Mondo

La tragedia greca

Papandreou annuncia un referendum sugli aiuti europei e le borse crollano

di Lorenzo Alvaro

In un’Europa dominata dalla finanza, da bund, spread e btp, il leader greco Papandreou è l’unico che è tornato a dare voce alla politica e alla gente. Gli effetti sono quelli di ieri: profondo rosso. Ecco le reazioni all’annuncio del referendum greco e all’ennesima giornata di borse a picco dei principali quotidiani italiani

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ABORTO
 
Il precipizio in cui stanno rotolando l’Europa e la sua moneta viene letto, dal CORRIERE DELLA SERA, da una prospettiva quasi unicamente italiana. “Crolla la Borsa, ultimo avviso di Napolitano”, è il titolo a tutta prima pagina. “Nota del Presidente: misure subito, verificherò se c’è larga condivisione delle scelte. Vertice di Berlusconi con i ministri, ancora nessuna decisione. Oggi nuovo incontro”, snocciola i temi in gioco il sommario. Duro l’editoriale del direttore De Bortoli, che addossa la responsabilità politica del crollo di Piazza Affari alla nulla credibilità di Berlusconi, e ne chiede le dimissioni: «Il tempo di Berlusconi è finito. La resistenza del Cavaliere non ha più senso. Rischia di travolgere il suo partito – che dovrebbe spingerlo a lasciare – e soprattutto il Paese. La crisi è economica, ma anche politica, legata alla sua persona». Sulla decisione della Grecia di sottoporre a referendum le misure anti-default concordate con la Ue un richiamo in prima pagina e l’approfondimento alle pag. 10 e 11. “Il premier Papandreou ha giocato la carta più rischiosa puntando tutto sulla consultazione popolare. Ma la gente è sfibrata, il 60% ora voterebbe per il no”, sintetizza il quotidiano. Da Bruxelles l’analisi delle reazioni Ue: «Il referendum rimette in discussione i patti interni e quelli con l’Europa, porta  a una nuova ondata di destabilizzazione nella zona Euro: anche se vincerà il sì, perché prima vi saranno settimane o mesi di precarietà. Il referendum è come rovesciare i tavoli, e su quei tavoli sono appena state posate decine di miliardi. Se davvero questo accadrà, se ad Atene si voterà e se vincerà il no, non si potrà escludere che la Grecia vada in bancarotta», è il pensiero-minaccia che gira nei palazzi dell’Unione. A riportare la barra sulla vera questione in gioco, la sfida finanza-politica, ci pensa l’ex presidente Consob Guido Rossi, intervistato da Massimo Mucchetti a pag. 13. Spunti importanti: «Mercati e democrazia non vanno d’accordo tanto facilmente. La moneta ha conquistato la politica per farle ridisegnare a suo piacere i mercati. Ma siccome ha promesso e non consegnato il benessere generale, la politica si ribella. Questo corto circuito l’aveva già intuito Condorcet nel ‘700. Rieccolo». «La lettera della Bce all’Italia segnala il predominio della moneta sulla politica. Ma quando il punto centrale è il riequilibrio dei flussi della ricchezza, la politica non può essere delegata alla Bce, che ha per scopo istituzionale la stabilità dei prezzi e degli intermediari». «L’attuale sistema ha raggiunto il suo limite e scopre l’inganno politico dell’ideologia del libero mercato come deregulation, che pose fine alla golden age roosveltiana».
 
“Borse nel panico, Napolitano in campo”: è l’apertura de LA REPUBBLICA che nel sommario aggiunge: “La Grecia affonda i mercati. Il Quirinale: serve una nuova prospettiva di larga condivisione”. Al lungo giorno e frenetico dell’euro si dedicano le prime due pagine interne, con tanto di cronogramma della fibrillazione. Nel primo giorno di lavoro da presidente della Bce, Draghi ha dovuto fare i conti con il ballo delle streghe, scrive Maurizio Ricci, e con un su e giù impressionante che ha visto, fra l’altro, andare al tappeto le banche italiane (Intesa meno 15%, Unicredit meno 12, MdP meno 10) e la Borsa milanese bruciare 22 miliardi. “L’Europa processa la Grecia” è invece il titolo del pezzo di Ettore Livini: la crisi greca torna a trasformarsi in tragedia. Il primo ministro decide di indire un referendum per chiedere alla popolazione se si sta a essere tartassata e i mercati vanno in tilt e l’Unione europea, in prima fila Merkel e Sarkozy, reagisce malissimo. «La scelta di Papandreou è piovuta sul vecchio continente e sui mercati come un fulmine a ciel sereno», scrive Livini. La bocciatura dei piani Ue (cui sarebbe contrario il 65% dei greci) sarebbe un terremoto e il governo, privato del sostegno comunitario, dovrebbe dichiarare bancarotta. È la stessa posizione dello scrittore Petros Markaris: «Doveva farci dire la nostra due anni fa, quando ha consegnato le chiavi della Grecia al Fondo monetario e alla Ue senza preoccuparsi assolutamente di cosa ne pensassimo noi… Così è un suicidio politico. Ha convinto i socialisti a mandar giù di tutto. I suoi compagni si sono turati il naso votando provvedimenti iper-liberisti dettati dalla Troika. E alla fine, quando il traguardo era dietro l’angolo, lui ha fatto questa marcia indietro inspiegabile». Per quanto riguarda il Belpaese, la politica ieri non è stata ferma. Napolitano ha sottolineato che «sono ormai improrogabili decisioni efficaci» da parte del governo e che sente «il dovere di verificare le condizioni per una larga condivisione delle scelte che l’Europa ci chiede». Di fatto, scrive Claudio Tito nel suo retroscena, «Napolitano scende in campo». In corso consultazioni informali con le opposizioni, dopo che Berlusconi avrebbe promesso di reagire immediatamente alla crisi («Domani approveremo il primo pacchetto di interventi. Possiamo andare avanti senza incertezze» ha detto il premier al Presidente nel colloquio di ieri). Anche le imprese e le banche non sono state a guardare. Tutte le associazioni imprenditoriali (compresa Alleanza delle cooperative) hanno nuovamente chiesto una rapida approvazione di nuove misure (prima del G20 di Cannes) o le dimissioni dell’esecutivo. Come pure i partiti di opposizione che premono per un governo di larghe intese. Berlusconi ostenta sicurezza ma anche ieri ci sarebbe stato uno scontro con Tremonti che gli avrebbe detto: «il problema sei tu». “La salvezza del Paese”, infine, è il titolo dell’editoriale del direttore, Ezio Mauro. «Bisogna prendere atto che questo governo rischia di vanificare le misure pesanti che l’Europa indica come necessarie. C’è una crisi evidente di maggioranza, di leadership, ma soprattutto di credibilità. È per queste ragioni (i mercati a picco, l’Europa che preme, il governo impotente e diviso) che ieri si è mosso Napolitano. Ha chiesto decisioni efficaci e immediate. Ha preso atto che Berlusconi vuole andare avanti, con la sua maggioranza sbandata: ma ha constatato che le opposizioni – con Bersani e Casini, e anche Di Pietro – sono pronte a fare la loro parte e ad assumersi le loro responsabilità davanti a un governo diverso, di salvezza nazionale».
 
“Vola lo spread, Italia sotto tiro” è il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE di oggi con una foto del premier greco Papandreou sovrastato da una serie di freccine in picchiata con i valori delle principali borse mondiali. La crisi economico finanziaria occupa le prime venti pagina del giornale. Il tema referendum greco trova spazio a pagina 15, con un’analisi di Vittorio Da Rold dal titolo “Una mossa spericolata che danneggia l’Europa”: «Il premier greco, uomo metodico e razionale, educato alla scuola del pragmatismo americano, subisce da due anni e mezzo gli attacchi furiosi e demagogici di un suo ex compagno di università, Antonis Samaras, leader di Neo Dimokratia, il partito conservatore all’opposizione, nonché principale responsabile con l’ex premier Costas Caramanlis dei trucchi contabili nei conti pubblici. Samaras accusa da mesi Papandreou di aver svenduto il Paese alle richieste della Ue e chiede di rinegoziare i termini degli accordi. Chiede inoltre di ridurre le tasse, abbassare le imposte alle imprese sullo stile irlandese come unica via per tornare alla crescita e chiude sempre i suoi discorsi chiedendo nuove elezioni, sicuro di vincerle piene mani. La richiesta di Papandreou di indire un referendum lo spiazza perché deve uscire allo scoperto e dire se è con l’Europa o contro. A questo punto Samaras è stato costretto a chiedere al presidente della Repubblica Karolos Papoulias di bloccare il referendum e indire elezioni anticipate. Papandreou è riuscito a mettere in difficoltà i suoi avversari interni, il ministro delle Finanze Evangelos Venizelos, che è stato addirittura ricoverato in ospedale alla notizia del referendum, e quelli esterni, Antonis Samaras, che ora deve abbassare i toni e difendere il piano europeo. Una mossa fuori luogo dettata da motivi interni con enormi conseguenze per l’Europa». Sul fronte della politica italiana, segnalo il commento di Stefano Folli “Il Parlamento da coinvolgere”: «Un segnale di grande novità e di serietà sarebbe, ad esempio, un passo del presidente del Consiglio verso i leader dell’opposizione, da Bersani a Casini, prima o dopo il G-20. Un colloquio, uno scambio di idee, una mano tesa: sarebbe il modo migliore per dare all’opinione pubblica l’idea di una classe politica all’altezza della sfida comune. Nessuno rinuncerebbe alle proprie posizioni, ma si riconoscerebbe che l’Europa rappresenta il destino comune. In tal senso e in nome di questi principi il presidente della Repubblica si attende anche dal centrosinistra e dal “terzo polo” un po’ di coraggio e di audacia. Il coraggio e l’audacia di condividere in tutto o in parte le misure dell’agenda europea. È già accaduto la scorsa estate. Perché non può accadere ancora? È comprensibile, anzi è ovvio che l’opposizione chieda a gran voce le dimissioni del Governo, tuttavia i provvedimenti per l’Europa, promessi nella famosa “lettera d’intenti”, hanno una loro urgenza e corrono su di una sorta di corsia preferenziale. Salviamo l’Italia, sembra dire il capo dello Stato, e dopo sarà tutto più facile. Anche approdare a un equilibrio politico diverso dall’attuale, se così vorrà una maggioranza parlamentare. Dopo sarà possibile presentarsi ai partner con maggiore credibilità. Ma è evidente che questo potrà avvenire solo se oggi ognuno avrà fatto il proprio dovere verso l’Europa. A cominciare da un premier logorato e colpevole di molti errori, da cui è lecito attendersi un gesto di generosità, ossia il ritiro, dopo gli ultimi appuntamenti europei. Ma senza ignorare le responsabilità di un’opposizione spesso latitante e miope. Ecco perché la richiesta al Governo di venire in Parlamento può favorire la svolta. Viceversa, reclamare un esecutivo di emergenza senza voler contribuire prima ad approvare le misure in agenda rischia di essere solo un’astuzia tattica».
 
LA STAMPA, che titola “Borse choc, l’Italia deve reagire”, apre con “il martedì nero dei listini riportando un numero prima del titolo: 219 miliardi di euro, ovvero la capitalizzazione bruciata ieri delle Borse europee di cui 22 miliardi a Milano. A pagina 8 un primo piano sulla Grecia: “Papandreou difende il referendum. Ma il governo rischia”: si gioca tutto venerdì alla Voulì, il Parlamento ellenico ha detto il premier greco, quando ci sarà il voto di fiducia. Poi si andrà verso il referendum con cui la popolazione si esprimerà sugli accordi tra Grecia, Ue e Fmi. C’è chi parla di suicidio politico e chi  di un colpo di genio. Il corrispondente de La Stampa da Bruxelles intanto scrive che l’Europa è stata «spiazzata» dal gesto di Atene.

«Caos Grecia, ma Papandreou tira dritto»: Questo il titolo a nove colonne di AVVENIRE a pagina 7. Nell’articolo tuttavia si sottolinea che il caos, parola proprio greca poi adottata da tutto il mondo, potrebbe essere preludio di qualcosa di grave, come un golpe. «Nell’Ellade si è scatenato l’inferno», nota Marta Ottaviani, che riporta le critiche a Papandreou per non aver considerato gli effetti della sua fermezza sul governo, con il rischio che tutto si sfasci anche vista la risicata maggioranza in Parlamento. Se il piano del presidente fosse bocciato e la Grecia andasse alle urne ci sarebbe «un nuovo periodo di scioperi e contestazioni, peggioramento economico, incertezza sui mercati e sentiero minato per il nuovo esecutivo». Se invece ce la fa, sarebbe l’inizio di un’altra tragedia, visto che il referendum indetto per gennaio vedrebbe probabilmente il trionfo dei «no» e quindi il ritorno probabile alla dracma. Insomma, «una situazione allo sbando».
 
Tutta dedicata all’euro, alla decisione greca e all’emergenza delle borse la prima pagina del MANIFESTO che dedicata il titolo di apertura proprio al referendum greco: “Magna Grecia”, titola infatti e nel sommario si legge: “Il premier greco Papandreou annuncia un referendum sul piano Ue e le borse crollano. Affossati i titoli bancari, l’Italia maglia nera perde il 6,8%. L’Europa collassa alla vigilia del G20, crescono le proteste contro l’austerity” e proprio alle manifestazioni anti-G20 a Nizza è dedicata la fotografia d’apertura. Alla situazione europea sono poi dedicate le pagine 2 e 3. Altri richiami fanno invece riferimento ad articoli di approfondimento dedicati allo “strappo di Atene” e alla situazione di Grecia “Perché l’Europa teme il referendum” a Italia “Un fronte comune, insieme ai Pigs”. Alle ricadute interne è dedicato invece l’editoriale di Micaela Bongi “L’ultimo bluff”. Scrive: « Sul governo Berlusconi cala il sipario. È bastata meno di una settimana per confermare che la lettera “di intenti” portata a Bruxelles dal presidente del consiglio, nonostante le disperate riscritture dell’ultimo minuto nel tentativo di recepire le indicazioni dell’Europa, non era la soluzione richiesta (…) Quasi tutti però si aspettano e temevano, compreso Silvio Berlusconi, la reazione negativa dei mercati (…)» e ancora sulla situazione del governo italiano si osserva «Ma più le notti passano con l’attuale presidente del consiglio a palazzo Chigi, più la situazione si aggrava. E le schegge impazzite del governo – il ministro Maurizio Sacconi che prova a buttare lì l’allarme terrorismo per vedere l’effetto che fa – aggiungono solo un tocco grottesco. Il sipario ore sembra davvero calare (…)». Alle ricette anti-crisi è invece dedicato il commento di Galapagos “Ma conviene morire per l’euro?” che inizia in prima e continua a pagina 4 che con la 5 è dedicata all’analisi della situazione italiana. Scrive Galapagos: « “È l’Italia la vera bomba a orologeria”, sostenne Hans-Olaf Herkel in una intervista all’Espresso un mese fa. L’ex presidente della Confindustria tedesca non è un pasionario dell’euro (giudicato “un folle kamikaze”) e da sempre è critico verso la moneta unica, ma con argomentazioni serie e non alla Berlusconi (…) Certo le condizioni di fondo dei paesi in crisi sono diverse: l’Italia non è la Grecia, la Spagna o il Portogallo, ma la struttura produttiva è rimasta parzialmente arretrata e dicotomica (…)» e prosegue: «(…) L’uscita dalla moneta comune è una mossa disperata. E disperata è la mossa (tardiva) di Papandreou di chiedere (finalmente) al popolo greco (al quale per legge ha imposto di tutto, meno che la giustizia sociale) che cosa preferisce fare. In Italia i sacrifici che saremo chiamati a fare (in parte già li stiamo pagando) in caso di permanenza nell’euro non sarebbero inferiori a quelli imposti ai greci. Attenzione: non sto sostenendo “chi se ne frega del debito”, ma che non c’è garanzia che dai sacrifici imposti possa sbocciare un nuovo fiore, uno sviluppo armonico (…) Insomma, serve una svolta: purtroppo non può arrivare solo dalle dimissioni di Berlusconi, Tremonti e Frattini e dalla nascita di un governo tecnico. Anche se è sicuro che se ne debbano andare per manifesta “incapacità”» e conclude: «(…) Berlusconi nelle sue dichiarazioni è spesso inopportuno, ma la sua accusa all’euro per certi versi non era fessa. L’euro ha prodotto alcuni ottimi risultati, ma ha anche distrutto l’autonomia degli stati che – da sempre – vedeva al primo posto il principio di “battere moneta”. Oggi siamo al punto di svolta: morire per l’euro non conviene (…) Insomma, non si può morire per la maggior gloria della salvezza delle banche e del profitto».
 
IL GIORNALE apre in prima con il titolone “Ultimatum di Napolitano”. Più in basso una foto dell’ingresso della Borsa di Milano e il titolo “Maledettissima Grecia. Le borse vanno a picco”. L’articolo relativo è di Nicola Porro che scrive «Se ieri, dopo la bomba greca, al posto di Berlusconi ci fosse stato un premio Nobel dell’economia a Palazzo Chigi, non sarebbe cambiato un accidente. Se il governo Berlusconi avesse fatto tutte le riforme promesse, ma proprio tutte, ieri i mercati avrebbero venduto ugualmente i titoli di Stato italiani». L’editoriale invece è del direttore, Alessandro Sallusti, che invita a “non fare come la Grecia“. Il teorema del pezzo è semplice: «Per non fare la fine della Grecia è indispensabile non comportarsi come la Grecia. Cioè dimostrare di essere politicamente uniti contro un nemico comune quanto misterioso (la speculazione finanziaria), cioè avere parti sociali (sindacati in primis) che non alzano muri per impedire riforme salvifiche». Per sottolineare una volta di più che è tutta colpa dei greci a pagina 4 il quotidiano propone “Un referendum sugli aiuti. La Grecia terremota l’Europa”.  
 
“Non c’è tempo da perdere” apre così ITALIA OGGI. Questo il sottotitolo: “Dopo il referendum della Grecia la situazione precipita. L’Italia non può più tergiversare. Napolitano: il governo agisca subito. Da segnalare la consueta rubrica di Paolo Panerai “Orsi e Tori”. Panerai replica a un editoriale di Mario Monti sul Corriere della Sera in cui accusava Berlusconi  di incompetenza per il suo attacco all’euro. Ecco dunque Panerai: «…l’euro non è una moneta vera…grazie all’insipienza di chi domina in Europa, Germania o Francia, poco conta esistono tanti euro quanti sono gli stati membri: esistono l’euro-lira, l’euro-dracma, l’euro-franco, l’euro-marco, ecc anche perché non si è mai vista una moneta che abbia diversi tassi di interesse come invece capita all’euro». “I nodi del patto europeo stanno venendo al pettini” invece è il titolo del Punto di Sergio Soave: «Il caso della Grecia, che aveva all’origine un peccato di falsificazione dei dati contabili nazionali, è diventato il terreno di un braccio di ferro tra istituzioni europee che sotto la guida tedesca chiedevano misure sempre più pesanti e un governo che dopo aver accettato quasi tutto ha alla fine dovuto dare la parola ai cittadini, che decideranno se è più pericoloso il fallimento nazionale con conseguente uscita dalla moneta unica o il carico di sacrifici imposti dalla terapia europea. In questo modo, non decidendo mai in modo definitivo, si sono create le condizioni che rendono improbabile il salvataggio di quel che resta del debito greco dopo il suo abbattimento forzoso e che, contemporaneamente, determinano una sfiducia generale nella moneta europea che si traduce in clamorosi crolli dei corsi borsistici. L’Italia oggi si trova al centro di questa spirale e deve fare tutto quel che può per uscirne con le sue forze. Vendere patrimonio in modo consistente per abbattere il debito in modo avvertibile è la prima esigenza, ridurre la spesa corrente per non dover eccedere in inseverimenti fiscali che renderebbero ancora più difficile un ripresa viene per importanza subito dopo».   

E inoltre sui giornali di oggi:
 
ABORTO
AVVENIRE – «Obama e mondo cattolico ai ferri corti sull’aborto»: a pagina 21 Avvenire dà conto di un braccio di ferro tra la Conferenza episcopale e il presidente in seguito alla decisione di quest’ultimo di dirottare i fondi prima destinati alle organizzazione cattoliche che assistono le prostitute ad altre organizzazioni, attive nello stesso campo, che però forniscono alle vittime della strada la possibilità di abortire. I vescovi hanno annunciato una causa per discriminazione di un gruppo non profit sulla base della sua religione, anche perché una commissione indipendente istituita all’interno del ministero della Salute aveva giudicati i progetti cattolici di più alta qualità, raccomandandone il finanziamento; il governo però ha deciso di ignorare la raccomandazione.


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