Politica

Napolitano, la paura del baratro

Monito del Presidente: "Tregua fra magistratura e politica"

di Franco Bomprezzi

La gravità dello scontro politico e il livello dell’indignazione popolare e mediatica spingono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a invitare in modo forte e inconsueto la magistratura e la politica a una tregua. Un richiamo che coglie di sorpresa molti, all’indomani del voto alla Camera che ha portato all’arresto del parlamentare pdl Papa. Ma le tensioni, specialmente nella maggioranza di governo fra pdl e Lega, restano altissime.

“Serve una tregua tra giustizia e politica” è il titolo sulle prime due colonne del CORRIERE DELLA SERA, una falsa apertura, mentre il tema forte della prima del quotidiano di via Solferino è riservata al salvataggio della Grecia. I servizi sulla situazione politica sono infatti da pagina 5 in poi. In prima l’editoriale è affidato a Sergio Romano: “Un paradosso tutto italiano”. Scrive l’ex ambasciatore e cultore di storia, dopo aver constatato come il Belgio, senza governo da tempo, funzioni benissimo egualmente: “L’Italia, invece, ha un governo che può contare, almeno numericamente, su una maggioranza sufficiente, ma soffre di un vuoto di potere che si riflette sulla sua capacità di fare fronte alla crisi economica, alle tempeste finanziarie e alle sue responsabilità internazionali soprattutto là dove ha mandato i suoi soldati. Non è possibile che questa situazione e lo stallo che ne consegue si protraggano indefinitamente. Un governo che non governa perché una fronda interna glielo impedisce, e una opposizione che non pare pronta (con quale formula?) a tentare di sostituirlo, sembrano afflitti da una intollerabile schizofrenia. Troppo ansiosi per il proprio futuro, appaiono incapaci di comprendere che stanno pregiudicando quello dell’Italia. È tempo che ciascuno dei due si assuma le proprie responsabilità, faccia le proprie scelte e le spieghi con chiarezza al Paese”. Marzio Breda a pagina 5 racconta l’esternazione del Presidente: “Napolitano chiede «misura» su intercettazioni e arresti”. Scrive il quirinalista del CORRIERE: “Le intercettazioni? In parecchi casi se ne abusa, mentre andrebbero utilizzate «solo nei casi di assoluta indispensabilità» , anche perché i loro contenuti sono «spesso divulgati per quanto privi di rilievo processuale» , con danno «della privatezza dell’indagato o, ancor più, di soggetti estranei al giudizio» . La prassi degli arresti, che qualcuno denuncia come troppo facili? Vi si ricorra dopo aver valutato con «il massimo scrupolo gli elementi necessari per l’apertura di un procedimento e, a maggior ragione, appunto la richiesta o l’applicazione di provvedimenti cautelari» . Le passerelle delle toghe su tv e giornali? Bisogna recuperare i comportamenti «a criteri di misura e riservatezza» , a «non cedere a fuorvianti esposizioni mediatiche» e a «non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici» . Il sospetto che i giudici vogliano assumersi il compito di risolvere una questione morale che eternamente ritorna? Meglio che «non si sentano investiti di improprie ed esorbitanti missioni» . È un memorandum severo, quello che Giorgio Napolitano consegna ai magistrati in tirocinio ricevuti in udienza al Quirinale”. Il segretario dell’Anm, Luca Palamara, dichiara di condividere le parole del Capo dello Stato. Il CORRIERE intervista l’attuale assessore al bilancio della giunta Pisapia: “Tabacci: sì alle manette? Io spinto dalle sfide del premier ai giudici” . Il ragionamento di Tabacci raccolto da Aldo Cazzullo: “«Parliamoci chiaro: il Parlamento non è un tribunale. L’unico aspetto che avremmo dovuto accertare riguarda l’esistenza di un fumus persecutionis. Io ho visto le carte, ho ascoltato la difesa di Papa. Francamente, il fumus persecutionis si fa fatica a vederlo. Nelle carte c’è di tutto e di più. Immaginare Papa perseguitato non esiste. Quella della procura di Napoli può anche essere un’iniziativa “caricata”. Ma in questi anni si è tentato di mettere la museruola alla magistratura, di inventarsi riforme che tali non erano, di immaginarsi inquirenti sotto il controllo del governo: cose che non hanno certo aiutato a dipanare la matassa. Quando poi a difendere Papa, con un intervento a suo modo pregevole, è lo stesso avvocato Paniz che ha gestito in Aula il caso Ruby, facendo ridere o indignare anche i bar della Padania, Berlusconi non deve stupirsi se la Lega lo molla» . Neppure l’opposizione, di cui lei fa parte, può chiamarsi fuori. Il senatore Tedesco è del Pd. E lui non sarà arrestato. «Ma in Senato non è stata l’opposizione a chiedere il voto segreto. Il Pd e lo stesso Tedesco hanno chiesto il voto palese» . Anche le accuse contro Penati sono molto gravi. Lei ora, come assessore al Bilancio di Milano, governa con il centrosinistra. Che idea si è fatto? «Fatto salvo il rispetto per le persone, con Penati ho avuto polemiche aspre, quando la Provincia da lui presieduta riacquistò da Gavio il 15%della Milano Serravalle, garantendo a un privato un capital gain sproporzionato. Gavio era intervenuto a sostegno di Consorte nell’operazione Bnl Antonveneta. E io lo feci notare. Non si fanno sconti, non si può accettare che le istituzioni siano poste a copertura della casta. Anche questo lo dissi per tempo, nel ’ 93, quando chiesi di concedere l’autorizzazione a procedere nei miei confronti»”. La nota di Massimo Franco sintetizza la situazione politica: “Il «nuovo Carroccio» fotografa il declino dell’asse del Nord”.

Napolitano invoca un passo indietro «nell’ormai intollerabile, sterile scontro tra politica e magistratura», critica il «protagonismo mediatico» di alcuni giudici e quelli che «usano la toga come trampolino politico», dice che le intercettazioni  vanno fatte «solo nei casi di assoluta indispensabilità». Così LA REPUBBLICA sintetizza il discorso fatto dal presidente Napolitano davanti ai giovani magistrati: «dai politici, con tutta probabilità si farà sentire stamani, alla tradizionale cerimonia del Ventaglio». Berlusconi ha «letto e apprezzato», Di Pietro attacca, ma dal Quirinale smentiscono un’interpretazione legata alle inchieste in corso. L’intervista a Luca Palamara, presidente dell’Anm, insiste proprio su questo e sull’opportunità di questo intervento di Napolitano mentre si vocifera di nuove richieste di custodia cautelare. Palamara dice «non ne sono al corrente», Napolitano «è al di sopra di ogni sospetto» ma d’altra parte le intercettazioni sono «indispensabili» e nei suoi colleghi non vece «alcuna forzatura». La cronaca di LA REPUBBLICA prosegue con un premier che «teme un’ondata di richieste d’arresto, una Tangentopoli che farà rotolare ogni settimana una nuova testa», mentre dopo l’estate «matureranno le condizioni per una nuova crisi di governo e sarà proprio il Carroccio a far saltare il tappo», e – si sfoga il Cavaliere – «le toghe stanno favorendo questo progetto» di un “governo Maroni”. Nelle cinque pagine successive, oltre a Papa che in carcere «legge Geothe e pensa ai figli» continua il racconto dei movimenti interni alla Lega, con titoli che vanno da “il Senatur è ancora il totem ma tra assenze e malanni si spezza l’incantesimo del capo” a “le truppe di Bobo si prendono il Carroccio”. 

IL GIORNALE apre a tutta pagina con “Napolitano si sveglia. Basta intercettazioni”. L’editoriale è a cura di Mario Giordano. «Ma il coccodrillo come fa? Finalmente risolto l’antico dilemma della canzoncina per bambini: il coccodrillo fa come Napolitano. Cioè piange sul latte versato. In effetti l’appello del capo dello Stato contro «il protagonismo dei giudici» sarebbe perfetto se non fosse che arriva un po’ tardi: i giudici protagonisti stanno scorrazzando per l’Italia, un deputato ha appena passato la sua prima notte in carcere e attorno al Parlamento si sente un tintinnare di manette da far paura. Chiedere adesso di fermare “l’intollerabile scontro fra politica e magistratura” è corretto ma leggermente fuori tempo. Un po’ come ricordare a tutti di chiudere i rubinetti del lavabo mentre fuori c’è lo tsunami. A leggere le sue solenni parole, viene infatti da chiedersi: ma dove diavolo ha vissuto finora il presidente? Che, niente niente, negli ultimi mesi, mentre Woodcock impazzava, il Quirinale era stato trasferito su Marte? O nel bosco della Bella Addormentata? Ci vuole un “uso sapiente dei mezzi investigativi”, tuona ora re Giorgio. Bisogna tutelare “i diritti costituzionalmente garantiti”. E non bisogna esagerare con l’uso e l’abuso delle intercettazioni, e soprattutto con la divulgazione di contenuti “privi di rilievo processuale”. Ma davvero? O perdindirindina: chi l’avrebbe detto?». Il giornalista poi ripercorre gli ultimi mesi «abbiamo imparato a sfruculiare quotidianamente l’intimità interurbana dei parlamentari, abbiamo visto sfondare senza ritegno la loro privacy, i “diritti costituzionalmente garantiti” sono stati ridotti a mocho vileda: roba da usare per pulire i pavimenti. E Napolitano che cosa faceva? Puntava il ditino contro il decreto sulle intercettazioni e si opponeva a ogni misura atta a fermare lo scempio. Proprio così: e allora adesso di che cosa si stupisce, il bello addormentato al Quirinale? Per carità, sempre meglio tardi che mai. Incontrando i futuri magistrati, il capo dello Stato li invita a non inserire nei provvedimenti «riferimenti non pertinenti» e poi li incoraggia a usare il “massimo scrupolo” prima di mandare qualcuno in galera. Speriamo gli diano retta. Ma nel frattempo chissà che cosa ne pensa l’onorevole Papa, spedito direttamente dal Parlamento alla cella senza scrupoli né massimi né minimi». Per il giornalista il Presidente «ha messo sotto accusa le “esposizioni mediatiche”, i comportamenti privi di “correttezza espositiva, compostezza, riserbo e sobrietà”. E ha definito profondamente sbagliato che un magistrato si candidi nella stessa sede in cui ha svolto attività togata. Sante parole. Ma Napolitano stava forse pensando a Michele Emiliano, che è passato direttamente da sostituto procuratore di Bari a sindaco della medesima città? O stava parlando del pm Luigi De Magistris che lavorava alla Procura di Napoli, città della quale è diventato sindaco? Perché non ce l’ha detto prima? E perché,se davvero s’indigna per l’esposizione mediatica dei magistrati, non ha mai avuto nulla da dire sulle innumerevoli comparsate in toga nel salotto incandescente di Annozero? Perché non è intervenuto, da capo del Csm, sulle esternazioni a reti unificate di Antonio Ingroia? Aveva il televisore rotto? Sbagliava canale? Non è che, per caso, al Quirinale il segnale è disturbato?».

Anche se la foto principale che apre la prima pagina de IL MANIFESTO è dedicata al vertice Ue, proprio sotto la testata si trova la fotografia di Napolitano con il titolo “Troppi indagati nel Pd. Napolitano critica i giudici”. «Arriva ieri mattina il severo j’accuse del capo dello stato contro i giudici, invitati a “evitare condotte che creino indebita confusione di ruoli, e fomentino l’ormai intollerabile, sterile scontro tra politica e magistratura” (…) Lo scontro sarà pure sterile ma “non ci troviamo di fronte a una guerra tra bande”, gli fa osservare Di Pietro (…)» si legge in prima pagina nel richiamo che rimanda a pagina 4 dove il tema è trattato in una colonna dal titolo “L’altolà scende dal Quirinale” in una pagina dal titolo “Le cataratte del Pdl” in cui si ricorda: “Oggi nessun incontro Bossi – Berlusconi. Ieri niente voto sul rifinanziamento delle missioni all’estero. Dopo lo strappo, Maroni rassicura l’alleato, ma il governo è imballato e incombe il caso Milanese”. Nella colonna Micaela Bongi scrivre: «Non è certo la prima volta che il capo dello stato e presidente del Csm Giorgio Napolitano lancia appelli affinché cessi lo scontro tra politica e magistratura, richiamando all’ordine anche le toghe. Ma questa volta (…) è solo alle toghe che il presidente della repubblica rivolge una reprimenda (…)».

Un lungo commento anonimo a pagina 16 sulle parole di Napolitano su IL SOLE 24 ORE “Le regole e la coesione di cui il Paese ha davvero bisogno”: «Sia chiaro: la magistratura deve svolgere il proprio lavoro con l’autonomia che le è propria e deve applicare il principio, fissato nella legge, dell’obbligatorietà dell’azione penale; allo stesso modo la politica, il Parlamento, può e deve esercitare le proprie prerogative, anche nella difesa dei suoi componenti nelle facoltà, e nei limiti, della legge. Ma oggi più che mai, nel momento della massima esigenza di compattezza, non è tollerabile uno scontro tra poteri che sa di protagonismi personali e di spirito di fazione. Quando il Paese è debole ed esposto alla logica spietata dei mercati, è più che mai tempo di rigore, da parte di tutti. La politica, che deve diventare una casa di vetro e deve dimostrare di sapersi far carico delle proprie responsabilità sia attuando una riforma della giustizia che metta in primo piano l’efficienza e la riduzione dei tempi (malattia alla quale non ci si deve mai assuefare) sia assumendo posizioni e comportamenti intransigenti nei confronti dei tanti, troppi, che “scambiano” la politica con il mercimonio personale. Ma anche la magistratura, che deve rifuggire dagli eccessi di protagonismo e non deve indulgere o semplicemente apparire che indulga alla ricerca di un facile consenso popolare (altra faccia del populismo della politica) intorno alle proprie inchieste, come se quel consenso fosse il fondamento della legittimità del proprio agire che invece è salutare e lodevole di per sé. Su questo punto Napolitano è stato chiaro come non mai. E alla magistratura inquirente ha anche rivolto l’invito a evitare abusi nell’uso delle intercettazioni come strumento di indagine. Un richiamo, quest’ultimo, che non può non stimolare a una riflessione anche il mondo dei media, che deve saper informare su tutto, scovando e denunciando il malaffare nelle sue pieghe nascoste, senza per questo eccitare ed  eccitarsi nel sangue di una corrida rovinosa per il Paese, soprattutto quando lambisce persone non coinvolte nelle inchieste.
L’Italia è a un passaggio delicatissimo. Tutti i giorni l’apertura dei mercati è un esame senza appello. Sobrietà, coesione e unità d’intenti sono elementi irrinunciabili per costruire il bene prezioso della fiducia. Sul Quirinale c’è un faro acceso che illumina la strada. Sarà bene che tutti camminino all’interno di quel fascio di luce. E in una direzione sola».

La Lega ha il pugnale nella parte del manico, ma non è scontato che pugnalerà Berlusconi. Secondo l’analisi di Marco Bertoncini su ITALIA OGGI, “Maggioranza e governo nelle mani di Maroni”  a pag 2, i leghisti non hanno nessuna fretta a far precipitare la situazione. «Elezioni immediate significherebbero la loro estraneità al successivo governo, essendo scontata la vittoria del centro-sinistra. Un governo tecnico richiede almeno uno nuovo patto della sardina, come fu nel 94 con popolare e pidiessini». Di grandi scenari parla invece Piero La porta a pag 5. Nel pezzo “La Lega fa il gioco degli americani”, spiega che il Carroccio voglia veramente la secessione e che godrebbe dell’appoggio degli Usa in «vista di una guerra permanente del Mediterraneo per chiuderlo  alla Cina». In questo scenario un’Italia spaccata permetterebbe alla Nato di usare la Sicilia come avamposto militare.

“Napolitano: scontri intollerabili. Alta tensione tra premier e Lega”, titola in prima pagina AVVENIRE di oggi, che mette l’uscita del presidente in terza posizione gerarchica dopo il piano di salvataggio della Grecia e la carestia in Somalia (a cui è riservata l’intera pagina 3). “«Intollerabile lo scontro giudici-politica»”, è invece la il titolo della pagina 7. Nel pezzo di Angelo Picariello di evidenzia come il presidente della Repubblica omaggia i magistrati definiti «servitori dello Stato», ma critica la sovraesposizione mediatica, i protagonismi e l’abuso delle intercettazioni. L’approfondimento è affidato al pezzo in taglio basso (“Applausi dall’Anm. Ma Alfano: aspetto i fatti”). Quattro le posizioni in evidenza. Il Pdl Quagliariello: «Chi deve capire lo sa». Il Pd Orlando: «Noi sulla stessa linea». L’Udc Rao: «Adesso ascoltiamolo». E il leader dell’Idv Di Pietro: «Io non lo condivido».

Solo un titolino basso in prima pagina de LA STAMPA per il richiamo del Presidente della Repubblica, che viene amaramente punzecchiato dalla frecciata satirica della Jena a pag. 3 (“Napolitano: ormai gli amici lo chiamano Monito”). Tre doppie poi nel “Primo piano” sulla situazione politica italiana dopo lo scossone della doppia votazione di Camera e Senato sulla richiesta d’arresto di Papa e Tedesco. Ad aprire, il richiamo di Napolitano ai giudici in occasione dell’incontro al Quirinale con i 253 giovani tirocinanti della Magistratura: “I magistrati rispettino i limiti” e “No a forme di protagonismo” e “Evitare scontri con la politica”. Un monito che va al di là del richiamo istituzionale: “La grave insufficienza del sistema giustizia determina nel cittadino la crisi di fiducia”. Opposto ovviamente le razioni della politica: Se Maurizio Lupi (pdl) spera che “L’appello alla magistratura e alla politica non cada nel vuoto”, duro Di Pietro: “Rispetto il ruolo del presidente ma non condivido le sue parole”. A tener banco, però, a livello politico è l’evoluzione-rivoluzione in atto all’interno della Lega, dove l’assalto di Maroni al partito sembra ormai inarrestabile. Salta il faccia a faccia tra Bossi e Berlusconi per via di un’operazione all’occhio del leader Lumbard. Berlusconi: “Voglio capire se devo parlare con lui – con Bossi – o con Maroni, se è ancora lui il capo, se riesce ancora a controllare il suo partito”.  Tema approfondito a pag. 8-9, dove si parla di un “asse dei tre Roberti contro il cerchio magico”: ovvero Maroni, Calderoli e Castelli contro i “famili” dell’Umberto. In appoggio, un reportage dalla festa leghista di Treviglio (BG), dove l’inviato della Stampa è andato a incontrare “l’anima popolare leghista”. Anima che non ha dubbi: “Ma quale spaccatura? Noi padani eravamo tutti per l’arresto a Papa”, è la voce che emerge dalle rive dell’Adda.  

E inoltre sui giornali di oggi:

WELFARE
IL SOLE 24 ORE – “Bonus bebè da restituire per 8mila famiglie”: «”Si contesta alla Signoria Vostra di avere riscosso illecitamente il bonus bebè per avere sottoscritto e utilizzato un’autocertificazione mendace al fine di percepire la suddetta somma (…). Si comunica che di quanto sopra esposto, sarà fatta apposita segnalazione alla Procura della Repubblica”. È finita con questa comunicazione del ministero dell’Economia, per migliaia di famiglie italiane, la vicenda  del bonus da mille euro introdotto dalla Finanziaria 2006 (legge 266/2005, articolo 1, commi 331-334) per ogni figlio nato o adottato nel 2005 o per ogni secondo o ulteriore figlio nato o adottato nel 2006. Un bonus annunciato da una lettera del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, inviata ai nuovi nati del 2005, con l’indicazione dell’ufficio postale presso cui i genitori avrebbero potuto riscuotere la somma. La contestazione arriva, in questi giorni, dopo le verifiche dell’agenzia delle Entrate sul reddito del nucleo familiare indicato al momento della richiesta dell’assegno, cinque anni fa: la norma prevedeva, infatti, che per beneficiare dell’agevolazione, la famiglia del nuovo nato dovesse avere «un reddito complessivo» non superiore a 50mila euro. Molte famiglie hanno commesso errori nell’autocertificazione dei requisiti (non era prevista alcuna mediazione dei professionisti o dei Caf per compilare il documento): alcuni hanno indicato il reddito “netto”; altri hanno segnalato il reddito da lavoro dipendente senza considerare l’abitazione principale; altri ancora hanno incluso fra i componenti del nucleo anche familiari non a carico, che non rientrano nella composizione del nucleo fiscale (composto da familiari a carico e coniuge – non separato – del dichiarante). Così, l’amministrazione chiede ora la restituzione entro 30 giorni del bonus da mille euro ingiustamente incassato, e, nei casi  in cui il giudice penale accerterà che c’è stata falsa autocertificazione, il versamento di 3mila euro (il triplo del beneficio  ottenuto) come sanzione amministrativa. Secondo Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla famiglia, “su 550mila bambini nati nel 2005, le contestazioni sono 8mila”. Intervistato da Radio 24, durante il programma “Salvadanaio”, Giovanardi ha precisato che «chi ha ricevuto questa lettera con la richiesta di restituzione, ma pensa di aver avuto il diritto all’assegno, può farlo presente all’amministrazione. Se invece le condizioni di legge non ci sono, basterà restituire i mille euro ricevuti cinque anni fa, senza interessi». Quanto alla sanzione amministrativa da 3mila euro, Giovanardi precisa che “se la mancata restituzione e la contestazione sfociano a livello penale in una condanna, allora la sanzione dei 3mila euro può arrivare, ma sono casi limite”».

AZZARDO
AVVENIRE – “Gioco, l’antimafia lancia l’allarme”. Durissimo monito del presidente Giuseppe Pisanu: «per ciascun euro incassato dallo Stato, la malavita ne incassa dieci». È questo uno dei passaggi più significativi scritti nella relazione sulla crescita allarmante del gioco legale e illegale del Comitato antiriciclaggio. Fra slot machine e scommesse clandestine sequestrati nel 2010 più di 2 milioni di euro. 

LA CASTA
LA REPUBBLICA – “il Parlamento degli inquisiti” è il titolo efficace di un’ampia inchiesta che fa i conti esatti su quanti sono, in Parlamento, gli onorevoli inquisiti: uno su dieci. Tra indagati e condannati, sono 84 (di cui 29 condannati): 49 sono del Pdl, 11 del Pd, 6 della Lega. Le procure più attive sui politici sono al Sud. Cinque sono indagati o condannati per mafia e camorra, due per gli anni delle lotte giovanili, nove hanno verdetti figli di tangentopoli. Alla Regione Sicilia c’è un vero record: su 90 deputati, 29 sono nei guai con la giustizia. 

ANTISEMITISMO
LA REPUBBLICA – È tornata in rete (subito oscurata) la blacklist dei professori ebrei, già pubblicata nel 2008. Ma non è la sola espressione dell’odio antisemita che il web propone su blog e forum dichiaratamente neonazisti e antisemiti. L’ultimo degli elenchi della vergogna, comprende, oltre ad alcuni nominativi di magistrati ebrei (o ritenuti tali), una lista aggiornata di attività commerciali, ristoranti, macellerie, pasticcerie, i cui proprietari sono ebrei. Attività da “boicottare”, come scrive Dagoberto Bellucci, italiano convertito all’Islam e residente in Libano, da molti definito nazi-islamico, molto vicino agli ambienti della destra estrema. 

TUNISIA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina, nella parte bassa con scritta bianca su riquadro rosso, per l’articolo di Giuliana Sgrena “Democrazia minacciata”, il fatto è, come si  spiega nell’ampio servizio di pagina 9 che solo il 2% dei cittadini si è registrato per partecipare alle votazioni del 23 ottobre. « All’aeroporto di Tunisi troviamo lunghe code al controllo passaporti, non succedeva da tempo. Molti sono tunisini che tornano in patria in vacanza, ma ci sono anche turisti – il turismo sta lentamente riprendendo. Prima dell’uscita alcune ragazze distribuiscono un volantino ai tunisini: è un appello ad andare a iscriversi alle liste elettorali (…) Finora solo il 2 per cento dei tunisini si è iscritto e la scadenza, fissata per il 2 agosto quando inizia il Ramadan, si avvicina (…) Quando chiediamo a un gruppo di ragazze e ragazze se si sono iscritti alle liste elettorali cadono dalle nuvole, chissà se sono stati tra i giovani delle rivoluzione, non sembra. (…) Sonia e Salwa si sono già iscritte anche perché come molte donne cominciano a temere gli islamisti, non tanto per la possibilità che ottengano i voti della maggioranza ma perché possano approfittare del disinteresse della maggioranza (…)»

MAZZOLARI
AVVENIRE – Lorenzo Fazzini racconta i funerali del sacerdote in Sud Sudan: «L’Africa, si sa, è un “altro” mondo. E così può capitare che i funerali di un vescovo, morto improvvisamente, si trasformino in un’immensa festa di popolo. Erano oltre tremila le persone che si sono radunate ieri mattina davanti alla cattedrale di Rumbek, in Sud Sudan, per salutare monsignor Cesare Mazzolari, morto sabato». «Oggi qui è riunito tutto il Sud Sudan» ha evidenziato l’arcivescovo di Juba, monsignor Paolino Lokudu Loro. Salva Kiir, presidente del neonato Sud Sudan, ha inviato a rappresentarlo il ministro dell’Economia Akuong. E il governatore del Lake States (la provincia con Rumbek capitale) Mayay ha definito la scomparsa di Mazzolari «come quella di un eroe», dichiarando per l’intero Stato dei Laghi tre giorni di lutto».

GEMELLE SIAMESI
LA REPUBBLICA – Per la prima volta parla il papà di Lucia e Rebecca, le due gemelline siamesi nate un mese fa a Bologna. Un «ragazzo» – con pantaloni corti sandali e maglietta di un’associazione di solidarietà «ha l’aria del caposcout», qualche tempo fa hanno avuto in affidamento un bambino dalla Papa Giovanni XXIII – stringe la mano ai cronisti «perché è una persona educata, non perché abbia voglia di parlare». Parla per dire «per favore, non fateci trovare i fotografi davanti alla porta, abbiamo altri due bambini, dobbiamo tutelare la loro serenità». Parla per dire che anche al momento dell’ecografia «non c’è stato nulla da scegliere», poiché «piccole così dentro la pancia o alte un metro, per noi non cambia nulla, sono le nostre bambine», «era ovvio che saremmo andati fino in fondo». Ripete questo, «sono le nostre bambine», «cosa c’è di più da dire?» e scrolla via le interpretazioni e le letture facili di chi sta seduto a leggere, incluso un «no, non è questione di fede».

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