Politica

Dall’Europa assist a Tremonti

Monito su taglio delle tasse e riduzione spesa pubblica

di Franco Bomprezzi

Lo stato della nostra economia non è brillante ma la direzione, per l’Unione Europea, è obbligata: niente diminuzione delle tasse, e riduzione della spesa pubblica. Il monito all’Italia è analizzato con attenzione dai giornali di oggi.

IL SOLE 24 ORE ovviamente dedica molto spazio ai temi di fisco ed economia. “Monito Ue all’Italia: priorità allo sviluppo e al taglio del debito”, è il titolo in prima sulla questione, con due commenti sotto il medesimo occhiello “crescita difficile”. Il primo è di Martin Wolf e si intitola “Percorso a ostacoli per la ripresa”: «Fra le sei maggiori economie avanzate – Usa, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito e Italia – solo gli Usa e la Germania hanno superato nel primo trimestre del 2011 i livelli di Pil di tre anni fa, e anche loro di pochissimo. I quattro più attardati li considero ancora in recessione. (…) E allora che sta succedendo? La risposta più generale è che ai venti contrari della ripresa post-crisi, che soffiano ancora forti, si è aggiunta una serie di fattori più o meno contingenti. Le recessioni che nascono dallo scoppio di bolle speculative alimentate dal credito normalmente sono più gravi e persistenti di quelle generate dagli sforzi per arginare la corsa dell’inflazione. Questo quindi è il problema strutturale. Ma a esso si sono aggiunti l’aumento dei prezzi delle materie prime, in particolare del carburante, e l’impatto sulle catene di alimentazione del terremoto/tsunami in Giappone. Il grande interrogativo è che cosa si può fare per reagire a queste difficili circostanze. (…) quei Paesi che dispongono di margini di manovra dovrebbero combinare l’introduzione di misure strutturali per migliorare la produzione potenziale sul lungo periodo e il mantenimento di forti misure di sostegno alla ripresa, monetarie e di bilancio. Il pericolo più grande nell’era del dopo-crisi resta quello di una semistagnazione prolungata, una crescita poco brillante e un’inflazione alta». Il secondo è di Luca Paolazzi “Italia: non industria? No Pil!»: «Il manifatturiero, infatti, continua a essere la “sala macchine” della crescita perché dalla sua attività originano i guadagni di produttività dell’intero sistema economico attraverso cioè le innovazioni incorporate nei beni utilizzati nel resto dell’economia. Il manifatturiero crea posti di lavoro mediamente qualificati e ben remunerati, sempre più nelle produzioni basate sulla conoscenza. Nel manifatturiero viene effettuata la gran parte della ricerca di base e applicata del settore privato. Dal manifatturiero, in particolare per un Paese povero di risorse naturali, provengono i beni esportabili che servono a pagare le bollette energetiche e alimentari e a finanziare gli acquisti di beni e  servizi all’estero. (…) n Italia, più che in altri Paesi che hanno giocato altre carte ma che comunque stanno cercando di recuperare la centralità dell’industria, senza export manifatturiero si avrebbe l’implosione dell’intero sistema economico. Il ragionamento funziona anche all’incontrario: solo l’espansione delle esportazioni consente di generare risorse in modo compatibile con l’aumento delle importazioni che la spesa di quelle risorse causerebbe. E solo da un manifatturiero vitale e competitivo può originare la crescita dell’export».

Scandalo del calcio, sì della Consulta al referendum sul nucleare nei primi due palchi del CORRIERE DELLA SERA, bisogna arrivare al taglio basso per trovare il titolo: “La Ue: bene i conti italiani, avanti senza tagli alle tasse”. I servizi a pagina 5. Scrive Ivo Caizzi: “La Commissione europea ha invitato l’Italia a continuare con la politica economica «prudente» , attuata finora per affrontare la crisi, e a integrarla entro ottobre con misure aggiuntive in grado di tenere sotto controllo i conti pubblici e di rilanciare la crescita. Di fatto viene scoraggiata la tentazione di considerare interventi con aumenti di spesa e riduzioni delle tasse, che da tempo il premier Silvio Berlusconi sollecita al ministro dell’Economia Giulio Tremonti (rigidamente contrario). Parere positivo viene dato solo all’annunciato progetto di riforma fiscale, che prevede di «spostare gradualmente la tassazione dal lavoro ai consumi» , perché potrebbe rilanciare l’occupazione. Il presidente della Commissione, il portoghese José Manuel Barroso e il commissario per gli Affari economici, il finlandese Olli Rehn, hanno ufficializzato varie raccomandazioni all’Italia presentando nell’Europarlamento di Strasburgo il nuovo Semestre europeo, che rafforza il coordinamento delle politiche di bilancio dei 27 Paesi Ue e valuta i programmi di finanza pubblica dei singoli governi”. Intanto parte la corsa dei Comuni all’incremento della tassazione Irpef. Sempre a pagina 5: “La carica fiscale dei comuni, da Venezia a Empoli corsa all’addizionale Irpef”. Scrive Mario Sensini: “L’ora «x» è scattata ieri. Fino al prossimo 30 giugno i Comuni che non hanno l’addizionale sull’Irpef, o che non superano l’aliquota dello 0,4%, potranno aumentare la sovrattassa già per quest’anno di un massimo dello 0,2%. E a poche ore dall’apertura della finestra spalancata da uno dei decreti di attuazione del federalismo, sono già una quarantina i Comuni, quasi tutti piccoli e medi e concentrati al Nord, già pronti a dare il via all’introduzione o all’aumento dell’addizionale. Accanto a loro, accomunati dalle ristrettezze di bilancio imposte dall’ultima manovra del governo, sono però pronti ad aumentare le tasse anche i sindaci di alcune grandi città, come Vercelli, Empoli, Avezzano, Imola e Venezia. Dove si profila, come in altri capoluoghi e comuni turistici, anche l’introduzione della nuova tassa di soggiorno, anche questa possibile a partire da ieri. Le addizionali comunali vennero congelate allo «status quo» nel 2008. Così, dopo tre anni di blocco, chi è rimasto con il cerino in mano, senza addizionale o con aliquote molto basse, è pronto al recupero. Potenzialmente la possibilità di ritoccare la sovrattassa riguarda 3.543 municipi che sono sotto l’aliquota media dello 0,4%, tremila dei quali hanno un margine di incremento di 0,2 punti già per il 2011. Il ritocco dell’addizionale Irpef comunale «minaccia» , dunque, 16 milioni di italiani, con un aggravio variabile, ma che si aggira in media sui 20 euro pro capite, circa 60 euro per famiglia”. Una interpretazione politica delle conseguenze del monito proveniente dalla Ue lo si trova nella consueta Nota di Massimo Franco, a pagina 8 del CORRIERE: “I maligni potrebbero pensare ad un’uscita concordata con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Ma la raccomandazione con la quale ieri la Commissione europea ha chiesto all’Italia di «essere pronta» a scongiurare qualsiasi aumento della spesa pubblica era nelle cose. Rimanda alle «debolezze strutturali» della sua economia. E ricorda che la credibilità del piano che corregge i conti è «credibile fino al 2012» : non fino al 2014. Il fatto che il documento spunti dopo l’incontro ad Arcore fra Silvio Berlusconi, la Lega e lo stesso Tremonti, conferma soltanto quanto sia difficile sciogliere «il dilemma fra rigore e sviluppo» . Le parole affidate da Umberto Bossi alla Padania di ieri parlano di un premier paladino di una riduzione delle tasse; e di un ministro dell’Economia a difesa dei conti pubblici. La novità è che Bossi li invita a «trovare la quadra»” . E così conclude: “Insomma, tutto lascia pensare che a Pontida si tireranno somme amare: nulla che lasci presagire un lieto fine. Se non c’è una sterzata, la Lega vede altre sconfitte dietro l’angolo. Così, è costretta a sperare che prevalga la ricetta dello «sviluppo» berlusconiano, nonostante le incognite che apre nei rapporti con l’Europa. Ma rimane scettica comunque, di fronte ad uno sfondo che non era stato mai così destabilizzante nella sua inconcludenza. Se non cambia nulla nelle prossime due settimane, la minaccia che il fondatore del Carroccio, oggi ministro delle Riforme, sarebbe tentato di lanciare è quella delle proprie dimissioni dal governo”. 

“La Ue: Italia, niente tagli alle tasse”: il monito di Bruxelles campeggia sulla prima de LA REPUBBLICA. Andrea Bonanni, all’interno, approfondisce. Il debito quest’anno arriverà al 120%, i conti pubblici continuano a essere precari, la speculazione è in agguato mentre il piano di risanamento è «credibile» fino al 2012. dunque l’Europa chiede un pacchetto di misure per il biennio successivo. La Commissione chiede più impegno per la crescita, di fissare «tetti vincolanti alla spesa» e di provvedere «al miglioramento del monitoraggio delle amministrazioni pubbliche». «Il diktat di Bruxelles», sintetizza Bonanni, «taglia corto al dibattito in corso nella maggioranza di governo sull’opportunità o meno di allentare la linea di rigore economico voluta da Tremonti». Dunque scrive Roberto Petrini (e come si sapeva da settimane) la manovra ci sarà: prima un «aperitivo da 7-8 miliardi» e poi la portata da 30-35. Si fa strada l’ipotesi, chissà quanto seria, di una riforma fiscale a costo zero: riducendo l’Irpef e alzando l’Iva. Nel retroscena Francesco Bei descrive un Berlusconi shakespeariano: sospettoso di tutti, diffidente, circondato da consiglieri chissà quanto affidabili. «Tremonti vuole andare al Quirinale al posto tuo», gli suggeriscono (soffiando sull’incubo Ciampi: un ministro dell’economia che salva i conti pubblici e si trasforma in «padre della patria»). Ieri notte riunione segreta, oggi vertice Pdl per mettere a punto le richieste da presentare a super Giulio. Anche i leghisti scalpitano: «Tremonti vuole imporci una manovra da 40 miliardi e non riesce a trovarne dieci per il quoziente familiare?». Infine la questione dei ministeri: Calderoli lancia una raccolta di firme, il Pdl laziale (Alemanno e Polverini, in primis) non ci sta. La base del Carroccio freme («lascia stare i parassiti», dice un fan di Radio Padania, e si riferisce agli alleati di governo). Insomma una maggioranza nel caos.

I consigli di Bruxelles non fanno notizia per il GIORNALE. Bisogna scorrere fino a pagina 19 per trovarne traccia. Siamo nella sezione “Economia” e il titolo recita: “Bene i conti fino al 2012, ma poi nuove misure”: «Il tono è un po’ quello delle maestrine pronte  rimbrottare gli allievi notoriamente indisciplinati». Comincia così l’articolo di Rodolfo Parietti, come a chiarire di che pasta è fatta questa Europa, e quale sia il senso delle raccomandazioni espresse ieri da Bruxelles all’indirizzo del governo italiano. Morale: non c’è spazio per ridurre le tasse, il vostro compito – dice l’Europa riletta da IL GIORNALE –  è quello di controllare a vista il vostro debito pubblico. E per farlo, suggerisce l’Ue, è necessario mettere mano a riforme strutturali, ma senza abbassamento delle tasse. 

Se l’apertura della prima pagina de IL MANIFESTO è affidata a una Vignetta di Vauro sul sì della Consulta al referendum sul nucleare, il titolo di centro pagina è dedicato ai conti pubblici “Ultimatum dell’Ue all’Italia: contro il debito manovra subito”. L’articolo di Galapagos che inizia in prima prosegue poi a pagina 4, dove si conclude anche l’editoriale di Loris Campetti dal titolo “Lavoro da morire”. Scrive Galapagos: «L’invito all’Italia della Commissione europea è ultimativo: entro ottobre il governo deve varare una manovra correttiva per potere rispettare gli impegni presi sull’azzeramento del deficit entro il 2014 e per dare il via a una sostanziosa riduzione del debito come previsto dal nuovo Patto di stabilità. E dall’Europa arriva anche una bacchettata sull’utilizzo dei fondi strutturali comunitari: giunta ormai a metà del periodo 2007-2013, la quota dei fondi mobilitati dal Belpaese sul totale è pari solo al 16,8 percento, con percentuali ancora più basse al Sud. (…)» Sottolinea poi che «(…) la Commissione europea considera “credibile fino al 2012” il piano di consolidamento dei conti pubblici predisposto dall’Italia per il periodo 2011-2014. Tuttavia, invita il governo a varare, come promesso, ulteriori misure entro il prossimo ottobre affinché “il livello molto alto del debito imbocchi un percorso stabile di riduzione” (…)». E conclude: «L’elenco di cose che l’Italia dovrebbe fare è pertanto lungo. Ovviamente tutto parte dai conti pubblici. E sui conti le condizioni sono stringenti. Nel caso in cui i Paesi membri non dovessero rispettare le raccomandazioni fatte dalla Commissione europea in materia di politica economica e di bilancio, “ci aspettiamo che il Consiglio eserciti pressioni da pari a pari” (…)». Guarda e economia e lavoro, invece l’editoriale di Campetti «Ce lo ripetono in tutte le salse: l’economia italiana per riprendere a marciare ha bisogno di semplificazioni. Bisogna ingaggiare una guerra senza frontiere alla burocrazia. Troppi lacci e vincoli frenano la ripresa, troppe tasse gravano sulle imprese, troppi controlli “rallentano la catena della produzione di valore”. Così parlano gli imprenditori e il loro cavalier servente di turno al governo prende appunti e fa scempio non della burocrazia,ma delle norme che tutelano chi lavora. (…)» e prosegue «(…) La crisi è un’occasione straordinaria per trasferire tutti i poteri nelle mani dell’impresa utilizzando il ricatto del lavoro. Se questo è il processo in atto, non possono sorprenderci i dati sull’aumento terribile degli “infortuni” e dei morti sul lavoro nei primi mesi dell’anno, più 22% rispetto allo stesso periodo del 2010. (…) Se i numeri di questa strage non sorprendono, però, devono continuare a indignare gli uomini e le donne di buona volontà. Ma questi padroni, e questi legislatori, forse non sono uomini di buona volontà. Forse non sono uomini».
 
«Tutti gli occhi puntati sul governo» è il titolo di ITALIA OGGI a pagina 3. Si mettono insieme due diverse questioni: «Monito della Ue sui conti. Nucleare, ok della Consulta». Sul fronte economico: «La Commissione europea è chiara: l’Italia deve “essere pronta” a prevenire ogni possibile sforamento dei conti rispetto a quanto programmato per il 2011 e 2012 e chiede di destinare all’ accelerazione della riduzione del deficit e del debito “ogni” positivo imprevisto dovesse verificarsi sul fronte della politica di bilancio. La Ue considera “credibile fino al 2012” il piano di consolidamento dei conti pubblici predisposto dall’Italia per il periodo 2011-2014 e invita il governo a varare “nuove misure per affrontare le debolezze strutturali”. Monito che allontana sempre di più l’ipotesi di una riduzione delle tasse e fa tenere gli occhi incollati sul ministro dell’Economia, Giulio Tremonti». Nel frattempo «La Consulta dice che la nuova legge consente il nucleare e per questo considera ammissibile il nuovo quesito referendario sul nucleare riformulato dalla Cassazione. Governo, ma meglio sarebbe dire il premier Silvio Berlusconi, nei pensieri anche dell’opposizione con un Pd che comincia a lavorare per una riforma della legge elettorale, strizzando l’occhio alla Lega».

“L’Europa ammonisce: crescita? Sì, ma con deficit sotto controllo” è il titolo di taglio medio di AVVENIRE sul monito Ue per i conti dell’Italia. A pagina 11 Giovanni Maria Del Re riferisce che «Bruxelles esorta Roma ad essere pronta a intervenire in caso di sforamenti e chiede nuove misure per centrare gli impegni sul 2013 e il 2014. All’Italia chieste riforme per affrontare le “debolezze strutturali” della nostra economia». In evidenza le reazioni di Mauro Mauro (Pdl), Bersani (Pd) e Di Pietro (Idv). Mauro accusa la sinistra di non perdere l’abitudine di ribaltare la realtà, mentre secondo lui «le raccomandazioni arrivate dalla Commissione europea all’Italia riconoscono il rigore e il realismo messo in campo dal governo per fronteggiare la crisi». Per Bersani invece «abbiamo davanti un problema molto serio che deriva da anni di inadempienza sulle riforme strutturali e sui meccanismi del cosiddetto controllo della spesa pubblica: in realtà quel controllo non è stato efficace perché hanno solo tagliato gli investimenti». Anche per Di Pietro «l’Italia è bloccata da un enorme debito pubblico provocato da due fattori: il 60% delle tasse vengono evase e c’è una miriade di sprechi, come ad esempio i 300 milioni buttati per fare i referendum in data diversa dalle amministrative». Un  altro articolo ricorda che è “Confermata la manovra tra dieci giorni”: «All’indomani del vertice di Arcore il percorso si conferma: a giugno la manovra da 40 miliardi utile per il pareggio di bilancio nel 2014, non prima di settembre la delega fiscale… L’intervento sui conti arriverà a fine mese per far sì che il Parlamento lo approvi entro luglio e soprattutto per farlo presentare a Tremonti il 20 giugno, alla prossima riunione Ecofin, con un percorso triennale blindato. Solo a fine estate dovrebbe arrivare invece la richiesta al Parlamento di una legge-delega per il fisco. A completare il quadro un articolo riporta i commenti di Emma Marcegaglia che chiede la riforma fiscale entro l’estate. Il leader di Confindustria sferza Palazzo Chigi: «Non basta dire che vuole andare avanti, se non realizza le riforme necessarie al sistema».

“L’Ue: no al taglio delle tasse”: LA STAMPA apre con questo tema, evidenziando la contrapposizione tra quanto richiesto all’Italia dall’Unione europea e le richieste della Lega di Umberto Bossi. “Bossi a Berlusconi: Abbassate le tasse” titola pagina 2, con un articolo di Ugo Magri che attacca con «Sarà pure andata benissimo, come cerca di far credere Berlusconi, ma dopo l’incontro di lunedì con Bossi i problemi restano tutti sul tavolo». A pagina 5 in modo schematico LA STAMPA informa sui sei punti sui quali l’Ue “rimanda l’Italia ad ottobre”, come dice il titolo scelto dal quotidiano: ridurre il deficit, più sostegno ai giovani, burocrazia da snellire per dare fiato alle imprese, incoraggiare il lavoro femminile, agganciare i salari alla produttività e infine utilizzo migliore dei fondi europei rendendo più agevoli gli incentivi per le imprese private e favorendo l’innovazione.

E inoltre sui giornali di oggi:

BANCHE
LA REPUBBLICA – “Bpm, cda diviso sulle risposte a Bankitalia”. Di fronte ai rilievi della banca centrale (su crediti, concentrazione dei finanziamenti sul settore immobiliare e governance), il cda di Banca popolare di Milano elaborano un documento con atteggiamento «costruttivo» (si pensa anche a modifiche dello statuto, con distribuzione del 5% lordo ai dipendenti). Il titolo perde in borsa. In un approfondimento si scopre che contrariamente alla prassi, il presidente Massimo Ponzellini ha garantito personalmente l’erogazione di crediti per 24 milioni (finiti poi in Lussemburgo).

NUCLEARE
AVVENIRE – Falsa apertura intitolata “Sarà proprio un test atomico” sull’ultimo via libera dalla Consulta al referendum. I servizi alle pagine 8 e 9 sottolineano la soddisfazione dei promotori della consultazione e dei partiti d’opposizione per la sentenza (“Ora può esprimersi pienamente la volontà popolare”). Il quesito sul nucleare “chiaro, univoco e omogeneo” sarà sul futuro energetico del Paese. 

GIOVANI
IL MANIFESTO – Richiamo in prima per il nono rapporto sullo stato sociale che sotto il cappello “Recessione” osserva che “I giovani sono i più penalizzati dalla crisi”. Pagina 6 è interamente dedicata a questo tema con l’apertura che analizza la «Fotografia di un paese senza futuro. Le proposte: più contributi per i precari e più spazio alla previdenza integrativa» come riassume il sommario. Si sottolinea nell’articolo che: «(…) Unica in Europa, insieme a Grecia e Ungheria, l’Italia ha negato ai precari e agli autonomi, giovani e meno giovani, la flexicurity, il sistema che compensa la precarietà dilagante sul mercato del lavoro con un reddito di base. (…) A questa dura realtà se ne aggiunge un’altra forse più inquietante: la mancanza di una copertura previdenziale per chi lavora oggi con un contratto di collaborazione, a partita Iva o con una prestazione occasionale. (…)» e conclude: «Nel ritratto di un paese che ha negato fino ad oggi l’esistenza della “questione sociale”, salvo poi accorgersi di trovarsi sull’orlo del baratro, uno spazio particolare viene riservato al taglio delle risorse destinate all’istruzione primaria e a quella universitaria. (…) Il progetto del governo Berlusconi è insomma quello di liquidare l’istruzione pubblica adeguandosi alla tendenza di un sistema produttivo più che in crisi, in rotta, e di un mercato del lavoro dove il 30,3% dei laureati ha una formazione eccessiva rispetto al lavoro che svolge. L’Italia resta al penultimo posto in Europa per numero di laureati. A questi giovani non riconosce alcun diritto alla casa e, nel frattempo, ha decurtato l’80 per cento dei fondi destinati alle politiche sociali». “Solo un’altra Europa ci può salvare” è il titolo del commento affidato a Felice Roberto Pizzuti, il quale osserva che i cambiamenti di questi ultimi anni «(…) hanno indebolito il sistema complessivo fino alla crisi globale, i cui effetti negativi hanno penalizzato particolarmente i giovani. (…) » e continua osservando anche che: «La natura e la dimensione dei problemi hanno anche una specificità nazionale. L’Italia, come altri paesi europei dell’area mediterranea, mostra particolari difficoltà che affondano le loro origini nella maturità del sistema produttivo, in specifiche inadeguatezze del sistema di welfare e in una progressiva deresponsabilizzazione delle istituzioni che tende a scaricare problemi tipicamente collettivi sulle famiglie e sugli individui. L’accelerazione verso istituzioni e politiche economiche comuni e l’abbandono di ottiche nazionali miopi, favorirebbe l’efficacia di misure volte a rilanciare la crescita complessiva e, contemporaneamente, la riduzione degli squilibri regionali. Il rilancio e la riqualificazione del cosiddetto Modello sociale europeo fondato sui sistemi di welfare pubblici potrebbe giocare un significativo ruolo propulsivo. Purtroppo, il dibattito sul nuovo Patto di stabilità non autorizza a pensare che si stia andando in questa direzione (…)».

SOCIAL HOUSING
ITALIA OGGI – «Case sociali, mattone d’oro» è il titolo a pagina 22, nella sezione «Edilizia e Appalti». Si parla dei «progetti di Cino Zucchi, Paolo Caputo e Marco Tamino al convegno di Eire». Così il social housing può essere «il motore per la ripresa edilizia. Il quesito al quale ha cercato di rispondere il convegno è «Quale casa per quale città». La pagina successiva è invece dedicata al «Legno superstar per i green office: la sostenibilità ridà una seconda vita anche ai mattoni».

TAV
CORRIERE DELLA SERA – “Tav, sì (bipartisan) all’esercito nei cantieri”: servizio di Marco Imarisio a pagina 24. Dopo le minacce (busta con un proiettile calibro 38) ricevute dal parlamentare del Pd Stefano Esposito, e a Giorgio Merlo, alla vigilia dell’inizio degli scavi per la Tav (altrimenti saltano i finanziamenti europei) si fa strada l’idea di militarizzare, con l’esercito, l’area dei lavori. Oggi vertice per la sicurezza con la presenza del ministro Maroni.

LIBIA
AVVENIRE – “Tripoli martellata. Il rais: mai la resa. Obama: via subito” è il titolo riassuntivo in prima pagina della situazione in Libia, dove sono stati intensificati i bombardamenti Nato e Gheddafi è tornato a farsi sentire con un nuovo messaggio audio ribadendo «Resto a Tripoli, vivo o morto. Meglio il martirio della resa».

USA
LA STAMPA – “Obama, un fallimento la sua ricetta anti-crisi”. Un duro atto d’accusa al presidente americano arriva da Joseph Stiglitz, premio nobel all’economia. In questa intervista con LA STAMPA critica più punti della politica di Obama per affrontare la crisi economica. Un esempio? «Il programma di ristrutturazione dei mutui è stato un fallimento». «Si è trattato di un pacchetto di misure che ha finito per giovare più a chi aveva scatenato la crisi finanziaria, banche e società di mutuo, che non alle vittime, i comuni cittadini», sostiene Stiglitz.

NORD EST
LA REPUBBLICA – “Qui la crisi è finita”: viaggio di Ettore Livini nel Veneto tornato a crescere e il cui Pil è ora a livelli tedeschi. La ricetta? «Abbiamo saputo cambiar pelle tutti assieme. Fondendo le imprese, facendo squadra, adattando prodotti e modelli industriali» dice Andrea Tomat, numero uno della locale Confindustria. La vocazione all’internazionalizzazione, gli straordinari e il saper fare rete hanno fatto il resto. Sul fronte occupazionale, le cose sono migliorate, ma per il momento il boom riguarda i contratti atipici. Di spalla Mario Moretti, presidente Geox, spiega: «le banche locali si sono comportate bene… Sono state loro ad assumersi rischi diretti con fidi senza garanzie». Quanto a un altro problema, la sicurezza, «adesso non abbiamo più preoccupazioni, ma fino a qualche tempo fa la criminalità era un problema».

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