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Licenziamenti più facili per i «fannulloni»?

Ci sta pensando il governo di Cameron, che ha commissionato un rapporto segreto per valutare i costi della misura taglia-fannulloni

di Gabriella Meroni

I dipendenti inglesi «improduttivi» – per dirla alla Brunetta, i «fannulloni» d’Oltremanica – potrebbero perdere il diritto di fare causa al datore di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa. È questa la proposta-shock contenuta in un rapporto segreto commissionato dal governo di David Cameron e scoperto dai mass media inglesi.

Lo studio – realizzato su richiesta del primo ministro in persona – sostiene che il licenziamento dei «pigroni» porterebbe all’assunzione di personale più capace, con effetti positivi sulla crescita economica. Il Daily Telegraph, che ha messo le mani sul testo, ne ha pubblicati alcuni passaggi. Vi si legge che secondo le regole attuali «molti lavoratori si permettono di vivacchiare sul posto di lavoro» contando sull’impossibilità di essere licenziati. Downing Street da parte sua ha replicato definendo «improbabili» modifiche alle regole sul licenziamento senza giusta causa. Attualmente, i lavoratori che si sentono ingiustamente licenziati possono presentare un ricorso dopo aver maturato almeno 12 mesi di anzianità.

Ma chi è l’autore del rapporto, che non avrebbe mai dovuto essere pubblicato? Si tratta di Adrian Beecroft, un venture capitalist generoso finanziatore del partito dei Tories, interpellato da un governo, quello di Cameron, che ha già più volte annunciato di voler mettere mano alla legislazione sul lavoro e ha già varato nuove misure tese a ridurre il numero delle cause di lavoro contro i licenziamenti: da aprile 2011 il periodo di assunzione necessaria per poter inoltrare una causa di lavoro è stato infatti portato a due anni.

Il rapporto Beecroft però va oltre, ipotizzando l’eliminazione totale della possibilità di ricorrere in tribunale contro l’ingiusto licenziamento, una possibilità di cui secondo lo studio i lavoratori «abusano», specie nel settore pubblico. «I lavoratori incapaci sono lasciati vivacchiare», è un altro passaggio del testo rivelato dal Daily Telegraph, e «le aziende hanno paura di assumere nuovo personale che potrebbe poi rivelarsi un’incognita impossibile da eliminare». Sempre secondo il giornale, l’ultima versione del documento (del 12 ottobre 2011) sostiene che il problema principale per le aziende britanniche è «il devastante impatto delle attuali regole sul licenziamento con giusta causa sull’efficienza e quindi sulla competitività del nostro sistema, e sull’efficacia e sui costi della pubblica amministrazione». Non è finita. Ecco un altro passaggio: «Le attuali regole rendono difficile dimostrare che un dipendente merita il licenziamento. Il procedimento per dimostrarlo è talmente lungo e complesso che spesso non si intraprende neppure. Per questo per i dipendenti è troppo facile sostenere di essere stati ingiustamente licenziati e ottenere così cospicui risarcimenti».

Il premier Cameron e i ministri stanno esaminando il rapporto, riferisce la Bbc, alla quale fonti del governo hanno però assicurato che nessuna decisione è stata presa e che anzi «difficilmente le regole sulle cause di lavoro verranno modificate». E un ex ministro liberal ha dichiarato sempre alla Bbc (in cambio dell’anonimato) che un’eventuale riforma in tal senso potrebbe minare la fiducia dei lavoratori e determinare instabilità sul mercato del lavoro. Per i sindacati il documento «fa inorridire i lavoratori».

In Gran Bretagna lo scorso anno sono state depositate meno di un milione di richieste di risarcimento per ingiusto licenziamento, e tra 2010 e 2011 l’intera mole delle cause di questo tipo ha determinato un costo di oltre 84 milioni di sterline, secondo i dati diffusi dal ministero della Giustizia. Oltre l’80% delle richieste di risarcimento, inoltre, non sono mai arrivate davanti a un giudice del lavoro: in quattro casi su dieci, infatti, sono state ritirate dagli stessi richiedenti.


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