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Governo Monti, ora si tratta

Sono cominciate le concertazioni tra i partiti sul nuovo governo Monti. Entro domenica l'incarico

di Lorenzo Alvaro

La politica ha cominciato a discutere. In vista del governo Monti sono iniziate le trattative tra e dentro ai partiti. Il Pdl appare spaccato in due, il Pd attende di capire che succede. Ecco come dipingono la situazione i principali quotidiani italiani.
 
In rassegna stampa anche:
AMBIENTE
ER PELLICCIA
CALCIO
MILITARI
 
Mentre quella di Mario Monti verso palazzo Chigi sembra una marcia trionfale, con Obama, il redivivo Tony Blair e il mondo finanziario tutto a dire che “L’italia ce la farà”, tengono banco i mal di pancia interni a PDL e PD rispetto a quello che si configura come governissimo. Che sul CORRIERE DELLA SERA fotografa l’editoriale di Pierluigi Battista: «Con il loro sì, anche se comprensibilmente sofferto e tormentato, il Pdl e il Pd imboccherebbero con grande coraggio una strada nuova e piena di incognite». Rivolte interne, prezzo politico da pagare agli elettori, un programma «impopolare e virtuoso» da attuare per il risanamento. Però, prosegue Battista, «si guadagnerebbero il merito storico di aver tirato su l’Italia dal precipizio in cui, mai come adesso, sta rischiando di cadere. Dimostrerebbero che la politica, la vituperata e bistrattata politica, è stata in grado per una volta, la volta più importante, di anteporre il bene comune agli interessi di bottega». Interessi cari, si diceva. “Pdl lacerato, Alfano mediatore. Spunta l’ipotesi di appoggio esterno. Ex An e socialisti non cedono. La Russa: esecutivo a tempo, voto nel 2012», la sintesi di p. 5 sul fronte Pdl, con un Berlusconi possibilista verso un governo Monti di larghe intese, anche se resta la tentazione di controproporre un ipotesi Dini («nulla è scontato», lascia trapelare Gianni Letta). A esporsi tra i big per il no al governo Pdl-Pd è Altero Matteoli: «Abbiamo litigato su tutto con il Pd: Come si governa? Non escludo spaccature». Gli risponde Maurizio Lupi: «Sì al governo di emergenza. Nel programma i 39 punti della BCE», e assicura: «non ci saranno scissioni». Attendista il Pd. La linea ufficiale è quella di “un esecutivo senza ministri politici”, una linea che, secondo il Corriere, mette al riparo Bersani da una fronda politica interna capeggiata da Matteo Renzi. Contro il governo tecnico Romano Prodi, che lo giudica «una sconfitta della politica», mentre Vendola media: «Un governo di emergenza non può che essere a tempo e con un immediato obiettivo: fronteggiare la crisi con una patrimoniale vera».
 
“Monti: un lavoro enorme da fare”. Titola così in apertura LA REPUBBLICA di oggi. Il punto sul caos nel Pdl è affidato alla penna di Liana Milella nl pezzo di pagina 4 intitolato “Solo in dodici nel nuovo governo, il Cavaliere si impunta: Voglio Letta”. Scrive la Milella: «Solo dodici ministri. Quelli col portafoglio. Più tecnici che politici…Questo si propone Monti, e questo piace al Quirinale. Ma questo scatena anche, soprattutto nel Pdl (ma non solo), una lotta aspra e a tratti disperata…Una condizione, su tutte, ha posto il Cavaliere. Che alla presidenza resti, come vice, l’attuale sottosegretario Gianni Letta. Al momento la sua istanza godrebbe del consenso del futuro premier e di quello di Napolitano. Il possibile ostacolo potrebbe essere di carattere
“familiare”, se a occupare l’altra poltrona di numero due a palazzo Chigi il Pd dovesse candidare un altro Letta, Enrico, che di Gianni è il nipote…Sistemato Letta, per Berlusconi si apre il caos sui ministri da riconfermare, con gli ex An in piena rivolta, visto che non solo rischiano di essere esclusi, ma si ritrovano in un governo in cui comanda l’odiato Fini. L’ulteriore incarico per Franco Frattini agli Esteri, Nitto Palma alla Giustizia e Raffaele Fitto agli Affari regionali già ieri cominciava ad apparire improbabile. Potrebbe salvarsi, in quanto di fresca nomina, Annamaria Bernini (Politiche europee).
 
Archiviato il titolo alto 10 cm di ieri, il SOLE 24 ORE torna alla sobrietà che lo caratterizza e apre con una notizia squisitamente economica: «Bot al 6%, ma lo spread scende» a riprova del gradimento dei mercati sull’ipotesi Monti. Quanto alle tattiche di partito e alla politica-politica, il Sole si affida come di consueto a Stefano Folli, che in prima pagina firma un commento dal titolo “Le insidie dei partiti”. Posto che «ci si aspetta che Monti recuperi il terreno perduto negli ultimi anni», e che il presidente del Consiglio in pectore sta già vivendo una «luna di miele» con il Quirinale e l’opinione pubblica, ma nei palazzi «si nascondono frizioni e inquietudini da non sottovalutare», perché nonostante la maggioranza a disposizione di Monti appaia larghissima, non si deve parlare di larghe intese ma di «convergenza senza veri accordi fra i partiti: un obbligo imposto dalle circostanze», dal quale Pdl e Pd cercheranno – secondo Folli – «tutele e garanzie sui nomi dei ministri». Ecco il vero pericolo: che i due schieramenti si impuntino su questo o quel nome, e «in questa fase il rischio dei veti incrociati può essere fatale».
 
LA STAMPA mette fin nel titolo della prima pagina la “battaglia nel Pdl” su Mario Monti prossimo premier, che nelle pagine interne diventa «il Big Bang del Pdl» con una enorme fotografia di pianeti, meteore e stelle cadenti, Alfano e l’area Cl che sperano si agganciare il Terzo Polo, «tutti gli altri che sostengono il contrario» e «gli irriducibili che tentano il colpo di coda del voto. Parole lusinghiere, invece, per Bersani nell’articolo di Federico Geremicca: «se dall’inizio della prossima settimana Monti siederà a Palazzo Chigi, molto lo si dovrà certo a Giorgio Napolitano, ma il rsto del merito sarà suo, dell’uomo che «mica siamo qua a smacchiare i leopardi». Perché per lui la rotta disegnata «ricorda da vicino un tentativo di suicidio», un «baratto» di una vittoria certa alle elezioni anticipate e senza primarie in nome del «vengono prima i pericoli a cui Berlusconi ha esposto il Paese». Nel totoministri La Stampa pone poi «una famiglia al governo», con Enrico e Gianni insieme dopo 15 anni di staffette. In realtà il taglio scelto dal quotidiano torinese è quello di chiedere, per dirla con Massimo Gramellini, «che a questo giro la politica scendesse dalla giostra, limitandosi a votare il Governo ma senza ambire a farne parte». Sarebbe «saggio, non solo decente», continua. Sarebbe «un atto di generosità ma anche una forma di espiazione per i disastri, i debiti e i benefici accumulati nei decenni», perché (mix del prossimo show di Fiorello e della Leopolda di Renzi) «il più grande spettacolo dopo il big bang berlusconiano non può ridursi al solito inciucio». E Michele Brambilla, sempre in prima pagina, parla del nuovo gruppo trasversale nato in Parlamento, «quello degli Irresponsabili. È purtroppo molto numeroso. Lo compongono quei deputati e senatori che in queste ore non pensano agli italiani che temono di veder svanire i risparmi di una vita, o di perdere il lavoro: pensano a quale soluzione sarebbe più conveniente per la propria bottega». In cima agli irresponsabili Brambilla ci mette Di Pietro e la Lega: il primo pensa che «il governo Monti sarà una pacchia per lui, che se ne starebbe fuori, facendo fare ad altri la partaccia di far fare sacrifici agli italiani, tra un anno e mezzo il suo partito raccoglierebbe alle urne i frutti del malcontento», mentre la Lega fa lo stesso ragionamento con l’aggravante di essere stata al governo per otto anni sugli ultimi dieci e «per pensare di rifarsi una verginità politica con un anno di opposizione ci vuole un bel pelo sullo stomaco».
 
AVVENIRE titola “Prima di tutto il Paese” «Forse domenica l’incarico al nuovo premier. Cala la tensione sui Btp. Coalizioni e partiti in fibrillazione, ma leader concordi sulla grande priorità». All’interno Giovanni Grasso firma “Bossi: meglio fuori. La Lega si sfila”. Spazio al caso Idv. Il leader del partito è nel mirino dei suoi elettori che non capiscono perché non voglia sostenere Monti. A questo si agiunge la notizia di Avvenire che titola “Il Pd col Pdl? Nozze tra maschi. E Di Pietro deve chiedere scusa”.
 
“Monti dei pegni” è il titolo di apertura del MANIFESTO che sottolinea nel sommario “Mario Monti sale sul Colle e si prepara a ricevere l’investitura per eseguire gli ordini della Bce e del Fondo monetario. L’Istat: in Italia cinque milioni di disoccupati reali. La Ue chiede di «fare di più sulle pensioni» e lancia l’allarme: in arrivo una nuova recessione” e sempre sull’abdicazione della politica è l’editoriale di Norma Rangeri “La mela avvelenata” in cui si sottolinea il problema dell’abdicazione della politica «L’applausometro al seguito del senatore Mario Monti, timoniere di un governo di emergenza nazionale dal Pdl al Pd, va di pari passo con la bordata di fischi contro le voci che invece indicano la via maestra delle elezioni. Non c’è tempo per i bizantinismi del Palazzo, meglio mettere tra parentesi la politica per dare tutto il potere all’economia (…)» e dopo aver ricordato le posizioni di Sole24Ore e Corsera osserva «(…) Come se essere super partes e impopolari fosse oggi l valore aggiunto, la chiave di volta necessaria per uscire vivi dalle macerie del belusconismo. Come se dopo il colossale spostamento della ricchezza del paese dal lavoro al profitto (…), eredità dell’ultimo quindicennio italiano, non fosse ancora giunta l’ora di chiamare al governo una politica, esplicitamente di parte, di quella parte che, altrimenti, sotto le macerie resterà sepolta. (…)». Dopo due pagine che guardano all’economia e al lavoro, alla pagine 4 e 5 si punta al risiko politico in atto. Un segnale è il fascione grigio che apre la pagina dove si legge “Monti Il senatore a vita «incaricato» oggi debutta a palazzo Madama. Il toto-ministri si fa ma non si dice. Bersani e Casini: siamo in emergenza, non è il momento” esplicito anche il titolo “Arriva il governo con tutti dentro” e il sommario spiega: “Il sì sofferto e condizionato di Berlusconi, la carica dei tecnici, lo strapuntino per il Pd, i vecchi ministri che magari possono restare. Il programma lo comunica la Casa Bianca” e non è da meno un secondo sommario “Il cavaliere prova a tenere unito il Pdl. «Al voto così perdiamo». Il ruolo di Giuliano Amato”. Un articolo che si occupa soprattutto del toto ministri con ipotesi che vanno dalla conferma di La Russa «la sua nomina imbarazzerebbe assai gli ex An schierati per il voto anticipato», sottolinea l’articolo che fa tanti nomi e per quanto riguarda il Pd scrive «(…)Pochi i candidati Pd e tutti pendenti alla destra del partito, dal vicesegretario Enrico Letta che rischia di trovarsi al governo con lo zio Gianni all’ex sindaco di Torino Chiamparino che potrebbe occupare le riforme o lo sviluppo economico al senatore Piero Ichino super favorito per il welfare (…)» Ma si osserva «(…) Il Pdl è spaccato in due». Mezza pagina 4 è dedicata a un ritratto di Mario Monti “Il Game Boy della politica italiana” che inizia osservando: «Il suo nome non trova quasi opposizione né a destra né a sinistra, fatto indisponente in un paese in cui non è stata nemmeno l’opposizione ad aprirgli la strada (…) La sua storia è lineare e binaria: interprete integerrimo delle regole di mercato, liberista perfetto come International Adviser della Goldman Sachs e come presidente della filiale europea della Trilateral Commission. Due istituzioni che non sono circoli di golf (…)» Pagina 5 si apre invece con “La foto strappata” titolo dell’articolo che punta l’obiettivo sul Pd, si legge «Con Monti, sebbene per un tempo determinato e per fare la patrimoniale, o contro Monti senza se e senza ma. Le strade della sinistra si potrebbero dividere di nuovo (…)» e nell’articolo si valuta la posizione possibilista di Sel che «benché forza extraparlamentare e quindi non impegnata a votare in parlamento il sì al governo di transizione è tormentato (..)» come quella della Federazione della sinistra che è per un no netto come per il Pdci «Ma dentro il parlamento, a parte la Lega, al momento c’è solo l’Italia dei valori” osserva l’articolo.
 
«C’è puzza di ribaltone» avverte l’occhiello in apertura della prima pagina de IL GIORNALE. L’appello del titolo è «Non svendiamo il Pdl». Il sommario spiega perché: «è immorale tradire 12 milioni di elettori berlusconiani». La posizione viene illustrata nell’editoriale del direttore Alessandro Sallusti: «Un possibile governo Monti piace tanto a Bersani, leader di un partito sonoramente sconfitto alle ultime elezioni. Piace tantissimo a Gianfranco Fini e Italo Bocchino, i mancati killer del Pdl e della maggioranza, usciti a pezzi dal complotto fallito. Piace molto al comunista Vendola che riporta così la bandiera rossa al potere, dopo che il drappo era stato stracciato dagli elettori. Piace a Obama, il presidente di sinistra che spera così di avere più peso in casa nostra. E allora è lecito chiedersi: ma perché mai dovrebbe piacere anche a noi, moderati e liberali?». Scrive ancora Sallusti: «Sento puzza di interessi e ambizioni private, di un patto col diavolo pur che sia». Per questo il quotidiano segnala la sua a decisione alla manifestazione «Votare subito nell’interesse del paese», organizzata da Giuliano Ferrara. Al centro della pagina una foto sul «totoministri»: Ichino, Amato, Finocchiaro, Buttiglione e Letta (Enrico). Titolo: «Se è questo il nuovo che serve». Mentre già parte il tiro al bersaglio nei confronti di Franco Frattini, definito in prima pagina «Il sopravvissuto». A lui è dedicato un ritratto firmato Giancarlo Perna: «Frattini e l’arte di cadere sempre in piedi». Perna rivela aspetti inediti, per i lettori del Giornale, della carriera del ministro: «Franco è un romano di 54 anni che passerebbe più tempo sulle Alpi che nel palazzo. È patito dello sci, specialità slalom, di cui è anche maestro federale. Quando può, è sulle nevi. Colpì tre anni fa la sua intervista tv, in tenuta Tomba, sullo scontro Israele-Gaza che lo aveva sorpreso in località alpestre. Il suo marchio, infatti, è farsi cogliere all’improvviso. Era in ferie alle Maldive quando la Russia invase la Georgia nell’estate 2008 e toccò a un sottosegretario sbrigare la bisogna. Cadde in fallo anche sulla Libia la primavera scorsa. Sulle prime – non riuscendo a raccapezzarsi – si schierò col raìs (che aveva tribolato a Roma sei mesi prima) dicendo: «Dobbiamo sostenere la riconciliazione pacifica». Tre giorni dopo, avuto un liscio e busso dalla Clinton, voleva cavare gli occhi a Gheddafi e cominciò ad auspicarne la fine con quotidiana insistenza». Al fu dalemiano Rondolino invece spetta il compito di criticare il Pd: «ora i compagni sposano la finanza: così la sinistra dura e pura tradisce la piazza col partito dei banchieri»
 
 
Su ITALIA OGGI apre le danze Marco Bertoncini a pagina due con un commento “Il partito del Cav è in fibrillazione“ «Accanto alle contrapposte valutazioni sul governo di larghe intese, stanno le  riflessioni di molti sul proprio personale destino e sulla via di uscita, più facile a sognarsi che non a trovarsi nella contorta realtà». A pag 4, il pezzo “Monti?, Si, ma con appoggio esterno” approfondisce le tattiche di Alfano e Berlusconi per evitare che il Pdl imploda. La prospettiva che auspica il Cav  è quello di un appoggio esterno a un governo di soli tecnici. Lega e Di Pietro invece cercano di smarcarsi. Il pezzo “Di Pietro e Bossi, due no a Monti” spiega perché i due partiti devono distinguersi sia dagli avversari e dagli alleati. «Partecipare a una sorta di compromesso storico significherebbe entrare in una melassa nella quale si confonderebbero, senza vantaggi».
 
E inoltre sui giornali di oggi:
AMBIENTE
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per “L’Edf condannata: «Spiava Greenpeace»” e pagina 8 è quasi interamente dedicata a raccontare come per il tribunale francese di Nanterre la compagnia elettrica francese Edf sia «complice di spionaggio e hackeraggio». L’articolo si conclude osservando come il fatto che Edf si sia ridotta all’uso di tecniche illegali per contrastare un movimento di opinione «che ha sempre operato in modo pacifico e all’interno delle regole democratiche, dimostra ancora una volta che non è in grado di difendere la scelta nucleare in altro modo».
 
ER PELLICCIA
LA STAMPA – Fabrizio Filippi, il giovane fotografato mentre lanciava un estintore negli scontri di Roma, è stato liberato. «Mi sono sentito come in un film di Fantozzi, era tutto finito, tutti erano scappati e io ero rimasto lì solo con quel maledetto estintore, fregato da una fotografia e dalla mia stupidità». Dice di aver «fiducia nella giustizia ma non voglio pagare per le colpe di altri».
 
CALCIO
LA STAMPA – Domenica gli azzurri giocheranno a Rizziconi, in Calabria, su un campo confiscato alla mafia. L’invito è arrivato da don Ciotti, di Libera. Su quel terreno che la ‘ndrangheta pensava di trasformare in discarica giocano oggi 130 bambini, grazie a Renato Naso, collaboratore scolastico con l’hobby del calcio. Il terreno è stato confiscato nel 1994, nel 2003 il campo di calcio era pronto, ma fino al 2007 nessuno ha osato prenderlo in mano, in un Comune che è commissariato praticamente dal 2002. Don Pino De Masi, coordinatore di Libera in Calabria, ricorda come il giorno della seconda inaugurazione del campo, nel 2003 l’autista dello scuolabus che doveva portare lì i bambini si è “casualmente” ammalato e le imprese di pulizia si rifiutavano di prendere il lavoro.
 
MILITARI
LA REPUBBLICA – Alle pag 32 e 33 inchiesta sul nostro esercito. “La macchina militare ingoia ogni anno 27 miliardi di euro: quattro volte il fondo ordinario delle università. Ma alle spalle dei 12mila soldati d’eccellenza impegnati dall’Afghanistan al Libano,  c’è un elefantiaco apparato di 190mila addetti che non collima né con le esigenze strategiche né con le logiche di bilancio”.


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