Cultura

Abbiamo fatto un sogno…si chiama Italy Social Forum

Chi potrà raccogliere le speranze suscitate dal Genoa Social Forum? C'è un movimento che nel futuro prossimo saprà rappresentare le istanze della società civile?

di Gabriella Meroni

Esperienza 1 Forum Terzo settore
Conta già su 8 milioni di sostenitori. Riunisce le più importanti organizzazioni. Ma ha un problema: deve diventare un movimento
A metterli in fila tutti, da Abele a Wwf, si arriva a otto milioni. Quanto gli abitanti della Svezia. Otto milioni di italiani che hanno in tasca la tessera di una organizzazione della società civile che aderisce al Forum permanente del terzo settore, il primo e più vasto coordinamento di realtà non profit italiane. I suoi fondatori, partiti in pochissimi nell’estate del 1994 con una manifestazione davanti a Montecitorio, avevano visto giusto a chiamarlo “Forum”: un nome oggi in voga, che indica da sempre un luogo di discussione e di confronto, di libera espressione di diverse identità. Quasi uno specchio dell’Italia non profit, cui molte organizzazioni oggi guardano, sperando di trovarci un’immagine e una voce che corrisponda alle loro attese più di tutte le altre alla ribalta, in questi giorni confusi e ancora feriti dalle dolorose vicende di Genova. Un Italy Social Forum, non per sostituire ma per allargare la rappresentanza del Genoa Social Forum, magari lasciando intatta quell’anima movimentista che non guasta mai, e che è riuscita a stanare e portare in piazza tante persone.
Mica male come ambizione. Ma le forze ci sono? Quelle dei numeri, sì. In sette anni, quel gruppuscolo di sognatori che scese in piazza con lo slogan “la solidarietà non è un lusso”, si è trasformato in una galassia che conta quasi 100 sigle tra membri effettivi e osservatori. Presente in ogni regione con “parlamentini” locali, il Forum aggrega e fa convivere attività, tendenze, modi di vivere la solidarietà che più diversi non si può. C’è l’associazionismo cattolico, capitanato da Acli, Misericordie e Agesci (senza dimenticare Mani Tese e Focsiv) che può contare su due milioni di soci e volontari; cattolico è anche uno dei due portavoce del Forum, Edo Patriarca (co-presidente di Agesci). Altrettanto importante è la componente laica, con capofila Anpas, l’associazione delle Pubbliche assistenze che è una corazzata da 1,4 milioni di soci e 100mila volontari; entrano nel gruppo anche Auser (180mila soci, 50mila volontari over 50), Avis (900mila soci donatori di sangue, 2900 sedi), Legambiente (130mila soci) e Wwf (300 mila). Totale, 3 milioni di persone.
Non sono estranee al Forum del Terzo settore le cooperative e le ong. Le ong sono rappresentate con i loro 3 coordinamenti: Focsiv (che riunisce le 60 ong cristiane), Cocis (una trentina, laiche) e Cipsi (altre 30, meno rigidamente collocabili. I due più ampi coordinamenti italiani delle coop, Confcooperative e Legacoop, sono pure presenti con le loro “costole” sociali, Federsolidarietà e Ancst, che raggruppano 3600 cooperative sociali e danno lavoro a 100mila persone (tra cui disabili, detenuti, tossicodipendenti). Altri due milioni di italiani appartengono alle associazioni di promozione sportiva, culturale e turistica del Forum. Sono sigle dai numeri impressionanti come Centro sportivo italiano (12mila società), Centro turistico giovanile (250 strutture per il turismo sociale), Cts (220mila soci), Fitel (600mila), Polisportiva salesiani (105mila), Uisp (oltre 900mila). E poi ci sono le realtà per tossicodipendenti della Federazione Fict (580 comunità) o Exodus di don Mazzi; c’è il Cnca, il Coordinamento di comunità di accoglienza di don Vinicio Albanesi che raccoglie 260 organizzazioni, 210 gruppi, 6500 volontari; ci sono Telefono Azzurro, Aibi, Ctm Movimondo, Fivol, Movi, Vis, Federconsumatori, Adiconsum…
E la politica? C’è, e potrebbe essere la vera matassa da sbrogliare per il futuro Italy Social Forum (come per il Genoa, che però c’è rimasto impigliato). Alcune organizzazioni del Forum, pur apolitiche, tengono infatti come riferimento culturale precisi schieramenti. È il caso della fortissima Arci – 1,2 milioni soci per 5600 circoli -, da sempre schierata con il centrosinistra e sostenitrice non pentita delle scelte di Agnoletto a Genova, che al Forum ha dato l’altro portavoce, Giampiero Rasimelli; c’è poi la Lila dello stesso Agnoletto (sì, anche lui), il Gruppo Abele di don Ciotti, l’Ics. Al centrodestra si sente vicina invece la Compagnia delle opere non profit, coordinamento di 1000 realtà senza fine di lucro, mentre Cittadinanzattiva, presieduta da Giovanni Moro, è di area radicale. E non è un mistero per nessuno che gli “sherpa” del Forum debbano lavorare di lima sui documenti e comunicati, quando si tratta di raggiungere posizioni unitarie su alcuni temi, come la sussidiarietà, i rapporti con le pubbliche amministrazioni o lo stesso ruolo dell’organismo, troppo spesso indeciso se irrigidirsi nella struttura di un sindacato o imboccare decisamente la strada incerta ma affascinante del movimento. Una dicotomia che si presenta ogni volta che i portavoce varcano la soglia di qualche palazzo romano per sedersi al tavolo di quella “concertazione” a lungo cercata e voluta, e finalmente concessa prima da Romano Prodi, poi da Massimo D’Alema, e confermata da Berlusconi. La stessa dicotomia che si riaffaccia ogni volta che qualche avvenimento straordinario – sempre di più gli episodi anti-global – ricorda agli inquilini di Piazza di Pietra che il popolo della società civile, là fuori, cerca e chiede chi ne incarni i sogni e le speranze, senza paura di sporcarsi le mani. Dalla risposta a quest’ansia e a queste attese dipenderà non solo il futuro del Forum, ma anche il volto e la voce di quell’Italy Social Forum che avrebbe già otto milioni di amici.

Info: www.forumterzosettore.it

Esperienza 2
Tutte le ong italiane
Non sono tantissime, ma sicuramente sanno di che cosa parlano. E hanno
leader molto stimati.
Sono le vere outsider?

Debito, povertà, accesso ai farmaci e alle risorse. È nel vivo di questi temi che il movimento che si oppone alla globalizzazione selvaggia ha portato la discussione. Per molti, forse, sono una novità; per altri, invece, pane quotidiano. Di più: sono il lavoro. Per le ong, ad esempio. Le 120 italiane dal novembre 2000 hanno dato vita a una loro associazione, una rappresentanza univoca che è riuscita a superare gli steccati ideologici e a riunirle sotto la bandiera del “che fare”. Potrebbero essere loro, così sincere e appassionate, a guidare l’Italy Social Forum? Un leader ce l’avrebbero già nel presidente Sergio Marelli, che tutti riconoscono come preparato e autorevole. Il vice presidente è Guido Barbera del Cipsi, mentre il terzo coordinamento, il Cocis, ha espresso il delegato europeo, Mario Gay. Tesoriere è Michele Romano del Coopi, una delle ong più strutturate. Nel corso dei suoi otto mesi di vita l’associazione si è già distinta per battaglie e azioni di lobbying. Tra queste, la serie di incontri con gli sherpa italiani del G8 per la definizione di politiche più eque sul debito; le contestazioni alla Farnesina sulla pochezza della politica estera italiana; la mobilitazione contro le armi leggere; la collaborazione con Susan George di Drop the Debt; la partecipazione di Marelli come delegato delle ong alla Sessione speciale Onu sull’Aids tenutasi a New York in giugno.
Info: www.focsiv.it, www.cocis.it, www.cipsi.it

Esperienza 3
La rete dei lillipuziani
A Genova hanno colpito per serietà e non violenza. E in rete spopolano. Ora che guardano all’Europa, in molti guardano a loro

Saranno anche lillipuziani, ma al G8 non sono certo passati inosservati quelli della Rete. In manifestazione a Genova, con le mani dipinte di bianco su dritte fino a toccare il cielo. Su Internet, dove 7mila internauti hanno visitato ogni giorno il loro sito e le 16 diverse liste di discussione. C’è poco da stupirsi, dunque, se a G8 archiviato, è verso gli oltre mille lillipuziani che sono rivolti sguardi e speranze di chi si augura che al Genoa Social Forum segua un Italy Social Forum. Sempre che la Rete di Lilliput intenda raccogliere l’eredità del Gsf. Che ne dice Fabio Lucchesi della segreteria? «Il G8 segna un punto di svolta anche per noi. Rimarremo una rete fluida e non gerarchizzata, ma dovremmo rafforzare il numero di persone che lavorano sui nostri contenuti». Se nascerà un Italy Social Forum, insomma, i lillipuziani sono disponibili a entrarci, come un organismo fra i tanti. Ma sempre che abbia obiettivi concreti, una strategia comune e non pretenda di avere un rappresentante. Su questo i promotori della rete non hanno dubbi. E nemmeno sulla necessità di trovare nuovi soggetti con cui proporre un’alternativa alla globalizzazione, spiega Lucchesi: «I sindacati, per esempio, e le scuole. Sono un po’ fuori dal nostro mondo, ma i temi della globalizzazione li riguardano sempre di più. E poi se aumentano le realtà impegnate a proporre un’alternativa, anche le strategie non violente migliorano». La sfida, visti gli scarsi risultati ottenuti con i premier del G8 su povertà, Aids e debito, ora è trovare l’interlocutore giusto. I lillipuziani sembrano aver trovato la risposta a Bruxelles, sede dell’Unione e del Parlamento europeo che hanno preso una posizione vicina a quella della società civile su ambiente e diritto alla salute. «La nostra prossima campagna sarà diretta alla Ue, per convincerla a promuovere accordi sul commercio che rispettino i diritti delle persone nel prossimo vertice dell’Omc», spiega Lucchesi. Che nel futuro dei lillipuziani vede relazioni più strette con reti come Attac e più attenzione alla comunicazione.
Info: www.retelilliput.org

Esperienza 4 Il Summit di solidarietà
Ha il pallino della cultura.
Si allea col non profit europeo. E guarda con attenzione al mondo dell’impresa. Avrà ragione?

Sono un milione gli italiani che fanno riferimento alle organizzazioni di un’altra realtà che potrebbe candidarsi a un ruolo importante nell’Italy Social Forum: il Summit della solidarietà. Un laboratorio d’idee e di cultura, oltre che una potente centrale di lobbying, che si ispira dichiaratamente alle buone pratiche che hanno fatto grande il non profit più maturo del mondo, quello anglosassone e americano.
Il Summit, nato nel 1995, raduna le principali associazioni italiane attive nel campo socioassistenziale, sanitario e della ricerca scientifica, tra cui Telethon, Telefono azzurro, Ail, Aism, Amref, Anffas, Anlaids, Federazione Alzheimer Italia, Fondazione Floriani. La presidente è Ilaria Borletti, imprenditrice con il pallino della solidarietà e presidente di Amref; figura storica dell’associazione è anche il giornalista ed editorialista Franco Bomprezzi, ex presidente di Uildm ed esperto di diritti dei disabili. Una presenza più discreta, quella del Summit, ma che ha dalla sua una grande conoscenza dei problemi veri del non profit, rapporti internazionali di prim’ordine e una schiera di esperti, professori ed economisti che guardano lontano. Non è un caso che sia stato proprio il Summit a portare più volte in Italia uno dei guru del pensiero economico sostenibile, Lord Ralf Dahrendorf; non è un caso che le associazioni del Summit abbiano messo a punto, per prime, un documento che suggerisce le regole della “buona donazione” e della trasparenza amministrativa, e che insistano più di altre con il governo italiano perché modifichi la legislazione fiscale a favore degli enti senza fine di lucro. Con molto realismo, il Summit intende anche aiutare le imprese interessate a investire nel sociale. E proprio come le grandi organizzazioni non profit americane, pensa che chi ha tanti soldi fa bene a darli a chi li può usare meglio, e fa di tutto perché sia stimolato a farlo. Per la serie: basta con le ideologie, viva il Social Forum che vince sfruttando le armi del “nemico”.
Info: www.summitsolidarieta.it

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