Economia

Vero e falso biologico: i cosmetici, per esempio

Il mondo del biologico attacca: molte aziende cosmetiche, come Nivea, si definiscono bio anche se non lo sono

di Gabriella Meroni

«Basta una confezione verde per essere sicuri che il nostro shampoo sia naturale? Basta una scritta sulla scatola per stare certi che la crema per il corpo sia bio? Molti consumatori attenti già sospettavano di no; oggi uno studio inglese condotto da Organic Monitor ne dà la certezza». Inizia così un articolo pubblicato dal sito greenplanet.net (che a sua volta si riferisce al blog di certificatori http://web.ccpb.it/blog) in cui si attacca l’arcinota crema Nivea, e in particolare la linea Nivea Pure & Natural, lanciata nei mesi scorsi come contenente «ingredienti naturali, derivanti da coltivazioni biologiche», come Bio Olio di Argan e Bio Aloe Vera.

La ricerca di cui si parla nell’articolo è intitolata “Natural Cosmetics Brand Assessment”, e prende in esame 50 prodotti di marca che si definiscono naturali o biologici, analizzandone gli ingredienti e assegnando loro un punteggio in base a criteri scientifici di “naturalità”. «I criteri di valutazione indicavano con 9-10 punti le marche certificate biologiche, con 4-7 punti i cosmetici naturali puri, con 3 i cosmetici semi naturali, con 1 quelli convenzionali», spiega greenplanet.it. «Dispiace ma non sorprende scoprire che molti dei cosmetici promossi come naturali o addirittura biologici abbiano ottenuto i punteggi più bassi».

«E la truffa ai danni del consumatore è ben orchestrata», continua il sito, perché «non si tratta di vere e proprie bugie, ma di mezze verità. Alcuni marchi promuovevano i loro cosmetici per la pelle come biologici solo perché la formula conteneva oli essenziali bio. Altri mettevano il marchio della certificazione biologica sulla scatola avendo in realtà certificato solo l’ingrediente principale. Alcuni addirittura definivano biologici i cosmetici solo perché alcuni ingredienti erano naturali (e comunque non certificati). Una babele di false etichette, detti e non detti, suggestioni senza riscontro. Così si prende in giro chi compra, si risparmia e si fa bella figura».

Passando agli esempi di questa pratica – eticamente scorretta ma non punibile per legge – si cita «un caso eclatante, quello dell’arcinota Nivea». Secondo Fabrizio Piva, amministratore delegato di CCPB, organismo di controllo e certificazione che opera prevalentemente nel settore del biologico, «questa azienda, che è una delle maggiori d’Europa, ha prodotto una linea cosmetica che ha definito biologica ma che non ha nessun tipo di certificazione né di standard che permetta di definirla tale. In questo modo si arriva ad un Far West del biologico che non solo non tutela i consumatori ma limita anche le possibilità di crescita del settore».


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