Volontariato

E’ allarme: lettera a Napolitano

Dopo il Lazio, anche Bologna senza soldi. Il sindaco: «Da autunno nemmeno un euro per i pasti»

di Redazione

Continua l’emergenza carceri, fra sovraffollamento e tagli. Dopo l’allarme lanciato dall’Associazione Antigone sulla situazione nel Lazio, dal prossimo autunno il carcere della Dozza di Bologna non avrà più un euro neanche per fornire i pasti ai detenuti. Questo il dato emblematico emerso oggi dalla conferenza stampa convocata a Palazzo D’Accursio dal sindaco Virginio Merola, al termine della visita che ha effettuato questa mattina al penitenziario cittadino insieme al presidente della Commissione diritti umani del Senato, Pietro Marcenaro, e ai parlamentari Rita Ghedini, Donata Lenzi ed Elio Massimo Palmizio.

Oltre al problema economico, resta quello del sovraffollamento: al momento il carcere ospita il triplo dei detenuti consentiti dai limiti di capienza (850 unità) ed ha un numero di agenti di custodia sottodimensionato: dovrebbero essere oltre 500 e non sono neanche 390. «La situazione alla Dozza è ancora sotto controllo grazie alla collaborazione tra detenuti e agenti di custodia; le proteste vengono fatte in maniera civile e argomentate» ha affermato Merola, ricordando che però «le scarse risorse del carcere stanno portando ad un empasse totale».

«La direttrice della casa circondariale – ha aggiunto il sindaco – ha spiegato che ha a disposizione un budget da 60 mila euro, cifra che non permette di coprire il costo dei pasti da ottobre e neppure riparare le auto, o fare benzina, alle auto degli agenti di custodia”.

Intanto, però, Merola e l’assessore al Welfare Amelia Frascaroli si sono già impegnati ad offrire un contributo del Comune per il problema. «Vedremo come fare, cercheremo forme di sostegno per i percorsi di reinserimento e, più in generale, per intervenire sull’emergenza all’interno del carcere” ha assicurato il primo cittadino, preannunciando che verificherà anche “se ci sono gli estremi per un’ordinanza sindacale che intervenga sull’aspetto igienico-sanitario».

UN APPELLO A NAPOLITANO
E proprio oggi la deputata radicale Rita Bernardini, in occasione della visita di sindacato ispettivo effettuata sabato scorso al carcere di Spoleto, ha incontrato decine di ergastolani tra cui Carmelo Musumeci, condannato all’ergastolo ostativo, dal quale ha ricevuto una lettera da consegnare al Presidente Napolitano sottoscritta da «gli ergastolani in lotta per la vita».

«Signor Presidente della Repubblica, noi ‘uomini ombra’ non possiamo avere un futuro migliore, perchè non abbiamo più nessun futuro – si legge nella lettera – E per lo Stato noi non esistiamo, siamo come dei morti. Siamo solo come carne viva immagazzinata ad una cella a morire. Eppure a volte, quando ci dimentichiamo di essere delle belve, noi ci sentiamo ancora vivi. E questo è il dolore più grande per degli uomini condannati ad essere morti». «A che serve essere vivi se non abbiamo nessuna possibilità di vivere? Se non sappiamo quando finisce la nostra pena? Se siamo destinati a essere colpevoli e cattivi per sempre? (…) – scrive ancora il detenuto – Molti di noi si sono già uccisi da soli, l’ultimo proprio in questo carcere il mese scorso, altri non riescono ad uccidersi da soli, ci aiuti a farlo Lei. E come abbiamo fatto anni fa, Le chiediamo di nuovo di tramutare la pena dell’ergastolo in pena di morte». 

Rita Bernardini, nel consegnare la lettera al Quirinale, ha a sua volta indirizzato un messaggio al Presidente Napolitano, nel quale spiega di non condividere affatto alcune espressioni contenute nella lettera, come quando gli ergastolani invocano l’aiuto del Presidente a morire.

«Ma io – continua – non sono al loro posto ed è per questo che ho deciso di consegnarglieLa lo stesso. Il dramma di cui sono portatori è immenso. Infatti, la nostra legislazione non solo prevede la pena dell’ergastolo – che, a mio avviso, è nettamente in contrasto con l’art. 27 della nostra Costituzione tanto che, assieme ai miei colleghi radicali, ho presentato una proposta di legge di abrogazione – ma addirittura l’ergastolo ‘ostativo’, cioè – spiega la deputata – una pena che effettivamente non finisce mai e che non da’ diritto ad alcun beneficio, anche se il condannato assuma per decenni un comportamento irreprensibile, improntato alla ricerca del bene e della crescita umana di sé e degli altri». Bernardini è in sciopero della fame dal 6 giugno scorso per chiedere un’«Amnistia per la Repubblica», che ponga fine allo stato di illegalità delle carceri italiane e ripristini il funzionamento della giustizia.


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