Volontariato

Ai centri d’ascolto Caritas oltre 9mila poveri

I dati presentati durante il convegno "Le cifre del'accoglienza". In crescita separti e divorziati con il problema dell'alloggio

di Redazione

Il fenomeno in crescita è rappresentato dagli uomini separati o divorziati che hanno bisogno di un alloggio, anche se a rivolgersi ai centri di ascolto delle Caritas in Lazio si trovano giovani donne straniere che chiedono lavoro, istruzione, alloggio e beni materiali; italiani che faticano ad arrivare alla fine del mese. Gli stranieri sono 3 volte più degli italiani, il 40% ha meno di 45 anni, le donne sono cinque volte di più. Sono questi i profili dei nuovi “poveri” che si rivolgono ai Centri d’ascolto delle Caritas diocesane del Lazio, secondo quanto emerso dall’analisi dei dati 2010 presentata oggi a Roma, durante il convegno “Le cifre dell’accoglienza”.
Lo scorso anno – riferisce l’agenzia Sir – si sono rivolti ai centri d’ascolto del Lazio 9.339 persone, ma l’analisi si è concentrata su 6.668 casi, sui quali era a disposizione una informazione più completa. Queste 6.668 persone hanno presentato 35.709 richieste di lavoro, alloggio, beni e servizi materiali, istruzione. Il 66,12% degli utenti chiede “beni e servizi materiali”. Molti di loro sono italiani, «famiglie e in minor parte anziani» che «pur avendo un sufficiente livello di inclusione – denuncia lo studio – faticano a garantirsi autonomamente una sopravvivenza senza stenti», soprattutto se esposti a «eventi critici quali separazioni, vedovanze, perdita dei familiari, perdita del lavoro, problemi di salute, in un contesto che vede la contrazione delle misure sociali più adatte alle loro esigenze».

L’altra caratteristica, anche se non è una novità, è l’aumento degli uomini tra i 46 e i 55 anni che, dopo una separazione o un divorzio, si trovano in condizione di forte impoverimento: vanno ai centri di ascolto a chiedere soprattutto alloggio.
La Caritas esprime «preoccupazione per un fenomeno in crescita» e lamenta la mancanza di «alloggi sociali, una questione che si perpetua senza soluzioni da molto tempo e che sta mettendo le fasce più disagiate in competizione tra loro (italiani contro stranieri; occupanti contro liste d’attesa; ceto medio in famiglia contro single e separati». Riguardo alle diverse province, a Latina sono soprattutto le donne a chiedere lavoro, al contrario di Viterbo, dove c’è una larga presenza di uomini stranieri. Roma invece si distingue per una maggiore eterogeneità delle richieste, come tipico delle aree metropolitane. La provincia di Rieti incontra più italiani e stranieri in difficoltà economica. Questo studio, ha detto mons. Armando Brambilla, vescovo incaricato della Conferenza episcopale laziale per la pastorale della salute e della carità, «è significativo perché ci parla di una realtà spesso nascosta, ma operante in tanti luoghi della regione”. I volontari, ha proseguito, “sono chiamati non solo ad offrire assistenza immediata, ma a far lievitare sempre più la coscienza propria e della comunità verso la crescita integrale della persona».

«Il grande impegno di questi anni delle nostre Caritas a professionalizzarsi nel campo della solidarietà – ha ricordato monsignor Brambilla -, le ha poste nella condizione di interloquire con le pubbliche istituzioni, offrendo collaborazione, a volte con spirito critico, ma sempre orientate al bene integrale della persona». Auspica perciò «il consolidarsi della costruzione di una rete di solidarietà capace di dare risposte reali».
Il delegato regionale don Mariano Parisella ha poi annunciato la creazione, a breve, di un Osservatorio delle Caritas del Lazio, per una lettura dei bisogni del territorio. L’iniziativa rientra nel progetto, sostenuto da Caritas italiana, che ha istituito il Gruppo di promozione Caritas. «Confrontarsi sulle cifre – ha osservato don Parisella – aiuta a comprendere i rispettivi ruoli, a interrogarsi con più puntualità sulle cause che generano i disagi sociali, a compiere quindi un’azione di osservazione non autoreferenziale, ma proiettata alla conoscenza reale e completa di chi è in difficoltà. Si tratta di coinvolgere tutti nella presa in carico delle emergenze sociali, avendo anche il coraggio di saper cambiare rotta laddove si registrano inefficienza e inefficacia».


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