Formazione

Che c’entrano con la legge di stabilità?

La Rete Disarmo ha scovato un comma nel maxi-emendamento per cui un'arma diventa da fuoco solo se in mano alle forze armate

di Redazione

Il Governo con un colpo di coda ha messo nel maxi-emendamento alla Legge di Stabilità una norma per abrogare il Catalogo Nazionale delle Armi Comuni da sparo. Lo denuncia la Rete Disarmo. La legge è stata approvata oggi dal Senato e sarà votato entro domani alla Camera.

Si tratta «di un ennesimo pezzo del tentativo di smantellare la struttura di controllo sulla diffusione (interna ed esterna) delle armi». Già a luglio infatti in Senato sulla stessa materia il senatore Casson (ex-magistrato) aveva citato i fatti di sangue di Oslo come ultimo approdo della spinta in corso verso una deregolamentazione senza nuove forme di controllo, con favorita la criminalità organizzata. Eppure lo stesso testo viene ora riproposto in una norma che invece dovrebbe occuparsi solamente di rimettere in piedi l’economia italiana entrata nella bufera e sotto l’attacco speculativo.

La posizione di Rete Disarmo (di cui fanno parte oltre trenta organismi impegnati sui temi del controllo degli armamenti) è sempre la stessa: aumentare gli standard di controllo dei trasferimenti di armamenti partendo dall’esperienza e dal buon impianto della legislazione esistente adeguandola alle normative internazionali. Il che significa sottoporre anche tutte le armi leggere alla legge 185/90 ed accogliere finalmente la posizione comune UE sui broker (i trafficanti) di armi.

Il nuovo emendamento vorrebbe anche far passare una modifica decisiva sulla definizione per legge di “arma da fuoco” e ricalca i contenuti di un comunicato del presidente dell’ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni), che aveva “dettato la linea” dicendo che “in relazione al Catalogo nazionale, pensiamo che l’attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata verso l’aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei riservando a forze e corpi armati dello Stato solo la categoria A (Armi da fuoco proibite), e considerando tutte le altre come armi consentite”.

«Su questi temi un’approvazione senza un vero confronto nelle competenti sedi istituzionali è sicuramente un rischio per la democrazia e la sicurezza – afferma Francesco Vignarca coordinatore della Rete – Tanto più che i dati degli ultimi anni, desunti proprio dalle Relazioni al Parlamento che la trasparenza delle attuali norme impone al Governo, dimostrano come siano costantemente cresciuti i trasferimenti di armi italiane all’estero».


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