Welfare

Qui la salute non è più clandestina

L’esperienza, unica in Italia, della Casa Cardinal Colombo di Milano

di Emanuela Citterio

Udonna giovane dalla pelle scura passa nel corridoio, sorride e fa un cenno di saluto prima di uscire per andare al lavoro. «Aimaz è il nostro orgoglio», dice suor Aloisia dopo che la donna è uscita, «è arrivata qui in Italia dall?Eritrea con un tumore alle ghiandole del collo. Al policlinico di Milano l?avevano dimessa con la terapia del dolore, escludendo che avesse qualche probabilità di salvarsi. Abbiamo deciso di farla visitare al Fatebenefratelli dove hanno scoperto che il suo tipo di linfoma era legato a un particolare virus, che poteva essere combattuto. Aimaz ha collaborato moltissimo e in questi mesi ha lottato per la vita. Ora è in via di guarigione». Suor Aloisia è la responsabile della casa di accoglienza per ammalati stranieri Cardinal Colombo, l?unica struttura, non solo a Milano ma in tutta Italia, dove vengono accolti e curati gli stranieri, anche clandestini, che necessitano terapie particolari e continuative per il tipo di patologie da cui sono colpiti. «Quando un extracomunitario che non ha la tessera sanitaria si ammala», racconta Aloisia, «non ha nessun punto di riferimento. Finché la malattia è nella fase acuta gli ammalati restano in ospedale, ma sia per la convalescenza che per la terapia non c?è nessuna struttura in grado di accoglierli e di fornire loro le cure necessarie». La casa di accoglienza Cardinal Colombo è stata creata nel 1993 su impulso della Segreteria per gli esteri della Diocesi di Milano, alla quale arrivavano sempre più richieste di accoglienza e assistenza sanitaria per persone straniere colpite da diverse patologie. Questa particolare struttura, come tutte le altre case di accoglienza legate alla Segreteria per gli esteri, viene sostenuta economicamente da Sarepta, un?associazione che riceve i fondi dell?otto per mille per la Chiesa cattolica e che promuove anche corsi di italiano per immigrati, una scuola multietnica e i corsi professionali del fondo sociale europeo. «Accogliamo stranieri provenienti da qualsiasi Paese del mondo», racconta Aloisia, «che si sono ammalati in Italia o che sono arrivati qui per curarsi senza avere però denaro sufficiente per le terapie di cui hanno bisogno. Le patologie sono diverse. Le più frequenti sono i tumori, le patologie ossee e le disfunzioni cardiache». Gli ospiti della casa di accoglienza provengono per la maggior parte dall?Africa e dai Paesi dell?Est, ma anche dai Paesi asiatici e dall?America meridionale. Sono sia donne che uomini; i bambini di solito arrivano per decreto del comune di Milano e sono accompagnati da uno dei genitori. «I bisogni sono immensi», sottolinea Aloisia, «e noi possiamo accogliere solo una ventina di ospiti. Molti di loro nei Paesi d?origine non avrebbero avuto la possibilità di guarire». Gli ammalati possono rimanere a Casa Cardinal Colombo tutto il tempo necessario per essere in grado di gestire autonomamente o di risolvere i loro problemi di salute. «A volte non ce la fanno», dice suor Aloisia, «mentre Aimaz guariva, un?altra donna eritrea, Shiwe, moriva nella stessa camera. Questa donna forte e meravigliosa, madre di tre figli, ha passato gli ultimi mesi della sua vita qui da noi. Il marito era una personalità importante nel suo Paese, ma è venuto a trovarla solo una volta, restando con lei per un giorno. Shiwe ha affrontato la malattia cercando costantemente di vincerla senza arrendersi mai, aggrappandosi a tutto ciò che aveva, con un?enorme fede in Dio. La sua gioia più grande negli ultimi tempi erano i bambini, ospiti della Casa, che ogni giorno entravano nella sua camera a giocare e a farle festa. Prima di morire ha salutato tutti, ringraziando continuamente». Nelle parole di suor Aloisia trovano posto mille storie, che si susseguono una dopo l?altra con ricchezza di particolari. Come quella di Johannes, un bambino etiope di 8 anni con un linfoma al collo, che ha trascorso cinque mesi nella casa di accoglienza, mentre al Centro tumori di Milano veniva sottoposto a chemioterapia. «Le cure hanno fatto scomparire il gonfiore al collo, ma un ulteriore controllo ha fatto scoprire delle metastasi ossee. Johannes a febbraio è dovuto rientrare in Etiopia», racconta suor Aloisia, «la sua malattia è incurabile. Questo bambino ha messo in crisi me e tutti i volontari che l?hanno incontrato. La serietà delle sue domande sul senso della sofferenza e la sua serenità ci hanno colpito profondamente». I volontari, risorsa preziosa per un centro che dà gratuitamente assistenza agli ammalati, nel caso di Johannes hanno avuto un ruolo importante. «Johannes mi ha scritto una lettera serena dall?Etiopia. Il tumore non è più visibile. E questo per il rapporto con gli altri bambini è molto importante. Johannes, inoltre, al suo ritorno in Etiopia ha trovato una casa. Prima viveva ai bordi di una strada. I volontari hanno raccolto una cifra che ha permesso ai suoi genitori di comprare un piccolo appartamento. Johannes, nonostante tutto, è tornato vittorioso nel suo Paese». Sembra che nelle parole di suor Aloisia non ci sia altro posto se non per le storie e le situazioni dei suoi pazienti. Da cinque anni dirige a tempo pieno e sette giorni su sette la Casa Cardinal Colombo. Nel suo passato c?è un?esperienza di molti anni come caposala nel reparto di cardiochirurgia dell?ospedale di Niguarda, la cura delle patologie renali, con l?apertura di un centro-dialisi, e l?assistenza dei disabili. «Il lavoro con i disabili», racconta, «mi ha fatto capire che mi mancava l?aspetto umano nella cura dei pazienti. La mia passione per la scienza medica e l?attenzione per le patologie erano dominanti. Le esperienze degli ultimi anni mi hanno fatto incontrare persone che, di fronte alla malattia, hanno messo a nudo la propria anima, mettendo in questo modo a nudo la mia». Poi l?incontro con gli ammalati stranieri. «I nostri ospiti sono tutti diversi per malattie, Paesi di provenienza, religioni e caratteristiche, ma queste diversità non sono vissute come un limite, sono invece una ricchezza di cui il Signore ci fa dono tutti i giorni. Questi ultimi cinque anni di lavoro con gli ammalati stranieri mi hanno letteralmente ?buttata nel mondo? . Ho scoperto una vita che non ha barriere». Stupisce la serenità di Aloisia, che vive ventiquattr?ore al giorno a contatto con la sofferenza, che vede regolarmente la morte e parla di vita. «La sofferenza fa parte della vita, semplicemente ne prendo atto. Le persone che sono passate di qui mi hanno insegnato moltissimo. Pur essendo così diverse fra loro sono accomunate da un?incontenibile voglia di vivere. I bambini, in particolare. Appena scoprono che possono stare meglio, quando cominciano a frequentare la scuola e a stare con gli altri loro coetanei, in loro esplode un entusiasmo incredibile per la vita». Suor Aloisia spiega che molte delle persone che qui hanno trovato cure e assistenza sanitaria nel loro Paese avrebbero avuto pochissime possibilità di sopravvivere. La ?spinta verso la vita?, come la chiama suor Aloisia, i malati la ricevono non solo grazie alle cure mediche, ma anche grazie alla relazione con tutte le persone che frequentano la casa di accoglienza. Oltre a suor Aloisia e suor Dionigia, che si occupa dell?amministrazione e della cucina, molte altre persone circondano di affetto gli ospiti. «Ciò che forse aiuta di più gli ammalati», dice Aloisia, «è il clima di famiglia che si vive in questa Casa. Da questo ricevono forza per combattere contro la malattia». A creare questo clima contribuiscono le persone che decidono di condividere parte della loro giornata con gli ospiti stranieri della casa di accoglienza. «Qui si impara soprattutto a ?stare? con le persone, a condividere la loro situazione nel bene e nel male». A Casa Cardinal Colombo i malati non vengono seguiti solo dal punto di vista sanitario, ma vengono aiutati a costruire il proprio progetto di vita, grazie alla collaborazione di scuole, aziende, associazioni che mettono a disposizione le loro risorse. «Il nostro desiderio è che le persone diventino autonome il prima possibile. Anche nell?affrontare la malattia e nel gestirla i nostri ospiti devono fare la loro parte. Non vogliamo sostituirci a loro, ma ?aggiungere radici? alla loro vita». Questo piccolo grande miracolo a Milano La Casa di accoglienza Cardinal Colombo per ammalati stranieri È collegata alla Segreteria per gli esteri della diocesi di Milano, nata nel 1983 per dare sostegno agli immigrati. La struttura messa a disposizione dalla diocesi comprende un centro d?ascolto vicino alla stazione centrale di Milano, e alcune case di accoglienza sia per uomini che per donne. Il centro di ascolto offre servizi gratuiti agli stranieri, tra cui l?orientamento nella ricerca del lavoro o nella formazione professionale e la consulenza giuridico-legale. La segreteria per gli esteri ha scelto di rivolgere un?attenzione specifica alle problematiche del mondo femminile, prestando assistenza alle donne straniere vittime di maltrattamenti e a quelle che desiderano uscire da situazioni di sfruttamento, e dando sostegno alle future mamme e alle donne lavoratrici con bambini piccoli da inserire negli asili nidi o nelle scuole materne. Le case di accoglienza legate alla segreteria per gli esteri sono sostenute economicamente dalla cooperativa Sarepta. Segreteria per gli esteri via Copernico 1, Milano tel 0267074271-67075202 Casa Cardinal Colombo via Copernico 7, Milano tel. 0266711380


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA