Politica

Tremonti, ecco il “colpevole”…

Dopo la batosta elettorale Berlusconi scarica responsabilità

di Franco Bomprezzi

La resa dei conti, e non solo in senso figurato. Il centrodestra, dopo la batosta elettorale, è alla ricerca del colpevole, e comunque delle responsabilità principali per un risultato che rischia di compromettere la già difficile tenuta del governo. E così Tremonti finisce sulla graticola, con un attacco poi rientrato perfino da parte di Berlusconi. Ecco come i giornali raccontano le fibrillazioni della politica.

“Sulle tasse non decide Tremonti”: il CORRIERE DELLA SERA sceglie la battuta di Berlusconi per il titolo di apertura. E già in prima si parla di Alfano come possibile coordinatore unico del Pdl, lasciando il ministero della Giustizia a Lupi o a Cicchitto. Vignetta fulminante di Giannelli, uscito dal cono d’ombra della par condicio: “Non ho tempo per organizzare i miei funerali” dice Berlusconi. E Tremonti, sornione, indicando Alfano alle sue spalle: “Ci può pensare il coordinatore unico”… Servizi sul dopo elezioni e sugli scenari politici per ben diciotto pagine. Scegliamo con cura. Massimo Franco e la sua Nota a pagina 2: “I segnali sono contraddittori, e non potrebbe essere diversamente. Silvio Berlusconi mostra grande sicurezza. Giura di avere già le idee chiare sugli errori da correggere. E si fa forte dell’asse con Umberto Bossi, per quanto ammaccato dal voto amministrativo. La decapitazione dei vertici del Pdl è decisa: il ministro della Giustizia, Angelo Alfano dovrebbe diventare il coordinatore unico del partito. In parallelo, si intravede un tentativo di ridimensionamento, assai più complicato, del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, guardiano dei conti pubblici. Ieri pomeriggio il presidente del Consiglio gli ha spedito messaggi agrodolci dal ricevimento per la festa della Repubblica nei giardini del Quirinale. Tremonti «propone, non decide» , ha scandito il premier. E se non vuole aprire i cordoni della borsa per fare la riforma fiscale, «li faremo aprire» . È un linguaggio insolitamente duro, nonostante le precisazioni successive, verso un ministro lodato finora come artefice della tenuta finanziaria dell’Italia”. Francesco Verderami a pagina 4: “ Il superministro è nervosissimo, avverte l’assedio di Berlusconi e del mondo delle imprese, che usano la ricetta di Draghi— diminuzione del carico fiscale e tagli selettivi di bilancio— per indurlo a cedere. Perciò Tremonti reagisce ogni qualvolta sente citare il Governatore e ricorda che l’esecutivo è atteso a una manovra da 40 miliardi per tenersi in linea con i dettami dell’Europa sui conti pubblici. Una manovra che si preannuncia «impopolare» , come lo stesso ministro dell’Economia ha spiegato a colleghi di governo del Pdl e della Lega”. L’intervista di Maurizio Giannattasio a Giuliano Pisapia, a pagina 8: “Come frenerà l’assalto dei partiti? Terrà in tasca una lettera di dimissioni come Gabriele Albertini? «Devo dire che oggi non penso proprio alle dimissioni…» . Vendola da piazza del Duomo ha usato toni forti, da guerra civile: «Abbiamo espugnato Milano» . La borghesia milanese si spaventerà? «Io parlo per me. Ieri ho dato dei segnali forti e chiari: bisogna avere sobrietà anche nel linguaggio, che non significa cedere sui principi. Io voglio continuare a essere me stesso. A Vendola voglio bene. Ma quando va in una città che non conosce dovrebbe ascoltare più che parlare» . Beppe Grillo dice: ha vinto il sistema. Lei si trasforma in Pisapippa. «Grillo parla senza conoscere la realtà. Credo che molti ragazzi del Movimento 5 Stelle abbiano votato per me»” . Beppe Severgnini a pagina 9: “provate a pensare: Milano ha aperto l’ultimo aeroporto del XX secolo (Malpensa 2000, nato vecchio e collegato male); e nicchia sull’estensione del metrò fino a Linate, una priorità assoluta (c’è l’Expo, santo cielo!). Londonism, lo chiamano: la combinazione tra senso degli affari (di destra?) e spesa pubblica per infrastrutture (di sinistra?), ritualità (conservatrice?) e tolleranza (liberale?), forza dell’establishment (tradizionale?) e passione cosmopolita (progressista?). Il milanesismo— se ci pensate— è tutte queste cose. Milano non è né il feudo di un uomo (di destra) né un campo-giochi per nostalgici (di sinistra). È la nostra Londra, la nostra Berlino e la nostra New York: la città più aperta ai connazionali e agli stranieri, la città-laboratorio, la città che ogni tanto si piega, ma poi scatta come un arco, e scaglia lontano le sue frecce. Ogni tanto centrano il bersaglio, per fortuna di tutti”. Infine Claudio Magris a pagina 52: “La gioia di questo momento non può far dimenticare come tutto sia instabile e incerto. Nulla sarebbe più dannoso e sciocco di una sciamannata euforia, della convinzione di aver già vinto una battaglia che è ancora agli inizi e aperta. Si può e si deve provare una grande soddisfazione per questo giro di boa; sarà necessaria una fermezza anche dura— ma sempre da signori— dinanzi a eventuali probabili assalti a colpi bassi; si può e si deve avere una pacata, salda fede nei propri valori. Ma senza alcuna euforia facilona che a sua volta degenera facilmente in supponenza fastidiosa per tutti, o in entusiasmo magari generoso ma improvvido e ingenuo e dunque, alla fine, autolesivo. Lo stile dei candidati vittoriosi e delle forze politiche che li hanno sostenuti è una garanzia di serietà, di equilibrio, di concretezza; di buona prova quotidiana scevra di poetizzante ebbrezza”.

LA REPUBBLICA apre con “Berlusconi-Tremonti, la resa dei conti” e nel sommario spiega: “Il premier: «sul taglio delle tasse non decide lui». Poi frena: piena fiducia. Bossi: avanti, ma non tranquilli”. Seguono molte pagine sulla fibrillazione dell’esecutivo inaugurate da Carmelo Lopapa che spiega: «alleati, pidiellini, avversari sono avvertiti: nessuna illusione sul passo indietro del premier dopo il cappotto elettorale». Il premier che pure trova la forza di scherzare (non ho tempo per organizzare il mio funerale, troppi impegni) pensa a un rilancio dell’azione di governo, ripartendo dalla riforma del fisco e dalla comunicazione (a Bucarest ha incredibilmente spiegato: «comunicherò tutte le settimane»). Per realizzare la quale serve la più che piena collaborazione di Tremonti. Nascono così nuove difficoltà spiegate nel retroscena da Francesco Bei: se abbiamo perso, ragionano nel Pdl, è anche colpa del rigore tremontiano: «è lui che ci ha fatto perdere le elezioni al Nord. Ormai quando appare in televisione, con quella faccia, la gente pensa a Visco. Se dovesse andar via non mi straccerei le vesti». Un copione simile a quello di qualche anno fa (quando Tremonti si dimise all’improvviso, sostituito per qualche tempo e poi richiamato…). La riforma, la accenna Roberto Petrini: riduzione dell’Irpef, aumento dell’Iva sui beni non di prima necessità, ipotesi quoziente familiare, più lotta all’evasione fiscale (per ridurre l’Irap). Due le analisi complessive su questo passaggio politicamente denso. Quella di Barbara Spinelli (“L’ottimismo dell’intelligenza”: è quella degli elettori che hanno realizzato che si può cambiare) e quella di Ilvo Diamanti (“Se tramonta il mito del Nord padano”). Il secondo ragiona sul mito di una Lega unica grande erede dei partiti di massa radicata nel territorio e in grado di presidiarlo.

Il GIORNALE apre col titolone “Fratelli rom, sorelle tasse” in cui spiega come “lunedì Vendola ha infiammato Milano esaltando nomadi e islam, ieri ha aumentato l’Irpef ai pugliesi. È il vecchio che avanza”. In basso il “Cucù” di Marcello Veneziani che titola “Centrodestra, il rilancio in quattro atti”. «La sconfitta c’è stata, un ciclo sta finen­do. Meglio ammetterlo e ripartire da lì, in quattro atti» spiega Veneziani. Il primo consiste nel rendersi conto della situazione e portare a termine più riforme possibili, «Secondo. Berlusconi annunci che a fine legislatura non si candida più e si riparta dall’ipotesi di una terna che rappresenti la continuità con il governo attuale e l’alle­anza con la Lega. Una terna con Tremonti affiancato da un esponente che rappre­senti il mondo cattolico ed uno che rap­presenti la destra nazionale e sociale. Lui esca alla grande, come vi entrò e come vin­se tre volte. Terzo. Riaprite il dialogo con Casini, prospettandogli che se la può giocare con Tremonti; è nel suo interesse puntare sull’ eredità più che sulla terzietà. Nel primo può diventare premier o partner di Tremonti, nel secondo resta inchiodato al gioco dei due forni con i due fornaretti, Rutelli e Fini». Infine il quarto punto è rifondare il Popolo della liber­tà con guida unica, magari giovane. Secondo il giornalista bisogna voltare pagina «dopo il super-leader riparti­te da un’idea».  Intanto Massimiliano Scafi firma “Via libera del Colle: il governo vada avanti”. «Niente crisi, nessuna “dimissione preventiva” in vista della verifica parlamentare del mese prossimo. Anzi: il governo, se può, vada avanti e governi. Il Quirinale dunque non offre sponde al centrosinistra che chiede la testa del Cav».

 “Pagherete caro” è questo il titolo scelto per l’apertura dal MANIFESTO che, nel sommario che rinvia alle 4 pagine (dalla 2 alla 5) dedicate all’analisi politica, sottolinea «I senza cervello “se ne accorgeranno”: Berlusconi incassa il colpo delle amministrative e rilancia: promette la riforma fiscale che non ha mai fatto, chiede soldi a Tremonti, annuncia novità sul partito. E minaccia: “Comunicherò ogni settimana”». A pagina 3 che nella fascia in alto segnala “Roma – Maggioranza nel caos dopo il voto. Berlusconi teme la multa da mezzo miliardo per il lodo Mondadori e non sa come gestire un partito finora unito solo dal potere” l’articolo di apertura è intitolato “Il premier sfida Tremonti”. «La famiglia innanzitutto. La sua. Silvio Berlusconi plana da Bucarest dopo la mazzata elettorale e per prima cosa, alla vigilia delle celebrazioni del 2 giugno con capi di stato da tutto il mondo, convoca di corsa a Palazzo Grazioli i suoi figli Marina, Piersilvio, Barbara e Luigi (assente solo Eleonora) accompagnati (ma non ci sono conferme) da Fedele Confalonieri. Una riunione tanto urgente da essere convocata a Roma e non ad Arcore come di solito, durata quasi tre ore e dedicata agli affari di famiglia. Che non vanno bene. (…)» e prosegue: «(…) Attorno al Cavaliere il caos regna sovrano. L’ufficio di presidenza del Pdl previsto ieri sera è stato rinviato ad oggi alle 18. E sono saltate una dopo l’altra sia la cena con Umberto Bossi sia quella – riservatissima e bruciata ancora prima di iniziare – con i consiglieri Rai di centrodestra. In serata, non gli resta che sedersi a tavola con Verdini (…) La situazione non è rosea. Tra una cosa e l’altra il premier deve pure ricordarsi di dimettersi dal comune di Milano per non dover presiedere la prima seduta di Pisapia a Palazzo Marino…». Sempre a pagina 3 in corsivo, Sergio Bologna firma l’articolo di spalla “Gli autonomi che votano Pisapia”: «I dati sulla composizione dell’elettorato che ha permesso a Giuliano Pisapia di diventare sindaco di Milano hanno portato una sorpresa: il lavoro autonomo ha voltato le spalle alla destra. Stando ai primissimi sondaggi l’elettorato più giovane e con una laurea in tasca, inserito nel tessuto produttivo della città come partita Iva o come collaboratore, ha votato Pisapia. (…)» e l’analisi continua: «Sono quasi tutti “nativi digitali”, cioè hanno praticato l’esodo dallo spazio pubblico come lo intendiamo noi e nel quale ancora ci attardiamo. È ormai evidente che loro non sono l’anti-politica, come pensano le mummie della sinistra, ma sono il post-politica. E quindi vogliono un cambiamento radicale, non un passaggio di consegne. Vogliono una democrazia sostanziale, non una democrazia delegata. Non credono che la liberazione da Berlusconi debba essere affare dei magistrati, ma opera della loro iniziativa (…) Infine l’aria nuova è venuta da molti artigiani e microimprese che rischiano il fallimento per i mancati pagamenti oppure sono strangolate dalle banche. L’aria nuova è venuta da chi comincia a non poterne più di questo sistema capitalistico ma parla un linguaggio molto diverso da quello del vecchio comunista (…)».

Lancio in prima su IL SOLE 24 ORE per il commento di Stefano Folli sulla politica nazionale e relativi servizi a pagina 4: «Quarantotto ore dopo il lunedì nero, non si può dire che la maggioranza Pdl-Lega abbia le idee chiare. Qual è la strategia per risalire la china? Non si sa, se non in termini generici – scrive Folli e conclude – la tentazione di Berlusconi può essere quella del piccolo cabotaggio, in attesa che trascorrano gli ultimi due anni di legislatura. Ma è dubbio che la Lega possa accettarlo. Come dice il milanese Salvini, citando Maroni: “non moriremo per Berlusconi”. Messaggio chiaro. Il rischio è ci si avvii a una sostanziale paralisi. Il che autorizza Emanuele Macaluso, direttore del Riformista, a scrivere: “Occorre un governo, senza ribaltoni, in grado di aprire un dialogo trasversale per affrontare l’emergenza economica e sociale”. Un governo di responsabilità nazionale». Intanto, a tenere banco è lo scontro carsico fra Tremonti e Berlusconi, per cui il premier avrebbe intenzione di chiarire al ministro dell’economia chi comanda: lui, ovviamente. Per questo il Signor B esige che la riforma del fisco sia varata (di cui IL SOLE tenta un’anticipazione a pagina 5), e velocemente, che quindi Tremonti la smetta di opporsi e apra «i cordoni della borsa». Non meno complicato il destino dell’intero partito della Pdl. C’è un gran mescolarsi di carte, progetti e soprattutto nomi e incarichi: forse Alfano coordinatore unico, forse Cicchitto al ministero della Giustizia, forse Lupi portavoce, ma sicuramente quello che si può intuire è che «i tempi sono ormai maturi per il dopo-Berlusconi – scrive Barbara Fiammeri – non a caso il Cavaliere, pur non bocciando aprioristicamente la proposta (delle primarie, ndr.), ne ha sottolineato i limiti: “Personalmente sono per tutto ciò che è espressione dell’opinione pubblica”, ha detto, aggiungendo però subito dopo che c’è il rischio di non “sapere chi viene a votare”». Sullo sfondo gli ex colonnelli di An – e La Russa in particolare – che temono l’epurazione. In fondo a Milano si è perso anche per colpa sua. 

Cronaca, plauso e una strigliata, nell’ordine le notizie di ITALIA OGGI. “Dopo il voto, ora la prova dell’aula” ITALIA OGGI annuncia la verifica parlamentare sulla maggioranza a fine giugno. Nel frattempo descrive  l’atmosfera di pressing di Berlusconi su Tremonti e del Pd sul premier che vuole si dimetta. In prima pagina “Federalismo, ecco i fondi” per informare che il governo sceglie la linea soft e garantisce ai sindaci le stesse risorse dell’anno scorso e saranno ripartiti 11,265 miliardi di euro. L’Anci plaude. E la strigliata la Governo vien da Mario Draghi che «nelle sue considerazioni finali prima che siano nominato  a capo della Bce,  ha indirettamente disegnato  il nuovo scenario italiano con un governo d’unità che  faccia tagli selettivi alla spesa e alle aliquote fiscali».

AVVENIRE con il titolo “oltre la precarietà” apre sul discorso del governatore della Banca d’Italia Draghi che «lamenta cinque anni di prediche inutili ma lancia un ultimo appello: tornare a crescere si può, non è un declino ineluttabile». Nell’editoriale intitolato “È il momento di scegliere”, Francesco  Riccardi scrive che  «il destino del Paese, oggi “insabbiato” sul piano economico non meno che su quello sociale, è tutt’altro che segnato. A patto che si prendano finalmente in mano le questioni fondamentali, le esigenze profonde di cambiamento che la crisi ha reso ancora più evidenti e scottanti. Nell’intervento di Mario Draghi si può leggere in filigrana una mappa del percorso necessario per innescare un nuovo sviluppo. A cominciare dalla stabilizzazione dei conti pubblici grazie alla “contrazione della spesa primaria corrente”. Da ottenere però non con “tagli uniformi a tutte le voci”. Oggi più che mai, infatti, è il momento di operare scelte precise: l’allocazione delle risorse, la suddivisione di compiti e oneri fra lo Stato e gli enti locali, fra il mercato e il privato sociale, tra la comunità e i singoli cittadini è una delle responsabilità più importanti che la politica deve tornare ad assumersi. È la trama sulla quale si tesse il modello di un Paese, come dimostra in Gran Bretagna il progetto di Big society e come promette da noi l’evoluzione dell’idea di sussidiarietà». Sulla politica il richiamo è per il premier che pressa Tremonti sul fisco. Berlusconi dichiara di aver preso un gol ma di voler continuare la partita e chiede al ministro dell’Economia di aprire la borsa.  Nella seconda riga “Bossi: andiamo avanti, per adesso”. La pagina 6  esamina il “fronte leghista” con il Senatur che rompe il silenzio post voto e Salvini  che avverte “Non moriremo per Silvio”. AVVENIRE pubblica un’intervista al sondaggista Pagnoncelli che parla di “responso prevedibile dalle urne”. Per lui «i partiti devono recuperare la dimensione progettuale e non inseguire sempre le paure». A pagina 7 c’è un’intervista a Mario Mauro, capogruppo degli eurodeputati Pdl che invocando “Meno cortigiani e falchi, più valori” sostiene: «Gli elettori ci hanno punito per le riforme annunciate e non portate a termine… Il premier non deve fare un passo indietro: se qualcuno ha idee, cuore e coraggio ne faccia uno avanti». La pagina 8 è dedicata al dopo ballottaggi: a Milano Pisapia sceglie tra tre donne (la senatrice pd Adamo, l’ex ministro Pollastrini e la direttrice della casa della Carità) per il posto di vicesindaco e promette di varare la giunta nel giro di due settimane. Secondo il sociologo Mauro Magatti, docente alla Cattolica, Pisapia «non deve mai perdere di vista i bisogni reali». La sua ricetta: « rigore di bilancio e buona amministrazione per fare di Milano una capitale dell’innovazione e della ricerca, e rilanciare la cultura». Taglio basso per Napoli con il titolo “Rifiuti e dialogo: la prima buonista di De Magistris”. Il neo sindaco fa l’elenco delle priorità. «Convincerò Caldoro a ritirare il bando di gara sul termovalorizzatore». 

“Berlusconi resiste a Lega e Tremonti”. LA STAMPA apre con un titolo sul governo, ma in proporzione dà più spazio, nelle pagine iniziali, alle conseguenze delle elezioni amministrative sul territorio nazionale. In un primo piano “Le città del giorno dopo” analizza le prime mosse dei due vincitori a Napoli e Milano, De Magistris e Pisapia. LA STAMPA analizza i cambiamenti che hanno contribuito alla vittoria, in primis lo smarcamento dai partiti: “L’arancione, bandiera solare che cancella i partiti a tinta unita” titola un primo piano a pagina 13. A pagina 12 racconta la “ribellione del blog” contro Beppe Grillo, da parte del suo stesso popolo che questa volta ha rifiutato il qualunquismo che mette tutti (gli altri) sullo stesso piano. Un articolo a pagina 9 intitolato “Milano, dopo il trionfo la paura del fuoco amico” dà conto delle reazioni all’intervento in piazza Duomo di Nichi Vendola («abbiamo espugnato Milano»), giudicato da molti del suo stesso partito “sopra le righe” e inopportuno, e dal quale anche Pisapia ha preso le distanze.

E inoltre sui giornali di oggi:

DRAGHI
LA REPUBBLICA – Ultime considerazioni finali di Mario Draghi da governatore di Bankitalia: “Siamo un Paese insabbiato qui si fa poco per la crescita” è il titolo del pezzo di Elena Polidori. Servono tagli selettivi, voce per voce, vanno ridotte le aliquote sui redditi per lavoratori e imprese, va recuperata l’evasione. Soprattutto ci vuole una manovra «tempestiva, strutturale e credibile». La produttività ristagna, il sistema perde credibilità. Le cause? L’inefficienza della giustizia, l’assenza di poli d’eccellenza nell’istruzione, scarsa concorrenza, poche infrastrutture, inefficienza nell’esecuzione dei progetti finanziati dall’Ue, assenza di regole certe nella rappresentazione sindacale, disoccupazione femminile. Draghi ha anche indicato due criteri per la scelta del suo successore: merito e indipendenza. In appoggio intervista a Renato Brunetta: “Sì alle richieste del governatore faremo subito la riforma fiscale”.

REFERENDUM
IL MANIFESTO – “Il giorno dell’atomo, oggi la Cassazione decide sullo scippo tentato dal governo” titola il richiamo in evidenza in prima pagina che rinvia all’articolo di apertura a pagina 6 in cui si sottolinea nell’occhiello dell’articolo che le opposizioni sono “sicure che i giudici confermeranno il ricorso alle urne del 12 e 13 giugno prossimi”. Al centro dell’articolo si illustra la memoria dell’avvocato Gianluigi Pellegrino, autore dell’istanza di difesa del referendum presentata davanti alla suprema corte: «(…) La memoria preparata dal legale si basa su due sentenze della Corte costituzionale: la prima, più recente, è quella con cui a gennaio la Consulta ha ammesso il quesito presentato all’Italia dei valori spiegando che le nuove norme preparate dal governo disciplinano comunque la possibilità di costruire nuove centrali nucleari. La seconda riguarda invece un precedente del 1978 quando la Consulta decise che non basta una nuova legge perché un referendum venga annullato, ma occorre che le nuove norme abbandonino «i principi ispiratori della disciplina preesistente». Insomma la nuova legge dovrebbe dire esplicitamente che il governo abbandona senza mezzi termini l’opzione nucleare. Che non sia così è chiaro a tutti. E non solo perché la moratoria di un anno prevista dall’esecutivo non impedisce che, una volta passato l’effetto Fukushima, una nuova marcia indietro riporti l’Italia sulla via dell’atomo. Il trucco è contenuto proprio nelle norme inserite dal governo nel decreto omnibus. “Il comma 5 – spiega Pellegrino – rende ancora possibile l’esproprio dei terreni per la costruzione di centrali da parte di imprese private, mentre altri punti della decreto si spiega come intervenire addirittura in caso di incidente” (…)».

FAME 
IL SOLE 24 ORE – Pagina 16, secondo Oxfam i prezzi dei prodotti agricoli di base raddoppieranno nei prossimi vent’anni con il mais destinato a guidare la carica alla testa di rincari fra il 120 e il 180 per cento. Tutto incluso, considerando, cioè, anche l’effetto moltiplicatore che sarà innescato dal cambiamento climatico. E questo a fronte di una domanda di cibo che nei prossimi quattro decenni crescerà del 70% «nonostante il cronico declino della produzione agricola dimezzata dal 1990 ad oggi – sostiene Oxfam – e destinata a calare ulteriormente nei prossimi dieci anni». 

PAKISTAN
LA STAMPA – “Addio a un reporter coraggioso”. Un duro colpo all’informazione indipendente in Pakistan: è stato ritrovato il cadavere di Syed Saleem Shahzad, uno dei pochi giornalisti capaci di muoversi nell’area grigia fra al Quaeda e i servizi segreti, collaboratore de LA STAMPA. Aveva appena svelato l’infiltrazione degli eredi di Bin Landen fra gli ufficiali della marina pakistana. Qualche giorno fa era andato negli uffici di Human rights watch per avvisare di aver ricevuto minacce dall’Inter-Service Intelligence, i potenti e temutissimi servizi segreti pakistani. Da oggi, scrive il direttore de LA STAMPA, sarà più difficile capire cosa si muove in questo Paese così complesso e così determinante nella lotta al terrorismo.

SALO’
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 34: “«Combattenti di Salò come i partigiani» Scontro sulla legge”. Scrive Giovanna Cavalli: “I repubblichini come i partigiani. Una proposta di legge sul riconoscimento delle associazioni di ex combattenti a cui assegnare i contributi statali infiamma il dibattito parlamentare e non solo. Questione di interpretazioni. Il testo del Pdl, al voto in commissione Difesa della Camera, prevede il riconoscimento giuridico per quelle di interesse delle Forze Armate che abbiano, tra i requisiti, l ’ a p o l i t i c i t à , l’apartiticità e uno statuto che rispetti i principi di democrazia interna. Si parla genericamente di associazioni di ex belligeranti. Una dizione troppo vaga, accusano dal Pd. Che intravede un lasciapassare per i reduci della Repubblica di Salò, equiparati di fatto ai protagonisti della Resistenza. Con cui potrebbero spartirsi i fondi del ministero della Difesa (1,5 milioni di euro l’anno). Di qui l’indignazione. «Siamo al peggior revisionismo storico-politico» , accusa Massimo Donadi dell’Idv”. 

TUMORI
IL SOLE 24 ORE – Utilizzare i cellulari, dunque, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare alcune forme di tumori al cervello e chi ne fa uso dovrebbe prendere in considerazione metodi per ridurre l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche che emettono. L’Organizzazione mondiale della Sanità fa marcia indietro, dopo avere dichiarato per anni che non esistevano prove che i campi elettromagnetici a radiofrequenza potessero aumentare il rischio di tumori. In particolare il direttore dello Iarc e gli altri esperti presenti alla conferenza stampa hanno detto che il cambio di classificazione, cui sono giunti quasi all’unanimità, è basato su studi epidemiologici e su animali, e soprattutto sui due più grandi studi epidemiologici condotti nell’ultimo decennio che hanno mostrato che chi usa i telefoni cellulari – cinque miliardi di persone nel mondo – può avere un maggiore rischio di sviluppare il glioma, un cancro del cervello e il neurinoma acustico (tumore del nervo acustico). Una di queste ricerche ha preso in esame 13mila utilizzatori di telefonini per oltre 10 anni. 

EXPO 2015
LA STAMPA – “Un’Expo del Gusto per la Torino del 2015”.  Un asse Torino-Milano in vista dell’Expo 2015. Il neosindaco Fassino ha scoperto carte e annunciato che il capoluogo piemontese sta preparando un Expo del Gusto per il 2015 in collaborazione con Slow Food, in stretto collegamento con gli eventi che accadranno a Milano: «Le azioni comuni devono guardare alle infrastrutture, alla cultura, all’università» ha detto Fassino, «i trasporti veloci creano un’unica, vasta area geopolitica che si deve alleare a anche per applicarsi con successo alla questione settentrionale e risolvere insieme i problemi del Nord».

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