Welfare

Ministero dell’Interno condannato per discriminazione

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano ha accolto un ricorso di Cgl, Cisl e Uil

di Redazione

L’aver impedito a migliaia di stranieri di completare la procedura di sanatoria perché in precedenza si erano resi responsabili del reato di non aver rispettato l’ordine del Questore di abbandonare il territorio nazionale (reato cancellato dalla Corte di Giustizia europea perché contrario al diritto umanitario, ndr) è stata una grave discriminazione. È quanto ha affermato il Tribunale di Milano, sezione lavoro, che ha accolto il ricorso proposto da Cgil, Cisl e Uil di Milano, Naga, Apn, Arci, Comunità Nuova Onlus, insieme ad un lavoratore tunisino contro il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Milano.

Per il giudice, si legge in una nota dei sindacati «il comportamento del Ministero è discriminatorio «in quanto impedisce allo straniero di pervenire ad una condizione di parità cui avrebbe diritto […] Il rifiuto di ammettere alla regolarizzazione uno straniero che invece ne abbia diritto è pertanto analogo al caso in cui allo straniero venga negato l’accesso ad uno o più beni che gli spetterebbero in virtù del principio di parità».

Si conclude così, con una condanna per discriminazione, la complessa vicenda che ha visto il Ministero dell’Interno soccombere prima davanti alla Corte di Giustizia, poi avanti il Consiglio di Stato ed ora anche davanti al Giudice del lavoro: a ulteriore conferma di quanto siano errate e contrarie al diritto alcune scelte del governo in materia di immigrazione. Secondo il Tribunale, dal comportamento discriminatorio può anche discendere il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, che spetterà qualora lo straniero sia in grado di dimostrare di aver perso il lavoro originario o di non averne potuto reperire un altro a causa del comportamento discriminatorio del Ministero.

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