Formazione

Basaglia, leggenda del santo curatore

Il cinema indipendente celebra lo strenuo avversario dei manicomi

di Antonio Autieri

«Quando medici e infermieri, con la scusa di curarmi, mi torturavano, io mi rifugiavo nella mia seconda ombra e non sentivo più niente»: questa frase pronunciata da un malato di mente ha dato il titolo al film di Silvano Agosti, ?La seconda ombra?. «Un?espressione», spiega il regista, «che allude al destino di una vita non vissuta anche se legittimamente desiderata». Il film narra in un «clima di fiaba realistica», come la definisce Agosti, la storia di un direttore d?ospedale psichiatrico che pratica idee «rivoluzionarie» come il rispetto dei matti, e finisce con lo smantellare la struttura ospedaliera insieme a pazienti, medici e infermieri: distrugge cioè «una struttura da lager sostituendola con una realtà a misura d?uomo». Il personaggio è chiamato semplicemente il ?direttore?, ma ci vuole poco a capire che si tratta di Franco Basaglia, l?uomo da cui nacque la legge 180 sulla chiusura dei manicomi. Il film è dedicato a lui.
Silvano Agosti è un regista indipendente di film scomodi, che cura in ogni fase, dal soggetto al montaggio e che distribuisce in maniera quasi clandestina; difficilmente trovano cittadinanza nei cinema. Così anche ?La seconda ombra?, prodotto dalla 11 Marzo con la collaborazione dell?associazione Kairos, uscito a Roma nel cineclub di Agosti, il glorioso Azzurro Scipioni, è passato finora per un solo giorno a Milano e a Torino (dove spera di tornare «se qualche esercente mi concederà spazio»), toccherà a macchia di leopardo altre città italiane e, alla fine di aprile, dovrebbe uscire a Napoli e Palermo. Poi Agosti continuerà a girare l?Italia con ostinazione per trovare spazi e spettatori interessati al film. In cui colpisce la bravura di Remo Girone, misurato nella parte del ?direttore? e le facce di tanti sofferenti, ospiti di ex ospedali psichiatrici, che fanno se stessi.
A Silvano Agosti (che nel ?75 prese parte a un documentario a più mani in difesa del metodo basagliano, ?Matti da slegare?), abbiamo chiesto di raccontarci dell?amicizia con Basaglia. «Ci incontrammo nel ?63», ricorda. «Sentii parlare di lui, che era diventato direttore dell?Ospedale di Gorizia due anni prima, e d?istinto decisi di andarlo a trovare. Arrivai lì ed era appena cominciata una festa, 800 persone su un prato ballavano e festeggiavano perché erano vive. Rimasi affascinato dalla realtà di un luogo umano. Non so perché ho aspettato 36 anni per raccontarlo, ma solo con il tempo si può dare una configurazione poetica a un evento così importante. Non volevo certo alimentare un mito ma presentare un uomo operante nella solidarietà e nella ?competenza affettiva?; per me, inoltre, era urgente rappresentare i ?matti? come li ho sempre vissuti, angeli che con il loro sguardo abissale ricordano al mondo che la vita è un bene infinitamente prezioso».
Come definirebbe Basaglia?
Era un brav?uomo, che non dimenticava neanche per un istante il valore della vita e non era capace di essere uno psichiatra distante dal malato. Amava dire ai suoi collaboratori: «Siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e tentare di diventare esseri umani». Questo era il cuore della sua proposta, insieme al «prendere iniziativa» di fronte a un malato che faceva la cacca nel letto o a una donna che mangiava solo per terra. La sua risposta era amarli, rispettarli. La legge che ne scaturì è l?aspetto meno importante, solo l?interpretazione sociale di un grande evento umano e poetico e che anzi può essere totalmente disattesa o fraintesa. Ancor oggi si possono commettere gli orrori di un tempo. Come in quella clinica di Palermo, che riceve 12 miliardi di sovvenzioni, dove di recente si sono viste immagini tremende di violenze sui malati: sono uguali a quelle che mostro all?inizio del mio film, quando il ?direttore? travestito da inserviente spia l?ospedale-lager di Gorizia, prima di prenderne la guida. È l?unica fictio poetica, per esprimere il sentimento con cui lui andò a Gorizia: sua moglie mi raccontava che pur essendo un professore di psichiatria all?Università di Padova, Basaglia non aveva mai visitato un manicomio prima d?allora. Aveva bisogno di scoprire l?entità reale di questi soprusi per poter esprimere al massimo la sua reazione.
Cosa rimane oggi della sua esperienza?
Le strutture che si ispirano davvero a Basaglia, come Trieste e Arezzo, dove l?impronta basagliana è stata operativa e la legge è stata perfino superata dalla realtà. Normalmente lo psichiatra vuole decidere quando il malato deve mangiare o dormire e gestire la sua libertà: Basaglia, invece, rispettava la libertà dell?altro e vi riconosceva il valore più prezioso.

Per contattare il regista, disponibile a incontri e proiezioni, occorre scrivere o telefonare a ?11 Marzo Cinematografica?, viale Giulio Cesare 128 ? 00192 Roma; tel/fax 06.37515350/3700612.

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