Economia

Dismissione aree agricole, una svolta a favore dei giovani

Cosa cambia con l'emendamento approvato

di Redazione

C’è voluta la piu’ grande crisi dal dopoguerra per chiudere finalmente anche in Italia l’epoca dello Stato contadino che ha sottratto terre fertili agli agricoltori che sono certo in grado di valorizzarli creando ricchezza e nuova occupazione a sostegno della crescita di cui il Paese ha oggi straordinariamente bisogno. È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare l’importanza dell’accoglimento nel maxiemendamento alla manovra approvata definitivamente dal Parlamento della proposta di Coldiretti di vendere le terre pubbliche prioritariamente ai giovani coltivatori avanzata al Forum di Cernobbio. Trecentotrentottomila ettari di terreni agricoli coltivabili per un valore di 6,2 miliardi di euro – ha sottolineato la Coldiretti – fanno parte del patrimonio pubblico che è oggetto del programma di dismissioni in una situazione in cui la disponibilità di terra è il principale ostacolo all’ingresso di giovani nel settore primario . La cessione di questi terreni – ha spiegato Marini – toglie allo Stato il compito improprio di coltivare la terra, rende disponibili risorse per lo sviluppo ma soprattutto ha il vantaggio di calmierare il prezzo dei terreni, stimolare la crescita, l’occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante per la crescita del Paese. E’ certo infatti – ha precisato Marini – che nessuno meglio degli imprenditori agricoli è in grado di valorizzare lavorando la terra e generare nuova occupazione. Il provvedimento – riferisce la Coldiretti – prevede che “entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, con uno o più decreti di natura non regolamentare da adottare d’intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, individua i terreni a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato”, “nonché di proprietà degli enti pubblici nazionali, da alienare a cura dell’Agenzia del Demanio”. Si prevede, peraltro, che la vendita avverrà “mediante trattativa privata per gli immobili di valore inferiore a 400 mila euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 400 mila euro”. Al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto – sottolinea la Coldiretti – il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli, così come definiti ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni. “Le Regioni, le Province, i Comuni possono vendere” “i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola” conferendo mandato irrevocabile a vendere – precisa la Coldiretti – all’Agenzia del Demanio che “provvede al versamento agli Enti territoriali già proprietari dei proventi derivanti dalla vendita al netto dei costi sostenuti e documentati”. Tra le diverse regioni il Piemonte secondo la studio della Coldiretti si classifica al primo posto per la disponibilità di terreni agricoli di proprietà pubblica con oltre 56mila ettari, segue il Lazio con 41mila ettari, Trento e Bolzano rispettivamente con 31mila e 24mila ettari, la Basilicata con 24mila ettari e la Lombardia con 23mila ma rilevanti proprietà ci sono anche in Campania (17mila ettari) e in Veneto (15mila). Dal Trentino alla Sardegna, sono diversi gli esempi di proprietà pubbliche sul territorio nazionale che potrebbero – spiega la Coldiretti – essere dismesse e vendute agli agricoltori, con benefici sia dal punto di vista delle finanze dello Stato che della stessa produttività delle aree. In Abruzzo un esempio è rappresentato dai tratturi, larghi sentieri erbosi, pietrosi o in terra battuta, nati dal passaggio delle greggi per la transumanza. Un patrimonio di strade naturali di circa 560 chilometri che da oltre trent’anni è stato trasferito alla Regione. Oggi alcuni dei tratturi rimasti – sottolinea la Coldiretti – sono ceduti in concessione quinquennale ai produttori agricoli per la lavorazione, mentre altri restano incolti. A tale proposito, Coldiretti ha presentato una proposta di legge per il trasferimento e l’alienazione dei fondi tratturali per passarli agli agricoltori e ai Comuni. In provincia di Trento sono censite quasi settecento malghe, la maggior parte delle quali di proprietà pubblica, che vengono utilizzate dagli allevatori per l’alpeggio. In Sardegna – rileva la Coldiretti – nella zona della Nurra (Sassari) ci sono due aziende agricole di proprietà della Regione, attualmente improduttive. I campi si estendono per circa 1.200 ettari e comprendono un centro aziendale con stalle, depositi, magazzini purtroppo fatiscenti a causa del prolungato inutilizzo. Nell’area l’Università di Sassari ha recentemente costituito un centro per lo studio e la tutela della biodiversità, ma gran parte delle superfici agricole restano di fatto incolte. In Molise il Convitto Nazionale Mario Pagano di Campobasso è proprietario di circa 200 ettari di terreni agricoli al momento affittati. Una situazione che accomuna anche molti comuni della regione, tutti proprietari di aree agricole più o meno estese le quali potrebbero essere vendute agli agricoltori. Anche la Toscana vanta un piccolo “tesoretto” di aree agricole di proprietà pubblica che potrebbero essere valorizzate. In tutto si tratta di oltre 2.500 ettari, con le aree più importanti rappresentate dalla Tenuta di Alberese (Grosseto), Cesa (Arezzo), San Rossore (Pisa).


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