Mondo

Bad Brazil

Dai jeans di Zara al bietanolo, tutto quello che riguarda la filiera carioca della schiavitù

di Paolo Manzo

José Ferreira ha 30 anni, viene dal Pernambuco e di professione fa il tagliatore di canna da zucchero insieme ad un esercito di disperati come lui, 900mila in tutto il Brasile: sfruttati, senza regole e senza limiti fisici. Alla lettera, visto che i casi estremi in cui il lavoratore “muore di fatica” sono una ventina, accertati dal 2004 ad oggi. Seppur nelle retroguardie, il loro ruolo è decisivo in quella rivoluzione accelerata e così promettente che sono i biocarburanti, a cominciare dall’etanolo e dal diesel prodotti con la canna da zucchero.

«Siamo il motore del Brasile, ma non ci viene riconosciuto alcun diritto», spiega José che è stato liberato l’anno scorso dalla sua schiavitù moderna grazie all’intervento del gruppo Movel de Fiscalizaçao, una specie di Guardia di finanza verde-oro che si muove insieme alla polizia. José lavorava a Limeira do Oeste, nel cosiddetto “Triangolo Mineiro”, a 834 chilometri da Belo Horizonte, nello stato del Minas Gerais.

Il suo stipendio mensile era di 400 reais, poco più 150 euro, anche se al momento dell’assunzione gliene erano stati promessi mille, cioè più di 400 euro. Per ogni metro di canna raccolta José prendeva da 0,09 a 0,31 reais, una cifra quasi intraducibile in euro, poco più di 3 centesimi. Ma la beffa era che, oltre a lavorare 12 ore al giorno, José con il suo misero salario doveva pagarsi anche 180 reais per mangiare e 50 per dormire che poi in realtà diventavano 130 perché perfino il materasso era a suo carico. Un totale di 310 reais che uscivano ogni mese solo per nutrirsi e riposare qualche ora la notte.

«Lavoravamo, ma in realtà eravamo schiavi, perché quello che  guadagnavamo dovevamo spenderlo per sopravvivere nella piantagione. E la beffa è che pagavamo i padroni stessi, perché erano loro che ci fornivano tutto», spiega José senza rabbia, quasi con stupore.

Maria Aparecida de Moraes Silva è una docente dell’Università Estadual Paulista, da tempo impegnata in uno studio sui tagliatori di canna. Non ha dubbi in proposito: «Stanno letteralmente lapidando queste persone, che per un posto di lavoro farebbero qualsiasi cosa». Del resto gli obiettivi di produttività, se si vuole veramente tratte profitto dalla canna da zucchero, sono folli: 15 tonnellate al giorno.

 

La faccia oscura del boom
Intanto, 830 jet privati attraversano ogni giorno i cieli di San Paolo, la capitale. Qui si è registrata la maggior vendita al mondo di Ferrari. Una superflotta di elicotteri viene utilizzata tutti i giorni come se si prendesse l’autobus. Tiffany e Bulgari si alternano sulle strade, in una concentrazione di marchi del lusso senza precedenti…

Il pezzo integrale è sul numero in edicola 

Per continuare a leggere clicca qui


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA