Welfare

Il Dap avvia una indagine sul “sopravvitto”

Lo ha deciso il Capo dipartimento Ionta dopo la segnalazione di Ristretti Orizzonti

di Redazione

«Stiamo facendo una indagine approfondita e una valutazione attenta sui costi del sopravvitto, i costi non possono in alcun modo essere superiori a quelli che il detenuto sosterrebbe se stesse fuori dal carcere. Vogliamo vedere se le ditte che hanno vinto gli appalti poi rispettano le disposizioni»: partono da qui, da queste affermazioni di Franco Ionta, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, fatte alla fine di un incontro con i rappresentanti di un “cartello” di associazioni e altre realtà impegnate nelle carceri, i volontari di Ristretti Orizzonti.

Per loro questa indagine è una gran cosa. Da anni infatti si battono per avere prezzi più equi dei prodotti in vendita nelle carceri, e nei mesi scorsi questa battaglia si era concretizzata in due settimane di astensione dalla spesa dei detenuti della Casa di reclusione di Padova e in una inchiesta approfondita su questo tema dal titolo significativo: “Fare la spesa in carcere: paghi tre, prendi due”.

Ora chiedono che i risultati di questa indagine siano presto resi pubblici, e che se ne traggano anche delle conseguenze rapide: per esempio, «che si dica basta alla dittatura del “prodotto unico” (che magari costa come nel più vicino supermercato, solo che al supermercato il cliente di prodotti dello stesso genere ne trova altri venti a prezzi inferiori) e ci sia finalmente una offerta di più prodotti di qualità a prezzi ragionevoli» fanno sapere dall’associazione.
 
Le “Proposte minime” per ridurre i danni da sovraffollamento
L’incontro con Ionta è stato fortemente voluto da alcune associazioni e realtà che si occupano di carceri, che hanno faticosamente lavorato per mettere insieme le risorse e le energie per fare delle proposte comuni rispetto alle condizioni della vita detentiva e alla tutela dei diritti delle persone detenute. E fra queste, alcune “proposte minime di riduzione del danno da sovraffollamento”, che riguardano la vita dei detenuti, per i quali si chiedono una maggiore apertura delle celle durante la giornata, più ore d’aria, più opportunità di impegnare il tempo in qualcosa di utile, e poi la possibilità di avere due telefonate supplementari al mese e due ore di colloquio in più per tutti (e non solo per chi ha figli minori).

Insomma, una boccata di ossigeno in una situazione di aria ormai irrespirabile. Le proposte sono state presentate al Capo del DAP da Stefano Anastasia per l’Associazione Antigone, da Ornella Favero per Ristretti Orizzonti, che poi è stato il gruppo che quelle proposte le ha elaborate, da Rosanna Dettori, Segretaria Generale FP CGIL Nazionale, Elisabetta Laganà per la Conferenza  nazionale Volontariato Giustizia, Alessandro De Federicis, Responsabile dell’Osservatorio Carceri delle Camere Penali. La risposta di Ionta è stata inequivocabile: «vi incontro perché riconosco le ragioni dei problemi che mi avete sottoposto e ritengo che quelle che proponete siano misure sagge».


Il nodo affrontato, in particolare, è stato il fatto che quelle proposte sono non solo sensate, ma anche in parte già realizzate in qualche carcere, però “a macchia di leopardo”. E la vita del detenuto diventa così un terno al lotto: se ti va bene, sei in un carcere con le celle sempre aperte, la possibilità di telefonare di più quasi “automatica”, i volontari che fanno attività e sono presenti fino alle sei di sera, se ti va male, ti ritrovi a far colloquio ancora coi vecchi banconi divisori (succede) e a stare in cella ventidue ore su ventiquattro.


L’impegno di Ionta è stato chiaro «pare che in periferia ci sia una applicazione a volte non corretta delle indicazioni che arrivano dal centro, quindi farò una circolare con disposizioni, e non semplici indicazioni, su come gestire questa situazione, e mi impegno a vigilare che queste misure siano effettivamente applicate». Da parte delle associazioni e organizzazioni presenti, un impegno altrettanto chiaro: non abbassare il livello dell’attenzione, e verificare a breve che le “proposte minime” vengano attuate in modo capillare in tutti gli istituti di pena, e periodicamente venga fatto un monitoraggio sulla loro applicazione.

 

In allegato il pdf della ricerca

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