Cultura

Ecco la nuova Pac

Presentata la riforma della politica agricola europea in 10 punti. I commenti di Legambiente, Coldiretti e WWF

di Maurizio Regosa

Se il buon giorno si vede dal mattino, questo 12 ottobre rimarrà nella memoria degli imprenditori agricoli non solo italiani. È stato presentato infatti il progetto di riforma della Pac, ovvero la politica agricola comunitaria. E tutti i dubbi della vigilia hanno preso la consistenza dell’incubo. Sempre più probabili i tagli paventati per l’Italia (circa 6 miliardi) e, quel che è peggio, una riforma destinata a non funzionare… 

Una trattativa in salita

Così la definisce Sergio Marini, presidente di Coldiretti: «Siamo pronti a mettere in campo ogni azione utile per realizzare un riforma più equa e giusta. In un momento di forte crisi economica le risorse vanno indirizzate verso una agricoltura che dà risposte in termini di competitività, occupazione, sicurezza alimentare e soprattutto verso chi l’agricoltura la fa sul serio e ci vive». Un punto sul quale erano ampie le aspettative. Nel testo difatti si indica fra i punti di innovazione proprio l’agricoltore attivo. «L’esigenza è condivisa», puntualizza Pietro Sandali, responsabile economico di Coldiretti, «perché vanno sostenute quelle aziende che effettivamente fanno agricoltura, ma poi il testo definisce l’agricoltore attivo solo in base alla quantità di aiuti che riceve e non riferendosi al lavoro e agli investimenti». Il che a fronte di una progressiva riduzione degli aiuti nel settennio (dal 2014 al 2020), non fa ben sperare. «In gioco» – riassume Marini – «ci sono per l’Italia circa 6 miliardi di fondi comunitari all’anno per i prossimi sette anni, ma soprattutto il futuro di 1,6 milioni di imprese agricole che danno occupazione a circa un milione di dipendenti e garantiscono il presidio territoriale di oltre 17 milioni di ettari di terreno coltivato totale dal quale nascono produzioni da primato che danno prestigio e competitività al Made in Italy nel mondo».

Principi enunciati (e poi disattesi)

«Quel che colpisce», spiega Paolo De Castro, presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, «è la non coerenza tra le parole e il testo. Occorre vedere bene le 600 pagine del provvedimento, ma l’impressione è che fra i concetti come mercato, flessibilità, competitività e semplificazione, esigenze del tutto condivisibili, e il testo presentato non ci sia troppa coerenza. Gli obblighi introdotti, ad esempio, non semplificano». È vero che siamo solo all’inizio del percorso legislativo («durerà almeno un anno e mezzo, adesso la palla va al Parlamento», aggiunge De Castro), ma è una consolazione relativa. «E a questo punto la questione della riduzione delle risorse diventa relativo», conclude il presidente della Commissione agricoltura. Sulla scarsa coerenza insiste del resto anche Sandali: «alcuni principi sono interessanti, ma l’applicazione è discutibile. Ad esempio come si fa  a introdurre la medesima qualifica di «piccolo agricoltore» in paesi così diversi? O a usare lo stesso criterio della superficie agricola utilizzata in Italia e i Ungheria?».

Luci poche, ombre moltissime

Sulla riforma (che ha esteso l’ammontare degli aiuti previsti per i vecchi 15 Stati membri agli attuali 27 partner europei), sono da registrare anche altre prese di posizione. «La politica agraria deve porsi come obiettivo una nuova agricoltura in gradi di assicurare cibo di qualità e nuova occupazione, capace di creare processi di aggregazione e solidarietà delle aziende agricole con il rafforzamento e l’accorciamento delle filiere, la sostenibilità economica e ambientale», ha detto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente. «La riforma varata oggi presenta» – ha continuato – «luci e ombre. Incoraggiare un nuovo partenariato tra Europa e agricoltori non può trovare risposta nei vecchi sistemi di sostegno al reddito, come quello basato sulle superfici aziendali». «Al contrario, risultano positivi il sostegno a favore di metodi di produzioni sostenibili, tra cui la conversione e il mantenimento dell’agricoltura biologica. Se si vuole veramente rilanciare il settore agricolo» – ha aggiunto Cogliati Dezza – «la nuova Pac dovrebbe avere come priorità il riequilibrio dei fondi di cui oggi beneficiano solo pochi agricoltori e il loro condizionamento alla qualità e all’ambiente».

Delusione netta invece esprime?Matthias Meissner, leader del WWF sulla riforma della PAC ha detto:?«Dopo tante promesse da parte della Commissione di modificare le pratiche agricole in Europa e creare una Pac sostenibile, gruppi di pressione e le parti meno progressiste di Commissione, Parlamento e Consiglio sono riusciti a cancellare tutti i progressi iniziali, producendo una proposta molto debole che continua a dare i soldi agli agricoltori senza il controllo sul loro impatto sull’ambiente.  L’attuale proposta dovrebbe collegare non solo il 30%, ma un totale del 100% dei pagamenti diretti a misure più verdi per diminuire la pressione dell’agricoltura sull’ambiente». Infine, la proposta presentata oggi non convince nemmeno le ong.

«L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una Pac che colpisce negativamente i paesi in via di sviluppo» ha dichiarato  il direttore della Confederazione europea delle ong di sviluppo (Concord), Olivier Consolo. «Finora, tutte le istituzioni europee avevano preso in considerazione il principio secondo il quale la Pac deve ridurre il suo impatto sui territori extraeuropei attraverso una più grande coerenza delle politiche per lo sviluppo. Purtroppo la Commissione ha ignorato questo principio».   


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