Cultura

Scola, a Milano “la Vita Buona”

Commenti e ritratti del nuovo Arcivescovo sui quotidiani

di Franco Bomprezzi

Una scelta prevista, ma non per questo meno carica di interesse e di significato. E’ Angelo Scola il nuovo Arcivescovo di Milano, prende il posto di Dionigi Tettamanzi. La decisione del Papa ha incontrato, ieri, una vasta eco non solo nel mondo cattolico, ma anche nella politica e nella società milanese. Ecco come i giornali, oggi, raccontano e commentano.

“Scola arcivescovo di Milano « Vi parlerò della vita buona»” è il titolo scelto dal CORRIERE DELLA SERA, nel palco alto della prima pagina, per annunciare la nomina. E’ Aldo Cazzullo a firmare il pezzo, un ritratto in punta di penna. Scrive Cazzullo: “La prima cosa che colpisce di Angelo Scola, 69 anni, è come si sposino nella stessa persona il rigore dottrinario e il calore umano. Il nuovo arcivescovo di Milano, che a settembre subentrerà a Dionigi Tettamanzi, è un intellettuale, che ha tenuto testa a Joseph Ratzinger e a Urs von Balthasar nelle discussioni teologiche. Eppure ha un tratto gioviale, diretto, da uomo del popolo; quale è. «Vengo da una famiglia poverissima, e ne sono orgoglioso» ama ricordare. Suo padre e sua madre hanno vissuto tutta la vita a Malgrate, luogo manzoniano, in un appartamentino di 35 metri quadrati, nella vecchia corte di una grande fattoria: la stanza con la stufa economica faceva da cucina e da salotto; da lì si passava nella camera da letto dei genitori, « e in un bugigattolo dove dormivamo io e mio fratello»” . Tre le pagine dedicate, dalla 13 alla 15. Apre Gian Guido Vecchi con la notizia: “A Milano Ratzinger nomina Scola”. “«Vi assicuro che il mio cuore ha già fatto spazio a tutti e a ciascuno. Vengo a voi con animo aperto e sentimenti di simpatia e oso sperare da parte vostra atteggiamenti analoghi verso di me. Chiedo al Signore di potermi inserire, con umile e realistica fiducia, nella lunga catena degli arcivescovi che si sono spesi per la nostra Chiesa» – scrive Vecchi – Le prime parole del cardinale Angelo Scola come nuovo arcivescovo di Milano — con buona pace di chi si augura o paventa, secondo i casi, fratture e rivoluzioni sulla cattedra di Ambrogio — sono un messaggio di apertura alieno da ogni settarismo: «Mi impegno a svolgere questo servizio favorendo la pluriformità nell’unità. Sono consapevole dell’importanza della Chiesa ambrosiana per gli sviluppi dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso» , dice”. Di taglio, a pagina 13, un pezzo di Paolo Foschini rende conto dei primi commenti nell’area cattolica progressista milanese: “«Aperto al confronto tra civiltà diverse» La fiducia dei cattolici progressisti”. Critico don Rigoldi, positivo don Colmegna. Ma in realtà pronti entrambi a valutare nel concreto, da oggi in poi. Un passaggio: “La conclusione tutto sommato è la stessa, e probabilmente questo poi è quel che conta: «Totale fiducia nel nuovo arcivescovo di Milano» . Ma la premessa è letteralmente opposta: «Un punto di riferimento che ho sempre stimato» , dice il primo. «In passato non mi è piaciuto neanche un po’» , dice il secondo. Il primo è don Virginio Colmegna, presidente di quella Casa della carità che ormai da anni è tra le pietre angolari della solidarietà milanese e la cui (ex) direttrice è appena divenuta vicesindaco del neoeletto Giuliano Pisapia. Il secondo è don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile «Beccaria» nonché anima della Comunità Nuova la cui esistenza è da anni la salvezza per generazioni di ragazzi. L’elemento che li accomuna è che entrambi sono espressione di quel mondo cattolico milanese «di sinistra» che in Dionigi Tettamanzi aveva certamente trovato una solida garanzia e che ora aspetta Angelo Scola con «grande fiducia» , è vero, ma almeno in parte anche incrociando le dita”. Pagina doppia, 14 e 15, per il seguito del lungo ritratto di Aldo Cazzullo, corredato da una scheda biografica e da una scheda infografica dedicata ai predecessori nell’Arcidiocesi milanese. Un altro passo del suo articolo: “Quasi mai si sente parlare di «vita buona» . Scola usa questa espressione senza moralismo, come una chiave che apre tutte le porte, che dà un’interpretazione della politica, del Sessantotto — sulle cui origini diede una lettura positiva tanto che Il manifesto lo definì «il cardinale beat» —, della scuola, della famiglia, del fine vita, dell’amore. La sua idea è che il cristianesimo non penalizza le passioni, i desideri, financo gli istinti; anzi, esalta l’umanità, la differenza tra uomo e donna, l’attrazione per il bello”. Ma assolutamente notevoli queste considerazioni di Aldo Cazzullo: “Il nuovo arcivescovo di Milano ha introdotto nel mondo delle idee della Chiesa altri due concetti fondamentali. La «nuova laicità» , quasi un manifesto del modo della Chiesa moderna di stare nella società e partecipare alla discussione e alle decisioni politiche: senza creare un legame con un partito, senza pretendere obbedienza, ma anche senza rinunciare a esprimere la propria posizione e ad auspicare che il legislatore la recepisca. E il «meticciato» — non una scelta, ma un fenomeno storico con cui fare i conti — agli antipodi sia dei retori del relativismo culturale sia dei nemici della società multietnica. Il mondo del «meticciato» è invece una società integrata in cui si parlano l’italiano, l’arabo, l’inglese, il francese e l’urdu, le lingue in cui è stampata la rivista fondata da Scola, Oasis. Il lavoro culturale di questi anni a Venezia — il Marcianum, la collaborazione con la Fondazione Cini, i frequenti viaggi all’estero in particolare in Medio Oriente— si è accompagnato a un fitto dialogo con i giovani su Internet e al lungo viaggio nelle parrocchie veneziane. Poi, ogni sera, prima di andare a dormire, il cardinale recita l’Ave Maria, come da bambino. Scola ha dimostrato qualità di pastore e di comunicatore non scontate in un intellettuale. Ha saputo ascoltare mondi lontani dal suo, dall’arte contemporanea al cinema. All’ultimo meeting di Rimini ha parlato per due ore a diecimila giovani partendo da quattro film che aveva visto in vacanza: «Matrix» dei Wachowski, «Memento» di Nolan, «Fratello, dove sei?» dei fratelli Coen, «Il concerto» di Mihailenau”.

AVVENIRE dà la notizia in prima in un taglio medio con il titolo “Il ‘ritorno’ a Milano: Scola nuovo arcivescovo” accanto a una foto che raffigura Tettamanzi e il suo successore. Le pagine 4 e 5 sono equamente dedicate ai due prelati. Tettamanzi, che ha guidato la Chiesa ambrosiana dal 2002, in una breve e commossa cerimonia nella cappella dell’Arcivescovado ha dato lettura della decisione del Papa dicendo: «Viviamo questa stagione come un’occasione di consegna di noi stessi a Dio Padre. Il cardinale ha definito il suo successore come «un uomo di grande cultura, di molteplice esperienza, di forte passione ecclesiale» e ribadito che lascia «una Chiesa viva, ricca di tradizioni di fede, di operosità evangelica, di impegno caritativo, di santità popolare, una Chiesa che non teme di affrontare le difficoltà e le sfide del nostro tempo». Scola dal canto suo ha annunciato la decisione del Papa senza nascondere di avere «il cuore un po’ travagliato». «Nonostante i miei limiti», ha aggiunto il nuovo arcivescovo milanese «ho imparato che Dio è sempre più grande e il Suo disegno su di noi, quando è accolto con animo aperto, è sempre il più conveniente, non solo per la propria persona ma anche per quanti ci sono stati affidati». Scola ha poi scritto un messaggio ai fedeli milanesi in cui si legge: «Sono preso a servizio di una Chiesa che lo Spirito ha arricchito di preziosi e variegati tesori di vita cristiana dall’origine ai nostri giorni. Mi impegno a svolgere questo servizio favorendo la pluriformità nell’unità». Un articolo di taglio basso dà conto dei messaggi e dei commenti da parte delle istituzioni e dei politici, da Napolitano («Sarà fonte di ispirazione del bene comune, in spirito di concordia e solidarietà, da parte di tutte le forze civili e sociali») a Roberto Formigoni («Saprà  guidare con mano ferma e grande entusiasmo la nostra diocesi»). Infine anche la cronaca milanese apre con una pagina sul cambio al vertice della Chiesa ambrosiana intitolata “Grazie a Tettamanzi. Benvenuto a Scola” e parla di “abbraccio corale della città ai due pastori”  sottolineando che «le realtà impegnate nel sociale salutano con gioia il nuovo arcivescono ed esprimono riconoscenza unanime al predecessore».

LA REPUBBLICA che apre sulla politica (“Tregua sulla manovra, torna il ticket”) dedica al nuovo arcivescovo di Milano una fotografia in prima e una pagina interna, la 21. “Scola arcivescovo di Milano: «Torno a casa»”. È commosso il Patriarca, scrivono Ansaldo e Dazzi: ha accolto l’invito del Papa con senso di obbedienza e l’8 settembre arriverà nella città meneghina. La notizia ha suscitato molte reazioni. Da quelle di Cl, movimento al quale Scola è molto legato, a quelle della politica. «Ci uniamo alla gioia del popolo di Milano… consegniamo nelle sue mani le nostre persone, per continuare a collaborare alla missione della Chiesa secondo la natura del carisma che abbiamo ricevuto da don Giussani», ha scritto don Julian Carron, presidente appunto di Cl. SU fronte curiale, nessuno commenta, mentre Famiglia cristiana difende Tettamanzi (che «non ha sbagliato. Scola non va a Milano a correggere alcunché»). La Curia collabora con molte esperienze di base, scrivono i due giornalisti, comprese le Acli e l’Azione Cattolica (che hanno sostenuto Pisapia). Quanto ai politici ecco la dichiarazione di Matteo Salvini, eurodeputato leghista: canta vittoria per la cacciata dell’ «imam Tettamanzi» e si augura che Scola «riesca a unire al nostra città e non a dividerla come ha fatto il suo predecessore, per il quale c’erano milanesi figli di un dio minore». Di tono molto diverso l’intervista a Roberto Formigoni: «un cattolico come me si riconosce sempre nelle scelte della Chiesa, ma quando viene indicata una persona con cui c’è un rapporto di conoscenza così stretto si prova una grande gioia». Scola, prosegue il presidente della Lombardia, è un punto di riferimento: «sono convinto che stupirà molti con le sue prese di posizione». Il commento è di Vito Mancuso secondo il quale la scelta di Ratzinger è di natura politica e suona «come un’umiliazione pesante, forse l’ultima, per il cattolicesimo democratico». Certo Scola è una persona di valore che non può essere ridotta a schemi, ammette Mancuso, ma di fatto, aggiunge, «al cattolicesimo democratico non è rimasto più nulla, non un solo rappresentante della gerarchia che lo rappresenti».

IL GIORNALE a pagina 11 (ma niente in prima!) e nelle pagine milanesi informa della nomina del cardinale Angelo Scola a vescovo dell’arcidiocesi di Milano. Lo fa con una intervista a Roberto Formigoni, governatore della Lombardia che «conosce il cardinale da mezzo secolo. Si sono incontrati da ragazzi al liceo di Lecco, avevo 13 anni. Ricevetti una telefonata da Angelo Scola, che aveva cinque anni più di me, aveva appena fatto la maturità ed era presidente locale della Gioventù studentesca che sarebbe diventata Comunione e Liberazione». Formigoni racconta che Scola «non era ancora don, sarebbe entrato in seminario dieci anni più tardi. Mi disse abbiamo dato vita a questo giornale studentesco che si chiama michelaccio, vorremmo che tu facessi una tre giorni a Gazzada per parlare del giornale. Verranno a tenerci seminari anche Giorgio Bocca e Robi Ronza». Oltre ai ricordi, il futuro. «Saranno sorpresi a come sarà capace  di interloquire su immigrazione, lavoro, confronto di culture. È un grande intellettuale, non barboso, capace di interessare anche il laico più incallito. Alcune parole di Cacciari sono una testimonianza straordinaria». E ancora sull’islam: « ha 69 ha fondato Oasis, osservatorio sul mondo islamico». La cronista Cottone infine paragona Pisapia e Scola a Peppone e don Camillo. Formigoni dice: «Se Pisapia saprà reggere la sfida. Poi ci sarà anche Formigoni, non sempre la pensiamo allo stesso modo». Nelle pagine milanesi IL GIORNALE  mette in evidenza le reazioni della Lega, di Matteo Salvini, che dice: «Speriamo che non divida la città come ha fatto il suo predecessore». La Moratti dal canto suo commenta: «Con lui sarà rafforzata l’autentica vocazione di apertura che la città ha verso l’Oriente e l’islam».

IL SOLE 24 ORE dedica a Scola un profilo di Carlo Marroni a pagina 14. “Angelo Scola, il conservatore aperto al dialogo”: «Scola viene da Comunione e liberazione. È a causa della sua vicinanza al movimento di don Giussani che fu allontanato dal seminario della sua Lombardia, tanto da diventare prete in Abruzzo. La Curia milanese non ha mai amato Cl e il suo arrivo ha messo in allarme la progressista Chiesa ambrosiana di Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, che teme (e talvolta denuncia) l’arrivo di una specie di restaurazione conservatrice. «Chi pensa questo non conosce Scola e quello che ha fatto – afferma un monsignore di Curia -, non avrà per Cl riguardi, la tratterà come ogni istanza nella diocesi». Anzi, forse cercherà di trattarla come fa il bravo professore quando gli capita in classe un nipote. È vecchio amico di Roberto Formigoni, e questo faciliterà i rapporti. Anche il governatore saprà gestire con equilibrio la relazione tra Curia e Regione, specie nei campi dove forti sono le interazioni, come la sanità. Al contrario per il rapporto con il sindaco Giuliano Pisapia ci sono le premesse per un asse di ferro. A parte il fatto che il sindaco è stato eletto grazie al massiccio voto cattolico, Scola è attrezzato al dialogo con chi non professa pubblicamente assoluta obbedienza. A Venezia il suo rapporto con Massimo Cacciari è stato uno degli elementi che hanno contraddistinto il patriarcato. C’è il nodo della Lega, che aveva messo nel mirino il cardinale Tettamanzi, tanto da definirlo “imam” per la sua difesa degli immigrati e dei diritti dei musulmani di professare la fede. Chi si aspetta diversa attenzione da parte di Scola sarà deluso: è stato il patriarca a inaugurare con la fondazione Oasis un dialogo culturale con l’Islam».

ITALIA OGGI affida a Lucio Lavrans un articolo sull’avvicendamento al Duomo di Milano. “Repubblica sdogana Scola arcivescovo di Milano”, «Nihil obstat: anche la cronaca milanese di Repubblica, notoriamente la più cattiva d’Italia fra le pagine locali del quotidiano già di Piazza Indipendenza (ora Cristoforo Colombo), ha detto sì al futuro arcivescovo di Milano. L’altro ieri, anche le ruvide pagine meneghine di Ezio Mauro hanno capitolato dinnanzi al patriarca di Venezia, Angelo Scola, scelto da Benedetto XVI, per la cattedra di Ambrogio. Anche la redazione più «ciellino-repellente» del gruppo L’Espresso ha salutato la porpora del presule lecchese che di don Luigi Giussani fu uno degli allievi più stretti. Lo ha fatto dando la parola a due filosofi molto noti, Giovanni Reale e Massimo Cacciari». I due si sperticano in lodi per il nuovo porporato di Milano, «Se non un vero e proprio endorsement, un omaggio vero e proprio, inusitato per lo stile e i toni di quella redazione. Il che legittima due ipotesi. La prima è che l’avamposto scalfariano di Milano intenda giocare la grandezza del cardinale in funzione tutta politica, contro i limiti o gli errori della politica che nasce dallo stesso nucleo culturale, quindi Scola vs Formigoni, Lupi, Intiglietta e via scendendo nella scala di quelli, che per tornare a Reale, traducono l’istanza giussaniana in atti pragmatici. La seconda è che il personaggio, per qualità umane, spessore culturale e capacità di lavoro, per stare al profilo cacciariano, risulti difficilmente riducibile alla caricatura del prelato oscurantista e si preferisca esaltarlo anziché avversarlo. È un po’ la storia di Repubblica col Papa polacco: dai primi anni di pontificato, in cui il giornale era fiero oppositore di Giovanni Paolo II, tanto che il vaticanista Domenico Del Rio dovette essere allontanato dall’aereo papale, fino all’esaltazione dei suoi ultimi anni, col racconto cordiale dei Papa Boys, della malattia strenuamente sopportata o con l’affresco, quasi commosso, delle sue esequie». 

Nessun accenno o riferimento alla nomina di Scola ad arcivescovo di Milano: la notizia su IL MANIFESTO semplicemente non esiste.

«Sono consapevole dell’importanza della Chiesa ambrosiana per gli sviluppi dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso» ha detto il cardinale Angelo Scola, annunciando a Venezia la sua nomina ad arcivescovo di Milano. LA STAMPA ne parla nelle Cronache a pagina 19. Scola dovrebbe subentrare a Dionigi Tettamanzi l’8 dicembre. “Il teologo figlio di un socialista, da Gramsci al dialogo con l’Islam titola un pezzo sulla biografia del futuro arcivescovo di Milano. Nato a Malgrate (Lecco) da padre camionista che leggeva l’ “Unità” e da madre devota che recitava ogni sera il rosario, si è avvicinato a Gioventù studentesca da liceale dopo aver sentito parlare don Luigi Giussani. Da arcivescovo di Grosseto «dimostra di essere un grande organizzatore» scrive LA STAMPA. «Sceglie collaboratori anche molto diversi da lui e distanti dalle sue posizioni. Istituisce il polo universitario Marcianum e la rivista Oasis per il dialogo con il mondo islamico». Il libro preferito di Scola è “L’uomo senza qualità” di Musil, il brano musicale che ama di  più è il Concerto 27 per pianoforte di Mozart. «L’unica cosa che seguo in Tv è il Tg. E poi, quando ci riesco, le partite del Milan» aveva detto qualche tempo fa.

E inoltre sui giornali di oggi:

MANOVRA
IL SOLE 24 ORE – I dettagli della manovra messa a punto da Tremonti nelle prime sette pagine del giornale. “Ecco la manovra dei tagli” sintetizza il titolo in prima, così come la tabella di marcia: «Due miliardi subito per coprire le spese inderogabili, circa 5 sul 2012 e 20 sia su 2013 sia su 2014: la manovra arriva tra i 43 e i 47 miliardi». Aspetto giustamente sottolineato da Stefano Folli nel suo Punto, che ritrae un «Tremonti, se non proprio sconfitto, almeno ridimensionato. Il suo «rigorismo» sarebbe stato annacquato dalle esigenze elettorali della maggioranza. Lui stesso, essendo privo di forza politica autonoma, si sarebbe in parte piegato. Niente dimissioni, adombrate a più riprese sui giornali e nei mormorii parlamentari; e una formulazione della famosa manovra che sposta nel biennio 2013-2014 i maggiori oneri per complessivi 40 miliardi. La prima rata, invece, assai più leggera, riguarda i prossimi mesi e tutto sommato non appare destinata a creare uno sconquasso sociale. (…)Da un punto di vista strettamente politico, l’idea di rinviare le spine al 2013 e al 2014 sembra un po’ l’uovo di Colombo. In realtà è una mossa molto scontata o molto astuta, a seconda dei punti di vista. Nell’ottica di Tremonti può rappresentare una concessione inevitabile, senza la quale l’intero castello di carte sarebbe crollato. A giudizio di Berlusconi è la prova che nulla è perduto e che la legislatura può rotolare verso l’approdo naturale del 2013. Invece per la Lega la manovra così plasmata può avere un altro significato: la prova che la legislatura è finita e che si tratta di salvare il salvabile. In altri termini: si evita il suicidio elettorale di una manovra «shock», ma ci si prepara alle elezioni all’inizio del 2012. Lo stato d’animo è piuttosto diffuso nel Carroccio, dove quasi tutti preferiscono una conclusione anticipata della legislatura. Ora anche Bossi si starebbe convertendo alla prospettiva di votare entro otto-nove mesi e l’accordo con Tremonti sul profilo morbido della manovra (nella sua prima fase) lo confermerebbe. Ecco spiegata la collera delle opposizioni, da Bersani a Casini (ma non Di Pietro): dopo il voto, in caso di vittoria, toccherebbe a loro gestire il problematico pareggio del bilancio imposto dall’Unione. Non proprio un bel regalo per cominciare la legislatura».

IL MANIFESTO – Il ritratto di un Tremonti dallo sguardo perplesso domina la prima pagina sotto il titolo “A scoppio ritardato”, sommario che rimanda alle pagine 2 e 3 si legge “Il governo vara una manovrina di 7 miliardi per i prossimi due anni: una stangata per i redditi medi e bassi. Ma la bomba dei 40 miliardi esploderà nella prossima legislatura. Berlusconi lo aveva annunciato, Tremonti fa buon viso. La Corte dei Conti critica la qualità della spesa pubblica, Bersani parla di «drammatica farsa»”. Chiaro il titolo delle due pagine interne: “Il salasso verrà dopo le elezioni”. L’analisi è affidata a Galapagos che osserva: «(…)L’Italia sicuramente non è la Grecia o il Portogallo e neppure l’Irlanda, ma è lo stesso sull’orlo di un baratro: la scarsa crescita, i tassi di disoccupazione e di quelli di attività troppo bassi e il debito troppo alto la condizionano (…) il rischio è che l’Italia precipiti in balia dei mercati e soprattutto della speculazione (…) La finanza internazionale non ha dubbi: una bella manovrona correttiva. Quella da 45 (o 60) miliardi della quale si parla da mesi. Inutilmente: la situazione drammatica dell’Italia non da oggi (…)» E prosegue: «Una manovra correttiva è necessaria, ma può essere declinata in vari modi: bloccando i salari, annullando i diritti dei lavoratori e dei sindacati che non sono d’accordo, alzando l’età del pensionamento (…) Oppure cercando di ridurre il disagio sociale, stimolare la crescita e l’occupazione (…) Coniugare le posizioni non è possibile (…)» per concludere «Basterebbe un po’ di buon senso riformista (neppure in dosi tanto massicce) per mettere questo governo alla sbarra. E non in senso giudiziario». A pagina 3 di spalla in corsivo una “lettera a Tremonti” dal titolo “Come risolvere l’evasione fiscale e diventare ricchi”, a firmarla è Marco d’Eramo che si rifà all’esempio cinese dove a Shangai il comune ha accresciuto del 400 per cento le entrate fiscali «abbinando un gratta e vinci a ogni ricevuta fiscale (…) È bastata questa trovata per far emergere una bella fetta di sommerso», d’Eramo ironizza sulla «non dissimile passione» degli italiani per le lotterie «Anzi questa idea cinese emana un aroma napoletano “verace” e denota una creatività contabile non minore a quella di cui Lei da tanti anni dà sfoggio (…)».

CONTRATTI
LA REPUBBLICA – “Contratti,  firmato l’accordo tra Confindustria a sindacati Sì della Cgil, ma da Fiat è gelo”. D’ora in poi un contratto sarà valido per tutti se firmato dal 50% più uno delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) che saranno costituite secondo due criteri: il voto dei lavoratori e la certificazione degli iscritti alle singole organizzazioni da parte dell’Inps. Plauso di Tremonti. Fiat riconosce il lavoro fatto ma non lo giudica sufficiente ad affrontare la situazione che la riguarda.

QUOTE ROSA
CORRIERE DELLA SERA – “Un terzo di donne nei Cda, Le quote rosa sono legge”: pezzo a pagina 21. Scrive Virginia Piccolillo: “Dal 2012 i Cda delle aziende quotate in Borsa, o a partecipazione pubblica, dovranno essere composti almeno per un quinto da donne. Dal 2015 almeno per un terzo. Con 438 sì, 27 no e 64 astenuti, la Camera ha approvato in via definitiva la legge sulle quote rosa. «Una svolta epocale» , esulta, commossa, la deputata pdl Lella Golfo, propugnatrice della legge e prima firmataria del testo assieme alla pd Alessia Mosca, «La politica da oggi ha meno alibi, è chiaro che il prossimo passo è portare più donne in Parlamento» , si rallegra la capogruppo pd al Senato Anna Finocchiaro. L’iter tormentato della norma si chiude in una giornata segnata dalle fibrillazioni della maggioranza sulla manovra economica. D’accordo, almeno su questo, donne (e uomini) di idee opposte. Le ministre pdl Mara Carfagna e Stefania Prestigiacomo festeggiano all’unisono con la pd Paola Concia la «decisione storica» . In sintonia Rosy Bindi: «Qualcosa si muove! L’Italia si avvicina all’Europa»” .

PAPA
AVVENIRE – Bell’editoriale di Marina Corradi,“Quel giorno. L’altra storia”, sul giorno dell’ordinazione sacerdotale di Papa Benedetto XVI il 29 giugno 1951 a cui è dedicata anche la pagina 3 con il ricordo del fratello Georg e dei compagni di seminario. Una fotonotizia annuncia il nuovo sito www.news.va che accorpa tutte le strutture di informazione vaticane e che è stato lanciato via Twitter dal Papa su un tablet.

ISLAM
IL GIORNALE – Arriva il mese sacro per l’islam e le comunità aspettano ancora una sistemazione. I cittadini di viale Jenner dicono al sindaco di mantenere gli impegni. Intervista a Marco Granelli, assessore con delega alla sicurezza. «lasciamo che queste realtà scelgano nella loro autonomia se sarà una o più di una». Granelli precisa la sua sfera di competenza: «La Sicurezza ha una parte, ma è l’Urbanistica che ha il compito di stabilire previsioni sui luoghi di culto». Sulle richieste dei cittadini e su quelle dei centri islamici Granelli risponde: «Ci sono regole che vanno  definite e una volta fatto possiamo farne in modo che queste realtà scelgano nella loro autonomia se farne una o di più».

LEGGE 40
AVVENIRE – A pagina 13 parla di procreazione assistita sottolineando i primi effetti nefasti della sentenza della Consulta del 2009: è boom di vite sospese nei freezer delle cliniche. Dal bilancio della legge 40 presentato ieri dal sottosegretari alla Salute Roccella si evince anche che crescono le nascite da provetta e le aspiranti mamme con più di 40 anni. 


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