Politica

Il governo alle grandi manovre

Alta tensione nella maggioranza. Tremonti minaccia le dimissioni

di Redazione

E’ tempo di grandi manovre, quelle finanziarie per intenderci. Lo esigono le casse dello Stato, lo chiede l’Europa, lo auspica il mercato. Ma il governo si divide, litiga, non trova l’accordo sul come e sul quanto. Da una lato Berlusconi e Bossi, dall’altro il ministro dell’Economia Giulio Tremonti che minaccia addirittura le dimissioni. Poi una tregua. Di questo parlano i giornali principalmente oggi, ma non solo:

“Alta tensione sulla manovra”, il CORRIERE DELLA SERA punta dritto al nocciolo della questione, mettendo in apertura in prima voci, rumors, documenti e dichiarazioni di chi, dentro e fuori del governo discutono sulla futura correzione finanziaria predisposta da Tremonti. E «con il dibattito sulla manovra economica è ricominciato il tormentone delle pensioni – commenta Maurizio Ferrera nel fondo di prima pagina – Intervenire di nuovo potrebbe sembrare accanimento terapeutico. Ma non è affatto così: ci sarebbe spazio per alcune correzioni dell’età pensionabile che produrrebbero non solo risparmi ma anche equità».
Le pagine interne, dalla 6 alla 9, fanno il quadro della situazione: non lo le tensioni fra premier e Tremonti, ma i termini della crisi economica che ancora sta assediando l’Europa, i tagli previsti nella manovra, le reazioni di altri deputati. Sullo sfondo l’ipotesi – almeno per quanto concerne il non profit – di privatizzare la Croce Rossa. Come? Quando? Non è dato sapere, per ora è solo un’ipotesi.

“Tremonti pronto alle dimissioni” è il titolo di apertura de LA REPUBBLICA che nel sommario aggiunge: “Anche la Lega boccia la manovra. Timori per l’asta di oggi dei Btp”. Tre le pagine interne dedicate all’ennesimo passaggio delicato del governo. «È il giorno della verità», scrive Alberto D’Argenio: oggi infatti super-riunioni di maggioranza e di governo per capire come sarà la manovra triennale preparata da quello che era Super-Giulio. Che però ha di fronte a sé una strada in salita, anche a causa della bocciatura leghista espressa dal Senatur in persona: «Così com’è la manovra è irricevibile» (aspettava un allentamento del patto di stabilità coi comuni, che non c’è stato, ed è irritato per l’ipotesi di innalzare l’età pensionabile). Anche dal Pdl giungono coraggiosi sussurri irritati, come quello di Crosetto: «Tremonti è un buon ministro ma non è Dio». L’irritazione somma pertiene a Berlusconi, come svela Francesco Bei nel suo retroscena: «Sono stanco di sentirmi dire: o così o niente… Tremonti non propone nulla per lo sviluppo». In realtà, spiega un ministro, «nessuno di noi conosce questa benedetta manovra. Tremonti non ce l’ha fatta leggere. Ma se pensa di fare come l’altra volta, di farci votare in 3 minuti un pacco misterioso si sbaglia di grosso». Dal canto suo Giulio ribatte che chi vuole ammorbidire la manovra «non ha capito cosa sta succedendo sui mercati… rischiamo la Grecia». Quanto alla manovra, un dossier curato da Roberto Petrini spiega l’ipotesi di alzare di un punto l’Iva (riducendo gradualmente l’Irap), introdurre tre aliquote (a 20, 30 e 40%) e aumentare la tassazione sulle rendite. Sul versante tagli: aumento età pensionabile, congelamento stipendi pubblici, introduzione costi standard in sanità e riduzione costi della politica.

“Irap via dal 2014, Iva su di un punto”. IL SOLE 24 ORE apre sulla bozza di delega fiscale del Governo e le dedica le pagine 2/3. Accanto agli articoli più tecnici sui contenuti, il commento politico di Stefano Folli, dal titolo “Tremonti ha ragione, ma dov’è il partito che lo sostiene?”: «Quale che siano i reali sentimenti del primo ministro (e il sottosegretario Crosetto li ha rivelati senza reticenze), è chiaro che la via della stabilità interna passa oggi attraverso la super manovra da 43 miliardi nel triennio. E’ quello che vuole l’Europa e la stabilità di un paese dell’Unione si realizza ormai solo nella cornice comunitaria. Quindi sulla carta Berlusconi ha un solo modo per esercitare la sua leadership e tentare di realizzare il sogno del 2013: lavorare per la compattezza della maggioranza (Pdl-Lega-Responsabili), rendendo così credibile la politica economica di Tremonti. (…) l ministro dell’Economia non ha una sua base politica. In questi anni ha fatto il cabotaggio fra Bossi e Berlusconi, appoggiandosi ora all’uno ora all’altro (ma più al primo) per consolidarsi e far passare la sua linea. Oggi però la forza di Tremonti non è in Italia, bensì in Europa. L’ora dell’emergenza è scoccata con la crisi del debito e questo ha cambiato anche la prospettiva domestica. L’argomento in base al quale “Tremonti non può fare quello che vuole, deve concordare le misure in modo collegiale” ha perso parte della sua forza, benché venga ancora sbandierato. La logica europea e il rischio Grecia rappresentano una montagna molto ripida da scalare per chiunque voglia tagliare la strada al responsabile dell’Economia. (…) Tremonti deve fare affidamento sul suo «sponsor», l’Europa, e sulla speranza che Berlusconi comprenda la convenienza: è più facile arrivare al 2013 sostenendo il suo ministro che abbandonandolo al destino avverso. Certo, una manovra da 43 miliardi avrebbe bisogno di una cornice più salda, di una forma di unità nazionale. Ma per ora le condizioni non ci sono, come ha ricordato ieri Bersani a Casini. E dunque avanti camminando sul filo». Sui contenuti economici invece il commento è affidato a Guido Gentili: «C’è un’alternativa seria, praticabile nell’attuale, difficilissimo contesto europeo, ad una manovra pluriennnale da oltre 40 miliardi per mantenere fermo l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014? Al netto delle chiacchiere velenose che attraversano la maggioranza di Governo e del dibattito sempreverde sull’alto tasso di “ragionerismo” che gira e rigira sarebbe alla base dell’impostazione tremontiana, dovrebbe essere facile convenire sulla risposta: no, non esiste un’alternativa degna di questo nome. (…) La politica di rigore fiscale, si afferma, non è temporanea e non è imposta dall’Europa: ce lo chiedono comunque i mercati sui quali l’Italia deve collocare i titoli del suo debito pubblico. Piaccia o non piaccia, i mercati non sono mai distratti. Si attendono che la manovra italiana sia varata dal Governo entro giugno e che sia approvata dal Parlamento entro luglio».

“Non c’è accordo sulla manovra” titola LA STAMPA, riservando quattro pagine, dalla 8 alla 12, alla manovra da 40-45 miliardi che il governo varerà giovedì. Sono gli industriali i più convinti rispetto al contenuto del decreto preparato dal ministro Tremonti.  «Indebolito dalle dimissioni del suo braccio destro Marco Milanese, stretto alle corde da una maggioranza sul piede di guerra contro il suo rigore contabile – da “Silvio” che gli dà del pazzo  all’amico “Umberto” che non si fida più -, a Tremonti non resta che appoggiarsi ai corpi intermedi» sintetizza LA STAMPA. «Non avendo esercito, sono le categorie dell’impresa e del lavoro a difenderlo, dietro parole d’ordine come “responsabilità”, ribadite ieri da Marcegaglia». A pagina 10 LA STAMPA dà conto delle rimostranze sia del commercio, che della grande distribuzione che delle associazioni di consumatori di fronte all’ipotesi di un aumento dell’Iva: “Rivolta sull’Iva: Così pagano le famiglie” è il titolo: costruire la riforma fiscale sull’aumento del’Iva, considerato uno strumento di freno per la crescita quando invece servirebbe un stimolo alla ripresa della domanda è controproducente, afferma Federdistribuzione, che stima: un’opzione del genere provocherebbe una maggiore spesa per le famiglie di 6 miliardi.

IL GIORNALE apre a tutta pagina “Meno tasse , ci siamo”.  Gian Maria De Francesco firma “Il nuovo fisco: 3 aliquote e solo 5 tasse”. «Tre pagine per una rivoluzione. La bozza di riforma fiscale elaborata dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sintetizza in pochi fo­gli l’intento di riformare il fisco: tre aliquote Irpef (20, 30 e 40%), eliminazione dell’Irap e aumento di un punto percentuale delle aliquote Iva più alte (attualmente al 10 e al 20%)». Francesco Forte commenta in “Manovra da diluire però attenzione ai tagli a tappeto”. «La manovra di circa 42 miliardi che occupa la discussione in questi giorni merita riflessioni molto più approfondite di quelle correnti su Berlusconi presunto non rigorista versus Tremonti, vestale del rigorismo». Il giornalista però aggiunge che occorre ponderare bene tre punti». Il primo è che «una manovra che vale il 2,5% Pil (prodotto nazionale) da detrarre dalla nostra economia, nel triennio 2012 -2014, è una operazione invasiva deflattiva della dinamica del sistema di mercato. Va dosata con cautela per molte ragioni», la seconda invece «è che a contrastare il suo effetto deflattivo c’è quasi solo la dinamica del nostro commercio estero, sino ad ora sospinta dall’alta crescita della Germania e dei paesi emergenti le cui dinamiche si stanno attenuando. Gli investimenti in infrastrutture e nell’edilizia non hanno agito da sostegno alla domanda, a causa dei veti (delle sinistre autolesioniste) alle politiche per la casa e delle infrastrutture». La terza e ultima ragione «è che la nostra economia in cui si inietta questa deflazione, non ha potuto beneficiare della spinta all’investimento derivante dai nuovi contratti aziendali fermi al palo, con controversie Cgil presso la magistratura. Il vento delle liberalizzazioni è stato afflosciato dai referendum contro la privatizzazione nei pubblici servizi locali. Occorre, dunque, cautela e spalmare la manovra deflattiva nel tempo, onde calibrarla al peso che l’economia può sopportare e accompagnarla con tonici del mercato come la quotazione in borsa di Ferrovie spa e tonici fiscali». Adalberto Signore invece scrive “Ora il Cavaliere e il Senatùr mettono alle strette Giulio”. «“Finirà che uno lo tiene e l’altro lo mena”. La previsione, decisamente colorita, è di un ministro molto vicino al Cavaliere, più che mai convinto che la riunione su manovra e riforma fiscale in programma oggi a Palazzo Grazioli non sia destinata a finire tra baci e abbracci. Con Silvio Berlusconi e Umberto Bossi nei ruoli – peraltro intercambiabili – dell’“uno” e dell’“altro” e Giulio Tremonti decisamente nell’occhio del ciclone». Nella riunione «I tre, insomma, proveranno a tirare le somme. Per poi fare il punto con gli altri in una riunione successiva. Anche se ieri a tarda sera da più parti girava la voce di un possibile incontro nel pomeriggio di oggi tra Tremonti e tutti i ministri a Palazzo Chigi. Che, se davvero dovesse tenersi, rischierebbe di avere effetti più devastanti del confessionale del Grande Fratello visto che non c’è un membro del governo che sia disponibile a sostenere il titolare di via XX Settembre. Anzi, l’insofferenza ha ormai raggiunto livelli di guardia».

“Manovra rovente. Tremonti tiene duro e medita lo strappo” è il titolo di taglio medio di AVVENIRE che rimanda ai servizi delle pagine 8 e 9. Cresce il pressing di Berlusconi e Bossi sul ministro dell’Economia che però insiste: «L’impianto non cambia e alle Camere voglio la fiducia». Nella bozza del riforma del fisco previste 3 aliquote e Iva su dell’1%. Resta in campo l’imposta unica delle rendite finanziarie. Per il decreto di correzione dei conti si pensa ancora a pensioni, pubblico impiego ed enti locali. Fibrillazioni nella maggioranza dopo l’attacco del sottosegretario Crosetto sulla maxi-manovra per il pareggio di bilancio. Il varo definitivo giovedì in un Consiglio dei Ministri incandescente per i tagli. Scrive a pagina 9 Marco Iasevoli: «Berlusconi e Bossi stringono la tenaglia. Tremonti tace e si eclissa… e siccome non solo il premier ma anche il Senatur, l’alleato di sempre, sembra non volergli fare da spalla, il superministro avrebbe scelto per il decisivo vertice di maggioranza di oggi una strategia hard: tirare dritto sul suo piano, chiedere la fiducia sulla bozza che ha fatto sobbalzare mezzo Pdl, paventando, in caso di veti, l’addio all’esecutivo. Un’ipotesi così vicina, quella del passo indietro, da alimentare già il toto-sostituzione. Spunta un mome, Lorenzo Bini Smaghi, il sacrificato all’Eurotower per favorire l’ascesa di Mario Draghi…La situazione è così pericolante che ieri il premier ha telefonato a Tremonti per convincerlo ad accettare i cambiamenti richiesti dai colleghi prima che ci pensi l’Aula, e nel primo mattino di oggi un incontro a tre anticiperà tutti gli altri summit previsti a palazzo Grazioli». Un taglio basso è dedicato alle reazioni delle opposizioni che parlano di “Governo in stato confusionale” e non sono disposte a lanciare alcun salvagente al Governo dopo l’appello di Berlusconi per un dialogo costruttivo, a partire proprio dalla manovra. Per Bersani «Sono loro che navigano nel buio» e per Casini «La maggioranza è paralizzata.

“Manovra, a Tremonti si chiedono miracoli”. Il quotidiano dei professionisti, ITALIA OGGI, propone un editoriale di Macro Bertoncini nel quale si evidenzia l’insofferenza della Lega e del Pdl nei confronti del ministro dell’economia. «Quanto più arrivano segnali distensivi» «ammorbidenti, sfumati» scrive Bertoncini «tanto più si percepiscono i livori sotterranei, il desiderio di rovesciare il tavolo in Consiglio dei ministri, la minaccia di farsi sentire al vertice. Non piace la bozza di legge delega per la riforma fiscale, giudicata priva dell’effetto forte che sarebbe richiesto per riportare a casa gli elettori fuggiaschi: ma piacciano ancor meno le amputazioni che incidono su troppi settori, corporazioni, zone, gruppi».

In una prima pagina del MANIFESTO dominata dai fatti della Val di Susa cui è dedicata l’apertura “Per un pugno di dollari” e una grande foto del blitz, accanto a richiami sul racconto e le polemiche, alla manovra è dedicato un piccolo richiamo in basso a sinistra “Tre nuove aliquote Irpef Croce Rossa privatizzata”. A pagina 6, quella dedicata al tema, il titolo è su una dichiarazione di Vendola “Vendola: è una patrimoniale sui poveri”, si ricorda anche in un sommario che c’è anche il «contentino alla Lega: Lo slittamento del pagamento delle quote latte». A firmare l’articolo Galapagos che descrive le varie azioni studiate dalla manovra dall’innalzamento dell’Iva alla riduzione a tre delle aliquote, dalla promessa dell’abolizione dell’Irap alle sforbiciate ai costi della politica e conclude: «(…) mentre prosegue il dibattito sulla dichiarazione del sottosegretario alla difesa, Guido Crosetto, secondo il quale la manovra di Tremonti andrebbe analizzata da uno psichiatra, ieri una posizione di assoluta chiusura è arrivata da Nichi Vendola: “Il governo Berlusconi sta costruendo un’operazione di propaganda e di maquillage sui costi della politica, peraltro gonfiati di sprechi in questi anni di governo delle destre, per nascondere il senso reale della manovra economia in preparazione: la manovra sarà nei fatti una gigantesca tassa patrimoniale sui poveri e sui veti medi”». Sempre a pagina 6 la seconda metà della pagina è dedicata a un’intervista a Cesare Damiano che titola «Basta tagli, tassare le rendite». Si parla della contro – manovra dell’ex ministro del lavoro «Precari: no a Ichino, far costare di più i rapporti atipici. Contratti,: niente patti separati, tenere le Rsu» riassume il sommario.

E inoltre…

FAMIGLIA
LA REPUBBLICA – “Baby sitter e badanti un pronto intervento per le emergenze in famiglia”. A Torino e Milano le prime agenzie del lavoro in affitto. È OL Family, ovvero Obiettivo lavoro che pensa così di intercettare una domanda estremamente diffusa ricorrendo al lavoro interinale. Potrebbero essere coinvolti molti studenti universitari che cercano un impiego part-time.

POVERI
LA REPUBBLICA – Nelle pagine romane, il quotidiano riferisce i dati resi noti da Sant’Egidio: “Roma capitale dei poveri duemila dormono in strada”. Centomila persone sotto la soglia di povertà, disoccupazione record, più di 6mila senzatetto, 28mila commercianti vittime di usura e carceri affollate. È la fotografia drammatica scattata dalla Comunità di Trastevere.

TAV E RIFIUTI
IL SOLE 24 ORE – Un corsivo in prima siglato f.f. (il vicedirettore Fabrizio Forquet) prende posizione su due dei fronti caldi di questi giorni. “Tav e rifiuti: le istantanee di un Paese immobile”: «L’ordalia degli scontri in Valsusa e i fumi pestilenziali che si alzano dai cumuli di rifiuti di Napoli. Le immagini nelle photogallery dei siti d’informazione sono diventate più definite, ma dagli anni del governo Prodi a oggi la realtà ritratta è sempre la stessa. All’estremo Nord del Paese e nel cuore del suo Mezzogiorno. È l’istantanea di un’Italia immobile. Un’Italia che brucia governi e cambia stagioni politiche, ma resta incapace di risolvere anche uno solo dei suoi gravi problemi. L’eterna scommessa della Tav. La riscoperta periodica di rifiuti che non si smaltiscono da sé. Ma anche l’evergreen delle risse tra ministri quando arriva il momento dei tagli (virtuali) di spesa. I buoni propositi di cura dimagrante di una politica che si fa poi sempre più obesa. Corsi e ricorsi. Ma come sospettavano gli antichi, nel ritorno si scende sempre un gradino in basso. Le istantanee sono le stesse. Ma anno dopo anno il Paese è più stanco, più ai margini di un mondo e di mercati che corrono. È tempo di una iconografia tutta nuova, se si vuole evitare il declino».

DISABILI
ITALIA OGGI– I permessi per assistere i disabili previsti dall’art. 33 della legge 104/92, possono essere fruiti solo dall’unico soggetti che assiste il portatore di handicap in via continuativa. Nel pezzo L’assistenza è di nuovo esclusiva”, i chiarimenti  del ministro Sacconi in merito ai dubbi innescati dalle modifiche introdotto dal collegato lavoro.

NAPOLI
IL MANIFESTO – Un richiamo in fondo alla prima pagina avverte “Scatta l’emergenza sanitaria. A rischio soprattutto i bambini”, sempre all’emergenza Napoli è dedicato l’editoriale firmato da Ermanno Rea dal titolo “Crimini di pace”. Il commento gioca sulle domande di cui una rivolta a Berlusconi: «nella sciaguratissima ipotesi di un’epidemia a chi ne attribuiremo la responsabilità? In caso di epidemia che cosa dirà il mondo degli italiani (ha un bel pensare qualche idiota leghista, che lui non è italiano, ma soltanto “padano”: non uno al mondo riuscirebbe a sottrarsi alla tentazione di ridergli in faccia)?» e continua «(…) ci pensi, onorevole Berlusconi. Ricorda quell’adagio secondo il quale i grandi generali si vedono nella ritirata? Che tristezza sarebbe per lei (e per tutti) vedere la sua lunga esperienza politica concludersi sommersa dalla munnezza, dal colera o dal definitivo disprezzo universale» e chiude «P.S. Queste considerazioni non risparmiano tutti gli altri responsabili per quello che sta accadendo in questi giorni a Napoli, responsabili remoti e recenti: a cominciare dalla camorra per finire ai troppi amministratori inetti che per decenni hanno permesso che la malavita organizzata sversasse nel Napoletano i rifiuti tossici di mezza Italia e in particolare degli industriali del Nord, da sempre convinti (almeno in maggioranza) che il Mezzogiorno non sia altro che la pattumiera d’Italia (…) La verità, non mi stancherò mai di ripeterlo, è un’altro. Napoli non è un altrove. Napoli è l’Italia».


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