Formazione

Siamo schiavi del marketing

Il consigliere più controcorrente di Viale Mazzini ammette la débaclel servizio pubblico

di Gabriella Meroni

Alberto Contri è un consigliere ?contro?. Da tempo in lotta, dentro e fuori l?azienda, contro una Rai leggera e caciarona che umilia l?informazione con le pornostar e che ha rinunciato a raccontare le notizie e le persone. È toccato a lui, qualche settimana fa, dare ragione agli americani che ci accusavano di fare una tv pubblica tutta tette e culi. E tocca a lui oggi reagire alla rivolta dei giornalisti Tg1 stanchi di intervistare vallette, e più in generale intervenire sulla qualità dell?informazione e dell?offerta televisiva della nostra televisione pubblica.

Dottor Contri, come sta l?informazione in Rai?
Non benissimo. Il caso dell?attrice di Brass intervistata a ?Prima? è solo un episodio per quella rubrica, ma potrei citare anche la serie di interviste ad altre pornostar che Enrico Deaglio sta inanellando nel suo programma. Una volta mi piaceva, quella trasmissione, adesso un po? meno….

Non è che questo suo giudizio nasconde un po? di bigottismo, di perbenismo?
No, non sono un bacchettone. Anzi, secondo me un bel fondoschiena è quasi una categoria dello spirito. Una scena di nudo non mi turba, mi dà fastidio solo se è gratuita, se è messa lì apposta per far lievitare l?audience. Anche nei telegiornali. Tutto si spiega però se la logica che sottende tutti i programmi Rai diventa innanzitutto l?ascolto e il profitto. Purtroppo, credo che stia accadendo esattamente questo.

Una Rai sempre più commerciale e sempre meno servizio pubblico, dunque.
Esatto. Ormai la tensione che si respira a viale Mazzini è soprattuto una: fare controprogrammazione sui canali privati, vincere negli ascolti e stare sul mercato. È una logica per cui noi stessi si diventa schiavi del marketing, come gli altri.

Eppure lei è un famoso pubblicitario, un uomo di marketing per definizione. Come spiega questa sua posizione?
La Rai non deve rinunciare a vendere, ma deve distinguersi dagli altri per la qualità della sua offerta. Deve puntare all?approfondimento e alla completezza dell?informazione come suoi punti di forza che la rendano competitiva. Invece, manca lo sforzo di costruire un progetto culturale. I giochini e l?intrattenimento vanno benissimo, però senza un progetto culturale complessivo hanno il fiato corto. Ma la mia è una voce che dà solo fastidio.

Con quali argomenti?
Mi si accusa di voler fare una televisione perdente e marginale. Quasi che volessi mandare in onda tutto quello che gli altri non possono trasmettere. Ma dico, scherziamo? La mia critica è a livello ideale, culturale. Se uno si pone un traguardo minimo è evidente che raggiungerà risultati minimi, invece bisogna puntare in alto. Magari si fallisce, ma almeno ci si prova, come mi sembra si faccia sempre meno. Un mese fa abbiamo fatto un seminario a Castelgandolfo sulla qualità dei programmi. Belle parole, molte promesse. Staremo a vedere.

Eppure il servizio pubblico come tale ha degli obblighi ben precisi, sanciti dal contratto di servizio. Come è possibile che tutto ciò venga ignorato?
Ho la sensazione che il contratto di servizio con tutti i suoi obblighi sia sentito come una specie di palla al piede, qualcosa da onorare in fretta per poi passare ad altro. Prova ne sia che molti programmi culturali vanno in onda a notte fonda, e che sebbene sotto la voce ?cultura? venga rubricato il 15 per cento della programmazione, la percentuale di musica classica, lirica o prosa, per esempio, è solo allo 0,9%.

In Rai c?è una struttura che dovrebbe occuparsi di sociale che si chiama appunto Segretariato Sociale. Che giudizio dà del suo operato?
Al momento l?unica cosa che è emersa è stato un nuovo regolamento per le trasmissioni di raccolta fondi, necessario per evitare pasticci, anche perché siamo sommersi dalle richieste. Un progetto più ampio non si è ancora visto.

Tempo fa si era parlato di istituire alcuni canali tematici sul sociale e sull?handicap. Poi non si è saputo più nulla, e intanto il Terzo settore è praticamente sparito dai palinsesti. I maghi del marketing hanno detto no?
Se hanno detto no hanno sbagliato perché ignorano che raccontare le storie di persone impegnate nel volontariato in televisione funziona benissimo. È che bisogna avere la voglia e le capacità di farlo, perché non è facile. Quanto ai canali tematici non ne so nulla neanche io. Abbiamo in programma delle audizioni con tutti i direttori di rete e di divisione, e spero che si facciano presto. Perché anch?io ho parecchie domande da fare.

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