Mondo

Cinquant’anni di architettura come servizio all’uomo

La storia di Laurie. Faccio case stile Gandhi

di Olivia Rabbi

Mattoni e terra, bambù e legno. Poco, pochissimo cemento e vetro scartato da riciclare. In tempo di globalizzazione e antiglobalizzazione, di modernità esasperata e di ribellione al neoconformismo riscoprire (o, meglio, scoprire tout court) la figura di Laurie Baker è un?occasione da non perdere, per gli architetti e anche per chi non è del mestiere. Si parla dell?India, nazione che rientra in quella vasta parte del territorio del pianeta definita come Terzo mondo: qui, l?inglese Laurie Baker (nato nel 1918 a Birmingham e dal 1988 cittadino indiano) in cinquant?anni di attività ha elaborato e sperimentato, passo dopo passo, la sua singolare via verso l?architettura contemporanea, fatta di un sapiente intreccio tra le istanze culturali ed espressive del luogo e la necessità di fare i conti con una rigida economia di costruzione, tanto più pesante e incisiva quanto più è inerente alla problematica delle abitazioni a basso costo. La carriera di Baker non si apre sui banchi di scuola, ma con un viaggio attraverso l?Europa che l?architetto inglese, allora diciassettenne, compie assieme ad alcuni amici e che dischiude davanti ai suoi occhi il primo dei criteri cardine della sua poetica architettonica: l?unicità irripetibile, la varietà infinita delle espressioni e dei modi di vivere e abitare un luogo. Tornato a casa e posata la valigia, per il giovanissimo Laurie non c?è che una scelta da intraprendere: diventare architetto. Il curriculum professionale Si iscrive, quindi, alla scuola di architettura di Birmingham dove, alla fine degli anni 30, ottiene il diploma per poi intraprendere un’esperienza di tirocinio professionale. Nel 1940 scoppia il secondo conflitto mondiale e per Baker, obiettore di coscienza che decide di prestare servizio in Cina presso un’organizzazione umanitaria di soccorso, il futuro ha in serbo un altro punto di svolta: l’incontro con il Mahatma Gandhi a Bombay, città dove fa tappa per alcuni giorni tornando in Inghilterra. La capitale indiana è una città contraddistinta dai palazzi multipiano “all’occidentale”, ricoperti di marmi pregiati e dai complessi residenziali per lavoratori, slums in cemento armato. Un contrasto difficilmente sanabile. “Qual è l’alternativa?” chiede Gandhi a Baker. “Cosa possiamo fare? Abbiamo bisogno di gente come te”. Un invito al quale l’architetto britannico non può rinunciare. Baker torna in India nel 1945 per restarvi stabilmente, insediandosi prima nella regione himalayana, a Hydebarad e a Pithoragarh dove inizia a occuparsi di architettura sociale per le popolazioni povere e i lebbrosi e, dal 1963, nella regione del Kerala, estremo sud della penisola. Nel 1965 raggiunge Trivandrum dove, nel 1971, realizza, tra le numerose opere, anche il complesso del Centre for development studies, ritenuto il suo capolavoro. Tra l’organicismo e il saper fare: questo è, in sintesi, il segreto di Laurie Baker. Niente disegni esecutivi: a guidare le maestranze sono gli schizzi tracciati e abbozzati dalla mano dell’architetto che, come un artista, vive la costruzione dell’opera in cantiere, passo dopo passo, e qui interviene per correggere il tiro, verificare e, se necessario, “improvvisare” la soluzione progettuale. Residenze per uomini di governo e middle class, chiese ed edifici pubblici, ma, soprattutto, edilizia a basso costo per gli strati popolari meno abbienti: nel curriculum professionale di Baker non manca nulla. Al posto del cemento armato, dell’acciaio e del vetro, materiali edili costosi e di importazione per il mercato indiano, dove la fame di case rimane ancora molto alta, Baker utilizza mattoni, bambù per armare il (poco) cemento utilizzato per realizzare le solette, legno, terra e materiali di recupero, nel rispetto della tradizione costruttiva locale. All’aria condizionata, status symbol dell’Oriente aggressivo, Baker risponde con gli jalis, chiusure esterne in mattoni che riprendono i più tradizionali elementi grigliati in legno dell’architettura locale, posizionati in modo tale da costituire una griglia traforata capace di governare e filtrare l’ingresso di aria e luce garantendo aerazione e illuminazione naturale. A completare il circuito dell’aria pensano le forature praticate in corrispondenza del bordo della copertura. La casa a spirale Come accade anche in una delle opere più interessanti che Baker ha firmato negli ultimi anni a Kerala, la casa per un ufficiale del governo e sua moglie, una poetessa. Due gli elementi dominanti, la configurazione “a spirale” della pianta dell’edificio, dove stanze e locali si snodano a doppia altezza attorno a un unico spazio ampio destinato alla vita quotidiana collettiva della famiglia, e l’utilizzo di vetro riciclato e colorato che crea motivi a intarsio sulle pareti e sul tetto con suggestivi giochi di luce. Casa bella e antisismica. Altro leit motiv che attraversa l’opera di Baker è, infatti, l’antisismicità delle costruzioni. L’impegno antisismico Nonostante abbia superato la soglia degli ottant’anni, Baker continua a impegnarsi, con l’entusiasmo di una vita dedicata all’architettura come servizio all’uomo, nel suo lavoro a cominciare dalla ricostruzione dopo il terremoto che ha colpito il Gujarat lo scorso gennaio, impegno che lo vede tra i protagonisti del Ficci-Care Gujarat rehabilitation project promosso dalla Federation of indian chambers of commerce and industry e dall’organizzazione senza fini di lucro Care. Obiettivo, edificare 4mila alloggi con scuole, ambulatori e una ferrovia sotterranea, per aiutare la zona devstata a ricominciare. «C’è un’apparente mancanza di buon senso nella nostra scelta di realizzare moderni edifici in altezza», ha dichiarato Laurie Baker in un’intervista rilasciata alla stampa locale subito dopo il sisma. Il rimedio? Guardare agli antichi. «Ci sono aree dove esiste il rischio sismico e altre dove questo non c’è», ha continuato, «e questo si riflette anche sugli stili dell’architettura. Ho vissuto per anni sulla catena himalayana, dove la terra trema e tutti gli edifici sono realizzati in blocchi di pietra incastrati come le dita di una mano, difficili da abbattere». Chiave di volta è la semplicità compositiva. Ha scritto Baker: «Ci sono principi base della matematica, della geometria e della progettazione delle strutture non dimostrabili, ma che appaiono chiari a un bambino di cinque anni e che restano incomprese e inapplicate dai più qualificati esponenti del mondo scientifico, architetti e ingegneri: un triangolo non può essere deformato nella sua configurazione, al contrario di un rettangolo. Ma quasi tutte le costruzioni contemporanee ignorano questo principio». Scritti e schizzi dell’architetto-costruttore Per conoscere di più la vita, la filosfia e le opere di Laurie Baker si può innanzitutto leggere la sua biografia, scritta da Gautam Bhatia per le edizioni Penguin India, in vendita anche via Internet su www.gobookshopping.com e su www.amazon.com. L’architetto-costruttore ha anche pubblicato Laurie Baker’s mud / text and sketches by Laurie Baker. 2nd ed. Trichur, India, Centre of Science & Technology for Rural Development, 1993 e Laurie Baker’s rural community buildings, Trichur, India, Centre of Science and Technology for Rural Development, 1997. Una articolata bibliografia è sul sito della inglese The architectural association (www.aa school.ac.uk/library/eventsarchive.html) che gli ha appena dedicato una rassegna. Gli schizzi della sede del Centre for development studies, considerata la sua migliore opera, si possono ammirare sul sito del centro stesso: www.cds.edu. Diversi giovani architetti indiani sono stati influenzati dalla sua attività e hanno dato vita a organizzazioni non profit che operano nell’architettura sociale: tra queste, il Costford – Centre of Science and Technology For Rural Development (che in 15 anni ha realizzato 10mila alloggi per famiglie di basso livello sociale e 1.500 abitazioni per la classe media e per professionisti), Ayyanthole, Thrissur-680 003, Kerala, India, tel. 0487-360788/382693/364203, fax 0487-641678, www.citizen.com/costford/index.html e Habitat Technology Group, Pushpavanam Lane, Poojapura P.O., Trivandrum -12, India, www.habitatgroup.org


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA