Welfare

Italiani, individualisti e familisti

Gli italiani pensano che l'Italia tra dieci anni sarà ancor più individualista. La famiglia resta il luogo sicuro

di Redazione

Oltre la metà degli italiani ritiene che, tra dieci anni il nostro Paese sarà “molto caratterizzato dall’attenzione esclusiva all’interesse individuale”. È il risultato di un’indagine del Censis condotta per il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia.
La media nazionale è del 54,7%, ma sono le regioni del Nord Est le più pessimiste sul futuro dei rapporti sociali: ben il 60,4% degli intervistati vede l’Italia del 2021 concentrata sugli interessi dei singoli. Anche le restanti regioni del Nord (57,9%) e il Centro (57,7) superano la soglia nazionale, a differenza del Sud (47,1).

L’attenzione all’interesse individuale – si legge in una nota dell’istituto di ricerca – sembra allarmare di più i comuni con oltre 250mila abitanti (60,3%). A farne le spese sono i rapporti personali, di amicizia e di vicinato. Il 51,7% del campione – composto da 1200 persone dai 18 anni in su – è convinto che nei prossimi anni gli italiani saranno sempre meno sensibili ai rapporti interpersonali. Tra i più sfiduciati gli abitanti del Centro (55,6%) e del Nord Ovest (55), mentre Sud e Nord Est si collocano sotto la media nazionale (rispettivamente 47,5 e 50,6%).

La famiglia resta un luogo sicuro rispetto alla disgregazione della società, ma oltre al ripiegamento negli affetti, gli italiani pongono in essere diverse “strategie difensive di adattamento” di fronte ai cambiamenti sociali. Lo osserva ancora il Censis nella ricerca Fenomenologia di una crisi antropologica. Tra rinserramento individuale e indifferenza collettiva.
I valori comuni – denuncia l’istituto di ricerca – stanno diventando sempre più labili e quei comportamenti fino a pochi anni fa ritenuti impensabili stanno uscendo allo scoperto. La reazione dei singoli è varia, ci si può difendere quanto cavalcare la “sregolazione delle pulsioni”.

La violenza negli stadi o gli episodi di bullismo sono i sintomi di una strategia imitativa di chi si adegua ai comportamenti generali. E oltre all’adeguamento, si può dare “disco verde alle proprie stesse pulsioni” sconfinando nella trasgressione, sottolinea il Censis. Ma in una società anomica, sono in molti a scegliere di rifugiarsi nella famiglia. Il fortino sicuro degli affetti può però nascondere il rischio di rinunciare al ruolo di “cittadino e alla partecipazione sociale”, avvertono i ricercatori.

Il ripiegamento domestico è determinato anche dalla percezione dei rischi alla propria sicurezza, ma può assumere la forma di un “rinserramento virtuale”. È questa la strategia di adattamento più diffusa tra gli adolescenti, precisa il Censis: “Facebook coglie la dimensione di conquista numerica della relazionalità ma non ha nulla a che vedere con la relazione con l’altro nel senso più autentico del termine”.
Anche l’indifferenza di fronte al dolore e alle tragedie, come le morti dei migranti nel Mediterraneo, sono causate dalla disgregazione valoriale e dall’assuefazione alla società dell’immagine.

Gli italiani sono “desensibilizzati”, diminuiscono “gli stati empatici verso le vittime di violenza o sciagura”, continua il Censis. L’aumento dei disturbi dell’adattamento, delle crisi di panico o della depressione sono un segnale del radicamento della paura, dalla perdita del lavoro al senso di non reggere la competizione, che “può avvitarsi e non lasciare scampo”.
Ma – nota in conclusione l’istituto di Giuseppe De Rita – “proprio quest’ultima forma di reazione alla società del disordine, che non è una forma di adattamento, ma l’espressione di una sofferenza individuale, può paradossalmente essere espressione di sana potenzialità”.

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