( e le pensioni di anzianità). Se non verrà sciolto sarà il Pd a gettare la spugna. E Berlusconi andrà a elezioni anticipate con un argomento forte da cavalcare in tivù: Monti ha fallito perché la sinistra voleva mettere le mani nelle tasche dei cittadini e il Pdl lo ha impedito». Infine a pag 7 il quotidiano di famiglia Berlusconi intervista il leader comunista: “«Sbagliato brindare: Monti peggio del Cav»”

“Per il governo Monti, il percorso è già in salita” titola su ITALIA OGGI l’editoriale di Pierluigi Magnaschi che scrive: «Questa volta i nomi dei ministri sono ancora più importanti. Le istituzioni internazionali che hanno imposto la svolta che ha portato al Governo Monti, tengono d’occhio  non solo il Premier ( che è a loro gradito) ma hanno sotto la loro lente d’ingrandimento anche i ministri che lavoreranno al suo fianco.  Il governo Monti oltre a attuare le misure che il governo Berlusconi  non è riuscito a adottare deve essere anche un esecutivo credibile sul piano dell’immagine.  Deve cioè sembrare idoneo a raggiungere gli obiettivi.  I ministri del governo Monti devono però esser graditi ai partiti politici che lo sostengono e in particolare ai più grandi, PdL e Pd, le cui posizioni sono divergenti. Da qui l’inevitabile analisi del sangue dei ministri tecnici alla ricerca delle percentuali politico-partitiche. Il punto di Edoardo Narduzzi invita il nuovo esecutivo a privatizzare Poste e Fs.«le crisi sono una straordinaria occasione per trasformare i meccanismi  delle economie che non crescono o che hanno basa redditività. La stagione delle privatizzazioni dei vecchi monopoli naturali pubblici è un tassello fondamentale di una politica economica finalizzata a produrre sviluppo e crescita, proprio quella  che deve centrare Monti».

 

E inoltre sui giornali di oggi:
 
POVERTA’
AVVENIRE – L’Ok ai piani di assistenza da parte dell’Ue ha un ampio richiamo in prima pagina dal titolo “Aiuti alimentari ai poveri Bruxelles sblocca i fondi”, nel richiamo che rimanda a pagina 10 si osserva come il programma europeo riguardi 19 paesi e 240 ong e soprattutto sia stato scongiurato li pericolo di lasciare alla fame 18 milioni di persone. Un ampio articolo è dedicato al tema e in un sommario si ricorda la benedizione di Benedetto XVI, dopo l’Angelus di domenica scorsa, rivolto ai volontari del Banco Alimentare che faranno la colletta alimentare
 
INTEGRAZIONE
AVVENIRE –
UN richiamo molto ampio viene dedicato alla denuncia del cappellano della comunità cinese di Prato “Messa «vietata» a lavoratori cinesi A Prato via chi s’assenta per un’ora”. A pagina 11 ampio spazio viene dato alla situazione della comunità cinese di Prato, padre Wang, il cappellano cinese racconta di operai cacciati dal lavoro per aver partecipato a ritiri di preghiera o a gite parrocchiali, ma non mancano anche affondi sulla situazione milanese in due articoli in uno si affronta il problema dei diritti sul lavoro “Vietato ammalarsi e avere figli” il titolo, mentre un secondo articolo racconta la comunità cristiana cinese che fa riferimento alla chiesa della S. Trinità a Milano.

INDIGNATI USA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per il reportage “Gli Occupy di Zuccotti park non legano le tende”, nel richiamo si legge: “Il confine tra le tende della «classe media» e quelle di senzatetto e punk, i dissidi tra «attivisti» e «hippie», un movimento che non ha alcuna voglia di mollare e che si prepara ad affrontare l’inverno. Le voci dei protagonisti, le assemblee di lavoratori, studenti, disoccupati in quello che chiamano «il palco del popolo». Davanti a Wall Street”. Al reportage è dedicata pagina 9, salvo una colonna in cui si parla dello sgombero degli attivisti effettuato invece dalla polizia a Oakland in California. Nell’articolo principale si racconta la vita quotidiana, le discussioni e i problemi dell’accampamento di New York che si conclude sì con l’osservazione dell’invisibile confine tra attivista della classe media e senza tetto e punk e con la voce di chi  spera nell’arrivo dell’inverno per vedere assottigliare le fila di quanti «sono venuti solo per fare casino». Ma la parola finale è affidata a una docente della New York University: «è vero che ci sono tante persone con problemi di salute mentale, di alcool e di droga. Ma mica possiamo cacciarli via! Anche loro sono parte del 99%».


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