Politica
Italia, dove osano gli zimbelli
Duro attacco della Marcegaglia, Berlusconi sotto assedio
L’Italia è nel pieno di una crisi dalle molte facce: credibilità economica e politica internazionale, tenuta dell’alleanza di governo, questioni giudiziarie del premier, sfiducia degli industriali nella possibilità di una ripresa economica senza le riforme necessarie, attrito istituzionale tra il Presidente Napolitano e la Lega sul tema della secessione. I giornali di oggi mettono insieme tutti questi temi e offrono un’immagine davvero critica dello stato del Paese.
“Il governo sotto assedio” è il titolo riassuntivo che apre il CORRIERE DELLA SERA. “Sempre meno standard, sempre più poor” è la vignetta di Giannelli (che copia il nostro titolo della rassegna di ieri! Ndr). Da segnalare due commenti, l’editoriale di Sergio Romano e il commento di Beppe Severgnini. “Una possibile soluzione” è il titolo del pezzo dell’ex ambasciatore. Scrive Romano: “Berlusconi deve andarsene, ma in un modo che non faccia violenza alla Costituzione e salvi ciò che della sua fase politica merita di essere conservato. Penso in particolare al suo partito. Non è interesse di nessuno che una grande forza politica, votata in tre circostanze dalla maggioranza degli elettori, si dissolva. Per evitarlo, per lasciare un segno del suo passaggio terreno, Berlusconi dovrebbe annunciare che non si candiderà più alla guida del governo e che le elezioni avranno luogo nella primavera del 2012”. E conclude in modo esemplare, da diplomatico consumato e sereno: “I vantaggi per l’Italia sarebbero considerevoli. Daremmo all’Europa e al mondo lo spettacolo di un Paese che è capace di organizzare razionalmente il proprio futuro, magari cambiando (ma non mi faccio grandi illusioni) una pessima legge elettorale. Restituiremmo la parola a un’opinione pubblica che oggi può soltanto manifestare rabbia e insofferenza. Daremmo ai partiti il tempo di prepararsi al confronto elettorale. Confermeremmo a noi stessi che gli italiani possono risolvere i loro problemi con i naturali meccanismi della democrazia. E Berlusconi potrebbe dire, non senza qualche ragione, che il merito di questa transizione è anche suo”. Consigli che peraltro il premier non sembra intenzionato a seguire. Scrive infatti Lorenzo Fuccaro, a pagina 3: “L’ira di Berlusconi: giudizi politici. Rating influenzati da chi mi attacca”. E veniamo infatti al commento di Severgnini, che parte dalla prima: “Macchè complotto. Derisi e compatiti”. Scrive Severgnini (il commento prosegue a pagina 54): “Zimbello: «uccelletto vivo che viene legato a una cordicella, per adescare altri uccelli; espediente per richiamare l’attenzione o l’interesse di qualcuno; persona che all’interno di un gruppo diventa oggetto di scherno». Brutta faccenda, se l’uccelletto si chiama Italia, e celebra così il suo 150° compleanno. «Siamo stufi di essere lo zimbello internazionale quando andiamo all’estero a esportare i nostri prodotti», si sfoga Emma Marcegaglia. «Siamo stufi di vederci considerare con un sorrisino», dice la presidente di Confindustria. E affonda il colpo, dopo che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha declassato il debito italiano: «Riforme serie, o il governo vada a casa». E stavolta chi ci governa non avrà voglia di rispondere con la solita battuta: «A casa? Ma di case ne ho venti, non mettetemi in difficoltà!»”. Già, la Marcegaglia, ovvero Confindustria. Titolo a pagina 5: “Riforme in poche ore o governo a casa”. Racconta Mario Sensini: “Altro che il piano decennale per lo sviluppo di cui ieri ha parlato al Tesoro, ai rappresentanti delle imprese grandi e piccole, delle banche e delle cooperative, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Servono risposte in dieci giorni, hanno replicato in coro i suoi interlocutori, preoccupatissimi dopo il downgrade di Standard and Poor’s, in un contesto in cui la crisi europea non accenna a dipanarsi, chiedendo misure per rafforzare la credibilità della manovra. L’abolizione delle pensioni di anzianità, nuove misure contro l’evasione, la reintroduzione dell’Ici sugli immobili. Non per fare cassa, ma per finanziare un piano per dar respiro all’economia e all’occupazione, con la riduzione dell’Irap, e un futuro ai giovani, perché domani abbiano una pensione decente. L’impressione che tutti hanno ricavato, ieri al Tesoro, è quella di un governo bloccato. Contro il quale ha deciso di mobilitarsi anche la Uil, con quattro manifestazioni, il 30 settembre a Napoli, il 14 ottobre a Firenze, il 21 a Milano e il 28 a Roma in occasione dello sciopero del pubblico impiego. «Il governo agisca o è meglio andare al voto», dice il sindacato di Luigi Angeletti”.
“Italia declassata, via Berlusconi”: LA REPUBBLICA riprende nel titolo d’apertura la posizione di Confindustria e nel sommario riferisce che per il premier “è colpa dei media”. I servizi da pagina 2 a pagina 9. Mentre Palazzo Chigi accusa l’agenzia di aver dato giudizi politici (accusa cui Standard & Poor’s ribatte freddamente: «diamo valutazioni apolitiche»), crescono gli appelli al senso di responsabilità del premier. «L’Italia è un paese serio e siamo stufi di essere lo zimbello internazionale. Siamo stufi di vederci considerati con il sorrisino» ha detto Marcegaglia, subissata dagli applausi. Una posizione che ovviamente le opposizioni condividono: Casini evoca il «rischio Grecia», Bersani conferma la disponibilità del Pd in questo passaggio difficilissimo. Il governo minimizza con la Russa che dice (e non sta scherzando): «S&P sta studiando per poter esprimere preferenze nelle prossime amministrative e ci dirà pure per chi votare. Naturalmente nell’ambito di una sola coalizione». Più cupo Berlusconi che, nel retroscena di Francesco Bei, starebbe meditando a un attacco di «poteri forti anglofoni».. Una posizione che non aiuta Frattini: a New York per l’assemblea dell’Onu sta incontrando serie difficoltà ad ottenere incontri bilaterali, situazione che allarma ulteriormente Napolitano (che ieri ha anche bacchettato la Lega: «L’agitare ancora le bandiere della secessione significa porsi fuori dalla storia e da un indispensabile impegno per far fronte alla crisi economica»). Come se non bastassero le cattive notizie, ecco che dal Fmi arriva un monito: servono ulteriori 15 miliardi, senza i quali l’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio entro il 2013. Un giudizio non dissimile da quello di S&P e di Confindustria. Quanto ai commenti, oltre a quello di Massimo Giannini (“La linea di affondamento”: si sta consumando una farsa che «rischia di diventare una mezza tragedia»), interessanti le opinioni espresse da alcuni importanti operatori finanziari che parlano di recupero della «credibilità persa» (Alessandro Profumo), della necessità di «cambio politico e di riforme strutturali per salvare il Paese» (Paolini di Credit Suisse), della necessità di «scelte coraggiose per convincere gli investitori esteri» (Segafredo di Carthesio).
“La classe degli asini non può dare i voti”. Questo il titolo su IL GIORNALE dell’editoriale di Vittorio Feltri dedicato alla bocciatura dell’Italia da parte delle agenzie di rating. «Diciamocelo schiettamente: dovevamo aspettarci la bocciatura» scrive, ma sottolinea come i giudizi delle agenzie di rating «vanno presi con le pinze perché non sempre sono seri». Viene citato il caso-2008, quando non solo S&P avevano sottovalutato la crisi. «Condivisibile» secondo Feltri l’analisi delle cause della debolezza italiana, soprattutto la «staticità da mummia della società italiana lesta soltanto a sabotare ogni cambiamento». Un immobilismo che si è visto anche durante l’approvazione della manovra, con la maggioranza che ha «ripiegato sulla leva fiscale, ha castrato se stessa e pure la crescita», e con un mercato che soffre per la «mancata liberalizzazione, osteggiata dalle corporazioni medievali, ordini professionali in testa». “Palazzo Chigi contesta il taglio: frutto di un pregiudizio politico” è invece il titolo di pagina 8 che apre la doppia pagina dedicata alle reazioni e alle valutazioni sul declassamento italiano. Una decisione per cui l’opposizione «spera in uno scenario greco. Gettando il bambino (l’Italia) con quella che loro identificano con l’acqua sporca (Silvio Berlusconi)». Si mette in evidenza però che «qualche segnale va in soccorso di chi pensa che la decisone delle agenzie di rating non vada preso per oro colato». A sostenere la tesi della “non validità assoluta del declassamento” è Carlo Cottarelli, esperto del Fondo Monetario Internazionale in materia di conti pubblici, secondo cui le misure della manovra «sono importanti e sufficienti per ridurre il deficit Pil all’1%» e definisce «importanti» le riforme del sistema pensionistico e previdenziale individuando il problema nell’«elevato debito pubblico e la crescita bassa». Sulla stessa linea il giudizio di Credit Suisse (“Credit Suisse promuove l’Italia, l’economia non va così male”).
Il declassamento dell’Italia oltre che l’apertura trova anche ampio spazio nelle pagine interne de IL MANIFESTO che apre con un eloquente “Credito esaurito” come titolo e nella foto viene ritratto un preoccupato Tremonti. “«Prospettive di crescita indebolite», «incertezza della situazione politica». Standard&Poor’s declassa l’Italia, Confindustria scarica il governo («riforme vere o se ne vada a casa»), il Fondo monetario lancia l’allarme sul pareggio di bilancio. Berlusconi è sempre più isolato ma non si ferma: «Tutta colpa dei media»” riassume il sommario che rinvia alle pagine dalla 2 alla 5. Graffiante anche la vignetta di Vauro in cui un Berlusconi ritratto come uno scolaro in castigo alla lavagna e con il cappello d’asino. Il “maestro” identificato in Standard&Poor’s nel fumetto dice «Resta solo da decidere se rimandarlo all’asilo o direttamente all’ospizio». A Valentino Parlato è affidato l’editoriale dal titolo “Il peggio può arrivare”. «Grande e melmosa è la confusione sotto il cielo. La crisi del finanzcapitalismo investe tutto il mondo occidentale, Stati uniti in testa. In Europa è peggio. C’è un debito da fallimento e c’è un arresto della crescita (…) Anche l’Italia è in questa situazione. Declassata dall’agenzia di rating Standard&Poor’s per il debito e da un blocco della produttività e della produzione da un po’ di anni (…) In contemporanea c’è una brutta crisi politica: anche il berlusconismo fa acqua, non riesce a governare, che è la cosa più seria, ed è travolto da scandali pesanti» e continua «(…) Se le sinistre tutte, quelle dei partiti e quelle di opinioni, per dire dei giornali, faranno loro principale argomento di lotta le escort e i bunga bunga non credo che usciremo da questa situazione e viene da chiedersi: anche fatto fuori Berlusconi (…) in che condizioni si troverà si troverà la politica italiana? (…)». Sempre in prima pagina inizia un articolo a firma Pitagora dal titolo “Con Silvio B. dieci anni di declino”. Sulle reazioni di Confindustria è incentrato l’articolo di apertura a pagina 2 dal titolo “L’ultima idea di Tremonti” che nel sommario recita: “Disperato tentativo di presentare già domani un «pacchetto per la crescita» per accogliere alcune delle richieste di Confindustria. Ma Napolitano invoca «una piattaforma meditata che nasca da consultazioni ampie»” e ancora “Viale dell’Astronomia: «innalzare subito l’età pensionabile a 70 anni». Ma anche privatizzazioni e liberalizzazioni”, nell’articolo si sottolinea «(…) par di capire che l’intenzione di Tremonti fosse quella di portare già al consiglio dei ministri di domani un “pacchetto” contenente almeno alcune delle ricette confindustriali (…) Su questo percorso è però è calata, in serata, la secchiata gelida proveniente dal Quirinale (…)» e conclude: «(…) La traduzione politica è immediata: bisogna prima consultare le parti sociali e quindi nessuno si illuda di poter buttare lì un altro elenco di cose che, nell’insieme, non fanno un progetto condiviso. Specie se a redigerlo è un governo il cui “tempo è scaduto”, come dice Marcegaglia».
IL SOLE 24 ORE apre con “Italia declassata, emergenza crescita”. L’editoriale è del direttore Roberto Napoletano e titola “Signor Presidente l’Italia prima di tutto”, «la credibilità del Paese, in questo momento, è un bene troppo importante per essere sacrificato sull’altare di qualsiasi calcolo politico o peggio personale, ancorché legittimi. L’interesse generale viene prima di quello individuale (è giusto che sia così) e sottrarre oggi l’Italia dal circuito perverso – default Grecia, sfiducia sull’Italia e sulle banche sue e francesi, sfiducia sull’Europa che fatica a ‘salvare’ l’Italia, le banche e se stessa – è un imperativo categorico. Il presidente del Consiglio dimostri di amare davvero l’Italia e di avere, di conseguenza, la forza e la volontà di farsi da parte se è costretto (come tutto rende evidente) a prendere atto che non riesce a fare quello che serve. Lo faccia nell’interesse del Paese, si comporti da uomo di Stato e da uomo dell’economia. Dopo la Grecia, Signor Presidente, non ci può essere l’Italia, mai e poi mai, per una volta non si giri dall’altra parte e si ricordi che grandi responsabilità impongono anche grandi sacrifici. Sappiamo che le costerà, ma sappia pure che la storia (dopo questo gesto) saprà fare i conti giusti». Sempre in prima, taglio più basso, Isabella Bufacchi firma “E ora si allunga l’ombra della retrocessione multipla” in cui spiega «lo spread tra i rating sull’Italia di S&P e Moody’s si è allargato ieri a tre gradini. Tra la ‘A’ fresca di firma e la ‘Aa2’ (equivalente alla AA) sotto osservazione dallo scorso giugno e in via di retrocessione ci sono adesso i voti AA- e A+. Se dunque Moody’s dovesse decidere di allinearsi alle valutazioni di S&P sull’Italia, dopo il declassamento deciso da quest’ultima, sarebbe costretta a tagliare di tre gradini in una sola volta, ‘Aa2’ alla ‘A2′. Un salto acrobatico ma affatto impegnativo per Moody’s che ha già sperimentato la retrocessione multipla per Grecia (quattro gradini) e Irlanda (cinque gradini). L’Italia è però un caso a parte rispetto agli Stati periferici che sono dovuti ricorrere ai pacchetti di salvataggio Ue-Fmi per evitare la bancarotta. Per questo, i traders dei BTp hanno iniziato a interrogarsi sull’entità dell’intervento sul rating di Moody’s – atteso entro fine Ottobre – senza grandi preoccupazioni, senza mettere in conto il taglio di tre gradini. C’è chi è convinto che questa agenzia abbia rinviato l’esito del review sull’Italia la scorsa settimana proprio perchè molto indecisa tra uno o due gradini di retrocessione. Fino allo scorso lunedì, a Moody’s sarebbero bastati due notches per raggiungere il giudizio di S&P’s sull’Italia: un’eventualità fino a ieri sfavorita rispetto al più gettonato taglio di un solo gradino». Stefano Folli invece si concentra sulla politica interna con “Il Parlamento, il Quirinale e il bunker: gionri decisivi”, in cui si chiede «quali conseguenze politiche dal declassamento deciso da S&P’s?». Secondo Folli «l’altra notte si è consumata una sorta di declassamento politico e non solo finanziario dell’Italia. E’ l’affidabilità complessiva del governo di Roma ad aver perso punti preziosi. Si dirà che le agenzie di ‘rating’ e le loro sentenze non vanno divinizzate e i loro verdetti non devono essere usati in modo strumentale. Infatti molti ieri hanno sostenuto queste tesi nelle file della maggioranza», ed è evidente che «in Europa tanti condividono l’immagine, evocata da un giornale tedesco, secondo cui l’Italia di Berlusconi sta trascinando nel baratro l’intera area della moneta unica. Che sia vero o no, questa è la convinzione ormai diffusa; e dunque questo è il problema politico di fronte al premier. Per affrontarlo Berlusconi propone due cose: una resistenza a oltranza, giocata sul filo della perenne sfida con la magistratura (fino ad adombrare una grande manifestazione di piazza entro l’anno); e la legittima difesa della manovra appena varata». All’interno spazio anche alla posizione di Confindustria. Nicoletta Pecchio firma “Riforme subito o Governo a casa”, in cui si racconta «la Marcegaglia, Attali e Franco Manfredini, presidente di Confindustria ceramica, sono sul palco, all’inaugurazione del Cersaie, (salone ceramica per architettura-arredobagno), settore in cui l’Italia è leader nel mondo, come sottolinea Manfredini, che fattura quasi 5 miliardi di euro ed esporta a livello globale. Applaude la sala quando la presidente di Confindustria incalza: “Siamo stufi di essere lo zimbello internazionale. Vogliamo essere valutati sui nostri prodotti e non derisi per colpe che non abbiamo. L’Italia sta perdendo credibilità, è inaccettabile essere il punto debole che rischia di far saltare la Ue”».
ITALIA OGGI attraverso la penna di Pierluigi Magnaschi considera provvidenziale la frustata di Standard & Poor’s insieme a quella del Fondo monetario internazionale che prevede che nel 2013, l’Italia non c’entrerà l’obiettivo del pareggi. È noto, scrive Magnaschi, che se non c’è crescita economica, non ci può essere risanamento dei conti pubblici. Le perdite possono essere ridotte con l’inasprimento fiscale e ciò è stato fatto con la manovra bis, ma non è con i salassi che si da tono a un organismo. Ecco perchè il downgrading di S&P e il rapporto Fmi sono due campane (non campanelli) di allarme che lanciano messaggi ben precisi e convergenti: non si esce dalla crisi se l’Italia non esce dal sarcofago degli interessi corporativi che impediscono di camminare. Un invito che fece già vent’anni fa Guido Carli, l’allora presidente di Confidustria. Ora l’attuale vertice di Confindustria, Emma Marcegaglia, dopo una gestione a piccolo trotto, si è svegliata e accusa il governo di non aver fatto abbastanza. Nel protestare avanza la proposta di una patrimoniale che spegnerebbe un organismo economico già indebolito come hanno dimostrato le crisi depressive seguite al prelievo straordinario che fece a suo tempo Giuliano Amato e che Alberto Alesina dell’università di Harvard stima alla base di ben sette anni di successiva recessione». Interessante la rassegna stampa internazionale. I giornali di Paesi con cui L’Italia intrattiene rapporti commerciali complessi e delicati scelgono una precisa linea per informare i loro lettori. Spiccano i titoli dei quotidiani russi: Utro scrive: “l’Italia è crollata”, la Gazeta “Italia in salsa greca” e su Rbk sulla situazione italiana è stato intervistato l’economista Sapir, secondo cui «l’Italia dovrebbe uscire dall’euro». Poi ci sono quelli politici, come Le Monde: “S&P declassa l’Italia e Berlusconi”, il Financial Times Deutschland scrive: «Il Bunga Premier si guadagna una randellata. Mai decisione di S&P è stata tanto motivata».
“Disinteresse e Coraggio” si intitola così il fondo di AVVENIRE del direttore Marco Tarquinio. Ecco alcuni stralci del suo ragionamento: «Alla nota aspra del «declassamento» del debito sovrano dell’Italia, sentenziato nottetempo dall’agenzia di rating statunitense Standard & Poor’s, ha fatto eco ieri una serie di altre note strambe e stonate…Tutti hanno ormai capito che siamo in un duro e inevitabile passaggio della vita nazionale, reso più complicato dall’inesorabile e progressivo consumarsi di una stagione politica. Una fase tormentosa che può tuttavia convertirsi in un tempo utile e buono per il Paese. Il tempo della consapevolezza dei problemi e delle forze che abbiamo, delle risorse che possiamo e dobbiamo valorizzare e impegnare, delle riforme che non ha più senso rimandare. Ha ragione il capo dello Stato: non dobbiamo sentirci più piccoli. Ma realisticamente più impegnati. Questo Paese è ricco di gente che sa lavorare e fare impresa, che ha il senso della famiglia e non si limita a “tener famiglia”, gente che è disposta a fare sacrifici per una causa giusta e ben spiegata, che paga le tasse e che vorrebbe essere aiutata a pagarle con serenità e convinzione, gente che insegna, fa ricerca e studia. Gente che non è d’accordo su tutto, ma è capace di riconoscere l’essenziale, ciò che dà valore e fondamento e senso all’essere comunità: la forza morale di un popolo….Per chi ci governa, a cominciare dal presidente del Consiglio, per chi siede in Parlamento, per chi rappresenta e guida le grandi parti sociali questo è, dunque, il momento del coraggio e del disinteresse personale e di fazione. Al culmine di una crisi di fiducia senza precedenti nei confronti della classe politica e dirigente che coincide – e non è solo un caso – con i giudizi sferzanti e anche ingenerosi che ci piovono addosso, hanno l’occasione di dimostrare che stanno con l’Italia che è in «A», che sono davvero al servizio di quell’Italia. Anche se troppo, quasi tutto, sembra congiurare contro, è il momento delle convergenze possibili, delle priorità chiare, delle scelte trasparenti e delle proposte pulite».
“Triplo allarme per l’Italia”, titola LA STAMPA, il quotidiano di Torino, così sintetizzando l’attacco concentrico mirato al nostro paese: l’Fmi che mette sotto analisi i conti pubblici, il richiamo dell’Ue al governo per la crescita zero, l’ulteriore minaccia di S&P su un possibile nuovo declassamento tra 12-18 mesi. La chiave di lettura è affidata, nell’editoriale, a Bill Emmott, che titola: “Il peccato della coerenza”. Secondo Emmott, «La decisione di S&P di abbassare il rating del debito sovrano dell’Italia è stata del tutto corretta, se si pensa lo sia stata quella presa all’inizio dell’estate dalla società americana nei confronti del suo stesso governo. Il ragionamento che sta dietro alla decisione è sostanzialmente identico». A mancare di coerenza è, facile a capirsi, il governo italiano, incoerente nella definizione della manovra e a corto di credibilità. Anzi, commenta l’editorialista, a suo modo il governo Berlusconi dal 2001 al 2008 coerente lo è stato: «non ha mai fatto nulla per incoraggiare la crescita economica (richiamo all’intervento della Marcegaglia di ieri) e ha sempre negato la verità sulle condizioni dell’economia». Commento che non indica vie d’uscita. Interessante a pag. 4 l’approfondimento di scenario: “Come stanno i vecchi Pigs”, che fa un’analisi sintetica delle quattro economie europee più esposte che hanno creato più preoccupazioni negli ultimi anni alla tenuta dell’euro – Portogallo, Grecia, Irlanda, Spagna. Risultato: benino Irlanda e Spagna, via di mezzo per il Portogallo (che ha avviato un piano di tagli “lacrime e sangue per onorare i 78 miliardi di prestito da Fmi e Ue), malissimo la Grecia, che “rischia la seconda bancarotta”.
E inoltre sui giornali di oggi:
CARCERI
LA REPUBBLICA – Adriano Sofri scrive un’analisi intitolata “Se il Parlamento parla di carceri” (oggi se ne dovrebbe discutere al Senato). La realtà carceraria «ci allarma e ci umilia davanti all’Europa» aveva detto in luglio il Presidente della Repubblica ma è improbabile, per Sofri, che nel contesto attuale si possano fare passi avanti a favore dell’amnistia. «Oggi si ripeteranno frasi indignate sull’inciviltà carceraria, e parole a salve sull’edilizia, la depenalizzazione, le pene alternative e così via. Poi si voterà una mozione. Sbrigata la seccatura, si tornerà a Milanese».
SCUOLA
IL GIORNALE – A pag 19 riportati i risultati del rapporto Cittadinanzattiva sulla sicurezza in classe “Scuole pezzi: fuorilegge 3 edifici su 10” è il titolo.
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per il dossier “Classi pollaio, istituti fatiscenti. Fuorilegge un terzo delle scuole”. A pagina 7 l’articolo di apertura dal titolo “Fuorilegge un terzo delle scuole italiane”, base dell’articolo come spiega l’occhiello “La denuncia di «Cittadinanzattiva»: 66mila studenti vivono nelle classi pollaio”. “Le aule e gli edifici scolastici vengono bocciati senza appello e aumentano gli incidenti che coinvolgono studenti e docenti. Le Province chiedono 3 miliardi di euro, il Miur promette di stanziarne 426” riassume il sommario di un articolo che è tutto da leggere con i suoi dati ricavati dal sondaggio su 88 scuole di 13 province di 12 regioni differenti per avere un quadro desolante.
ALZHEIMER
IL GIORNALE – Nella pagina 7 del dorso di Milano, in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer, intervista a Orso Bugiani, direttore scientifico dell’Istituto Besta che lancia l’allarme: «Aumentano i pazienti ma le fondazioni che li assistono hanno pochi soldi».
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