Volontariato

Le Caritas lombarde lanciano il “reddito di autonomia”

Presentata oggi a Milano una innovativa proposta di integrazione al reddito per aiutare le famiglie indigenti

di Redazione

 

Come aiutare le famiglie dei lavoratori poveri, i disoccupati senza cassa integrazione, le madri con figli a carico, i padri separati? Se ne è parlato oggi a Milano nel corso di un convegno nella sede della curia arcivescovile, in Piazza Fontana 2.

Aiutare le famiglie indigenti ad investire nel proprio potenziale umano è l’obiettivo del ”reddito di autonomia”, uno strumento di integrazione al reddito che le Caritas della Lombardia propongono per contrastare efficacemente le vecchie e nuove povertà, aiutando le famiglie indigenti a investire nelle proprie capacità. cominciare dalla Regione locomotiva d’Italia. In uno studio le Caritas lombarde illustrano i dettagli di una misura di sostegno al reddito che aiuti le famiglie indigenti a investire nelle proprie capacità.

La proposta – contenuta nel libro “Reddito di autonomia. Contrastare la povertà in una prospettiva di sussidiarietà attivante”, edito da Erickson, e scritto da Rosangela Lodigiani e Egidio Riva, sotto la direzione scientifica dei professori Gian Paolo Barbetta, Luigi Campiglio, Michele Colasanto dell’Università Cattolica di Milano – è stata presentata oggi, nell’aula convegni della Curia arcivescovile di piazza Fontana 2 a Milano, alla presenza del presidente di Caritas Italiana, monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi, del direttore monsignor Vittorio Nozza, del direttore di Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo, del professore Rocco Corigliano del consiglio di amministrazione della Fondazione Cariplo e dell’assessore alla Famiglia della Regione Lombardia, Guido Boscagli.

L’Italia e la Grecia sono i soli paesi europei a non prevedere una forma di sostegno al reddito per indigenti. D’altra parte, sia le rilevazioni dei principali istituti di ricerca sia l’esperienza concreta sul campo dei volontari nei centri di ascolto delle Caritas dimostrano la ridotta efficacia delle misure di contrasto alla povertà adottate dal nostro Paese, soprattutto nel nuovo contesto sociale venutosi a determinare con la crisi economica ed occupazionale.

Per queste ragioni, già da tempo, Caritas ha maturato la convinzione che sia necessario approntare nuovi strumenti di welfare. In particolare, sollecitate anche dalla campagna di Caritas Europa, “Zero Poverty”, conclusasi lo scorso anno, le Caritas lombarde hanno studiato e adattato al contesto italiano e lombardo una misura, già in vigore in tutti i principali Paesi Ue, che consentirebbe di offrire un aiuto a quelle categorie sociali oggi in difficoltà e per le quali non sono previste tutele adeguate: ad esempio, le persone che pur lavorando non riescono a raggiungere livelli di reddito sufficienti, perché svolgono impieghi saltuari e mal retribuiti, i capifamiglia disoccupati senza cassa integrazione, le madri costrette a farsi carico da sole dei figli in seguito a separazioni e a divorzi.

 Secondo lo schema proposto, il “reddito di autonomia” sarebbe rivolta alle famiglie con figli. I destinatari riceverebbero un contributo, la cui entità potrà essere definita a seconda delle disponibilità complessiva che si vorrà destinare alla misura, ma a fronte dell’adesione ad un programma di inclusione socio-economica. Il patto, stabilito assieme ai beneficiari, è vincolante (se non lo si rispetta il trasferimento monetario viene interrotto) e prevede una serie di obblighi. Come, ad esempio, l’iscrizione ai Centri per l’impiego, la sottoscrizione dell’immediata disponibilità al lavoro, la partecipazione a corsi di riqualificazione professionale.

L’investimento richiesto, inoltre, riguarda non il singolo ma l’intero nucleo familiare. Quindi tra gli impegni che la famiglia si assume accettando il patto di reinserimento sociale, ci sono, ad esempio, anche l’iscrizione dei bambini alla scuola materna e la frequenza scolastica per i figli minori fino all’età dell’obbligo.

Lo schema proposto prevede la collaborazione stretta tra istituzioni e privato sociale, secondo il principio di sussidiarietà. In particolare, la Regione stabilisce l’entità del contributo, lo eroga e valuta i risultati. Le Province organizzano i servizi sul territorio. I Comuni raccolgono e selezionano le domande dei ichiedenti e ne verificano la veridicità dei livelli di reddito dichiarati. Il Terzo settore accompagna e monitora le persone che hanno beneficiato della misura durante il percorso di reinserimento sociale.

Secondo lo studio, il “reddito di autonomia” dovrebbe sostituire misure già esistenti, che proprio perché frammentarie, risultano scarsamente efficaci. Questa misura consentirebbe quindi di razionalizzare la spesa sociale. I costi aggiuntivi dipendono dall’entità del contributo e dalla platea dei beneficiari che si vuole selezionare. A titolo esemplificativo i ricercatori hanno stimato che destinando un sussidio medio mensile di 408 euro ai nuclei familiari con almeno un minore a carico, il costo aggiuntivo sarebbe di 80 milioni di euro che si aggiungerebbero ai 126 milioni già oggi erogati dalla Regione Lombardia.

 


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