Cultura
Pasolini e noi. Dopo 36 anni
Appuntamento alla Triennale di Milano. Interventi di Aldo Bonomi, Luca Doninelli, Francesco Paolella, Massimo Recalcati, Pietro Barbetta e Alberto Ghidini
di Marco Dotti
Che l’Italia sia diventata «una immensa fossa dei serpenti», come dichiarava in un’intervista rilasciata poco prima della morte? Che sia davvero, «salvo qualche eccezione e alcune misere élites», terreno di facile conquista per «serpenti stupidi e feroci, indistinguibili, ambigui, sgradevoli»? Oppure, come lo stesso Pier Paolo Pasolini scriveva, in una delle sue ultime – e tra le più lucide – poesie, è possibile ripartire, «tornare indietro e ricominciare daccapo», a patto di abbandonare gli «snobismi disgraziati», i rancori che sempre fioriscono in tempi di crisi? Domande scomode, ieri come oggi. Ma è proprio attorno a queste domande che, venerdì 17, alle ore 18, si articola la presentazione del numero 49 del mensile Communitas, nel corso di un incontro a cura di Aldo Bonomi, “Pasolini e noi: un’ostinata vitalità” organizzato alla Triennale di Milano nell’ambito delle “Cinque Giornate del Sociale”.
Luca Doninelli, Giuseppe Frangi, Francesco Paolella, Massimo Recalcati, Pietro Barbetta, Riccardo Bonacina e Alberto Ghidini discuteranno sulle radici di quella “mutazione antropologica” che Pasolini aveva individuato nell’allora nascente consumismo (erano gli anni Sessanta) e oggi, un po’ tutti e in tutti gli ambiti, dalla finanza alla clinica, dalla scuola al mondo dell’arte, riconoscono come una delle matrici di un sistema che stenta anche solo a riconoscersi e valorizzarsi per i suoi punti di valore, non solo per quelli di crisi. Un sistema che continuerà davvero ad assomigliare a quella «una immensa fossa dei serpenti», se non saprà guardare oltre. Ripartendo, come appunto scriveva Pier Paolo Pasolini, dalla virtù civile dell’«ostinata vitalità» di chi ancora crede che pensare a un’altra Italia sia davvero e e ancora possibile, proprio qui e ora. Magari ripartendo proprio da Milano, nella cui stazione centrale, Pasolini girò una delle scene forti del suo Teorema, uno dei suoi film più profetici e, non a caso, meno “ascoltati”. Discuterne, dunque, citando ancora Pasolini, «non è solo un modo per ricordare, ma per ripartire». Ripartendo dall’operosità e dalla cura, non dal rancore.
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