Salute

Esaurito il Fondo straordinario della Diocesi

Istituito nell'aprile 2009 e con una dotazione di quasi un milione di euro, ha aiutato 1.510 persone

di Redazione

Si sono esaurite le possibilità di aiuto della Diocesi di Vicenza nei confronti delle persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi iniziata a fine 2008. È stato infatti raggiunto in queste settimane il limite di utilizzo del Fondo Straordinario Diocesano di Solidarietà, istituito dall’allora Vescovo Nosiglia all’inizio del 2009 ed entrato in attività ad aprile dello stesso anno.
Con una dotazione complessiva di 973.520 euro (raggiunti grazie al contributo della Fondazione Cariverona, della Diocesi, della Caritas, della Banca Popolare di Vicenza, della Fondazione Veneto Banca, di privati, aziende, sindacati, fondazioni, parrocchie e altri enti), aveva lo scopo di offrire un contributo a fondo perduto rispetto a specifiche condizioni debitorie a persone che nel perdere il lavoro non avevano accesso ad altre forme di sostegno. Un servizio che e’ stato garantito in questi due anni da 150 volontari Caritas attraverso i 13 sportelli di Microcredito presenti in diocesi.
Complessivamente le persone ascoltate sono state 2.242 (90 al mese), quelle beneficiarie dei contributi a fondo perduto 1.510 (il 67% dei richiedenti), i contributierogati 3.029, per un totale di 923.500 euro (612 l’importo medio concesso a persona).
 
«La fascia di età maggiormente toccata dal bisogno è stata quella delle persone tra i 40 e i 59 anni (53%) e fra i 20 e i 39 (44%). Il 68% delle richieste proveniva dauomini e il 78% da migranti. E se la condizione di solitudine  ha riguardato ben il 46% delle donne, per l’84% dei maschi la condizione familiare piu’ caratterizzante era quella di un legame coniugale. Fra le donne, quelle sole con figli sono risultate quelle più in disagio (34% contro il 2% degli uomini). “I processi di composizione e scomposizione della famiglia» – spiega il sociologo Stefano Sbalchiero che ha analizzato i dati Caritas – «hanno delle ripercussioni non indifferenti sulla modificazione delle condizioni di benessere individuali e familiari».
 
Quanto alla situazione lavorativa, l’inattività (disoccupati, pensionati, inabili, in mobilita’ o cassintegrati) ha riguardato l’81% delle domande. «L’esclusione temporanea o definitiva da un lavoro, o la sua precarieta’, rappresentano la principale condizione di debolezza e di disagio economico – aggiunge Sbalchiero – e questo porta con se’ interrogativi sull’adeguatezza delle attuali politiche di supporto all’occupazione».
 
Anche i livelli di scolarizzazione dei richiedenti aiuto offrono spunti di riflessione significativi: il 71% della popolazione ascoltata possedeva al massimo la licenza media inferiore, evidenziando quindi una maggiore fatica di ricollocamento al lavoro nei momenti di crisi e la necessita’ di politiche di formazione e riqualificazione professionale.
 
Quanto ai bisogni emersi, i problemi economici principali hanno riguardato la gestione della vita quotidiana e domestica (91%), in primis affitti e bollette.
 
Infine, quattro richieste di aiuto su dieci sono state formulate da persone che in precedenza non si erano rivolte a nessun altro soggetto od ente, mentre il 42%delle richieste erano il frutto di un invio da parte dei servizi pubblici, presumibilmente non trovando in esse risposte adeguate. Rispetto ai contributi concessi, sono state maggiormente accolte le richieste provenienti da coppie o genitori soli con figli (75,6%).
Ma il dato più significativo e preoccupante è sicuramente quello della cronicizzazione degli aiuti e quindi del disagio: ben il 52% delle richieste sono state continuative, una situazione che ha caratterizzato soprattutto le situazioni di genitori con figli (87%), che sembrano essere i più esposti progressivamente verso una potenziale irrisolvibilità del bisogno espresso.  
 
«L’istantanea che emerge dall’analisi dei dati e dalla nostra esperienza» – sottolinea il direttore della Caritas Vicentina don Giovanni Sandonà – «ci porta a considerare l’importanza di politiche attive per il lavoro, nonchè a sollecitare ancora una volta, dato l’esaurimento dei fondi disponibili, una piena attuazione di quel Patto Sociale per il lavoro che nella nostra provincia ha segnato una laboriosa ma innovativa sinergia fra tutte le istituzioni e i soggetti preposti al sociale e alle politiche del lavoro. È più che mai urgente un pieno, equo ed efficace utilizzo dei fondi messi a disposizione da quel progetto: lo dobbiamo alle persone piu’ fragili, che sono quelle che anche oggi si trovano nelle condizioni peggiori rispetto alla crisi economica e del lavoro, al fine di garantire il rispetto della dignita’ di ogni persona e la costruzione del bene comune».
In merito a Patto Sociale per il lavoro, nato proprio sulla spinta di un incontro che il Vescovo Nosiglia aveva voluto con tutte le istituzioni preposte a novembre 2009, il direttore della Caritas diocesana richiama infine sull’importanza di «vigilare su forme di pregiudizio ideologico che si potrebbero verificare nei comuni, come già accaduto, nello stilare i criteri di accesso previsti dai regolamenti attuativi di adesione al Patto».

 


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