Politica

L’Italia non spende i soldi stanziati da Bruxelles

Solo il 20% dei fondi sono stati usati per la salvaguardia dei boschi

di Redazione

In Italia ci sono 10,6 milioni di ettari di boschi e foreste, oltre il 50% è abbandonato e versa in uno stato di degrado che espone il territorio al forte rischio di sviluppare incendi, i cui effetti sono amplificati dalla mancanza di manutenzione, e di gravi dissesti idrogeologici. È l’allarme lanciato da Fedagri-Confcooperative, in occasione dell’assemblea annuale del settore forestazione in corso ad Orsara di Puglia, in provincia di Foggia.

“La superficie boschiva nazionale è pari al 34,7% dell’intero territorio – afferma il presidente di Fedagri Maurizio Gardini – . Una percentuale superiore a quelle di paesi tradizionalmente considerati ‘verdi’ come la Germania (31%) o la Francia (28,6%). Inoltre boschi e foreste italiane risultano in costante espansione, visto che negli ultimi 25 anni sono aumentate del 19% in termini di superficie”.

Lo stato di conservazione di questo patrimonio che potrebbe rappresentare una grande opportunità dal punto di vista economico, sociale e ambientale, è insoddisfacente e inadeguato e in più della metà dei casi si è in presenza di totale abbandono, poiché risultano irreperibili i proprietari privati dei terreni e manca la manutenzione. Una situazione paradossale se si considera che l’Unione Europea, nell’ambito delle risorse destinate ai Piani di Sviluppo Rurale (Psr) gestiti dalle Regioni ha stanziato, per il 2007-2013, 1,9 miliardi di euro per le misure forestali. Dal 2007 ad oggi sono stati spesi appena 386,1 milioni di euro, pari al 19,39% dello stanziamento totale.

Questa percentuale rappresenta una media tra Regioni più virtuose dove la percentuale di spesa è stata nettamente superiore (Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli, Toscana, etc) e Regioni, in particolare quelle del Centro-Sud, compreso l’Abruzzo, dove la percentuale non supera il 10%.

Molte Regioni, nell’ambito dei propri Piani Regionali, secondo Fedagri, non hanno saputo cogliere le opportunità e gli stimoli offerte dallo strumento comunitario, relegando, nella scelta degli interventi, il settore forestale ad un ruolo marginale.

“La gestione forestale pianificata è caratterizzata da una rilevante disomogeneità tra le diverse realtà territoriali italiane – prosegue Gasper Rino Talucci, presidente del settore forestazione e multifunzionalità di Fedagri – e viene perseguita in maniera episodica e frammentaria, in particolare per la proprietà privata, che rappresenta il 63,5% del totale, ma anche in quella pubblica. La gestione forestale è resa difficoltosa da una normativa ormai generalmente inadeguata alla nuova situazione e da prassi amministrative lunghe, farraginose e costose. E questo mette le nostre imprese in difficoltà di fronte ad imprese di altri paesi, vedi Slovenia, che ormai aggrediscono anche il mercato locale italiano. È paradossale che l’Italia sia diventato il maggior importatore europeo di legna da ardere!”

Inoltre, l’industria italiana del mobile pur potendo contare sull’81% della superficie boschiva disponibile al prelievo di legname, senza intaccare il patrimonio vegetale e di biodiversità, importa per il 90% il legno dall’estero, né risulta avviata la filiera energetica basata sull’uso di biomasse legnose che potrebbe portare non solo ad indubbi benefici ambientali, ma anche ad una valorizzazione nella gestione del patrimonio forestale nazionale. E le poche grandi centrali a biomassa importano il materiale da Canada e Brasile, e da tutto il sud del mondo, con la beffa che gli incentivi per la riduzione della CO2, pagati dagli utenti italiani, vengono utilizzati per produrre CO2 con i viaggi transoceanici.

Negli ultimi 25 anni la cooperazione forestale ha sostenuto la nascita di una imprenditoria, soprattutto giovanile (età media 36 anni), diffusa su tutto il territorio nazionale che nonostante la grave crisi che attraversa il settore e particolarmente radicata nelle aree montane, quelle più svantaggiate del Paese, oggi conta circa 400 cooperative, di cui 170 aderenti a Confcooperative.

Per questo, oggi “la cooperazione intende proporsi quale soggetto importante per realizzare e gestire un grande progetto di manutenzione del territorio – ha concluso Gardini – che può rappresentare non solo un momento di tutela dell’ambiente ma anche una grande possibilità di sviluppo economico del territorio, soprattutto montano”.

 


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