Salute

L’eterologa non è un diritto

Lo stabilisce la Corte di Strasburgo, pronunciandosi su due casi austriaci

di Redazione

La Corte di Strasburgo, esprimendosi sul ricorso di due coppie austriache, ha dichiarato che vietare la fecondazione assistita eterologa non viola i diritti fondamentali dell’individuo (nello specifico la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo). Nell’aprile 2010 il giudizio era stato favorevole agli appellanti (cinque giudici contro due), ma il successivo ricorso dell’Austria, supportata da Italia e Germania, ha portato alla sentenza di ieri, opposta rispetto alla precedente.

“La Corte di Strasburgo ha dichiarato illegittima la fecondazione artificiale eterologa” ha commentato Lucio Romano, copresidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita.  “Nella fattispecie, – continua Romano – il divieto di fecondazione eterologa pone le sue basi sulla necessità di tenere conto che la “dissociazione” di maternità e di paternità, propria della tecnica, crea dei rapporti del tutto diversi rispetto a quelli che si determinano con l’adozione. La Corte evidenzia in maniera inequivocabile la prevalenza di un principio fondamentale del diritto: la certezza dell’identità genitoriale”.

Di opposto parere Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni: «La sentenza appare altamente lesiva della libertà di ogni individuo di costruirsi un nucleo familiare. Sostiene che non c’è stata violazione dell’articolo 8 – diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte allora spieghi come possono queste due coppie nel loro Paese dare vita ad una famiglia. Dov’è il rispetto del desiderio genitoriale?»·

E continua: «La Corte sostiene anche che comunque la legislazione austriaca non vieta di recarsi all’estero per effettuare una fecondazione in vitro. Questo si chiama induzione al turismo procreativo. In Austria no e altrove si? La Corte in sintesi ha sentenziato ipocritamente».

In un comunicato stampa il sottosegretario Eugenia Roccella ha dichiarato che la sentenza «è l’ennesima conferma della saggezza e lungimiranza della nostra legge 40. La fecondazione eterologa, infatti, ha aperto, nei paesi in cui è stata ammessa, molte e gravi questioni: da quelle sul piano dei rapporti genitoriali e di parentela (pensiamo ai “donatori multipli”),  a quelle della legittima ricerca delle proprie origini da parte dei nati con questa tecnica; dallo sfruttamento di giovani donne bisognose, indotte a vendere i propri ovociti  con gravi rischi per la salute, a problemi sanitari legati alla tracciabilità del materiale biologico».


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