Sostenibilità

Nella foto dell’Ispra meno incendi e più frane

Presentato l'annuario dei dati ambientali elaborato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

di Redazione

È ancora allarme frane in Italia mentre si registrano meno incendi e una crescita del patrimonio forestale. Ma non solo. Anche il caldo fa sentire la sua morsa sul nostro Paese con temperature anomale di +1,9% gradi Centigradi nel 2009. A fotografare lo stato dell’ambiente in Italia è l’Ispra che oggi ha presentato a Roma l’Annuario dei Dati Ambientali – Edizione 2010, opera dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale in sinergia con il Sistema agenziale. Anche quest’anno la pubblicazione offre una panoramica ampia e completa dello stato di salute dell’ambiente del nostro Paese.

Stando alle rilevazioni degli esperti dell’Ipra, dal 1990 al 2009, sul fronte dell’inquinamento atmosferico sono stati emessi meno zolfo (-87,2%), ossidi di azoto (-51,3%) e ammoniaca (-16,5%), calano quindi le sostanze acidificanti ma l’inquinamento, dice l’Ispra, continua a preoccupare. Polveri, ozono e biossido di azoto, infatti, fanno ancora temere per la nostra salute e sono, pertanto, oggetto di attenzione da parte degli amministratori locali.
E ancora. In Italia, nel 2009, il 45% delle stazioni di monitoraggio di PM10 ha superato il valore limite giornaliero e sono soprattutto le grandi città dell’area padana a registrare i livelli più alti di queste polveri. Le informazioni relative al PM2,5, caratterizzato da dimensioni così piccole da penetrare in profondità nel sistema respiratorio, sono ancora insufficienti in quanto, avverte l’Ispra, non ancora disponibili i dati rappresentativi dell’intero territorio nazionale.

La maggior parte delle stazioni (77% delle 60 con copertura temporale del 90% ) rispettano comunque il valore limite di 25 μg/m3, che entrerà in vigore nel 2015. E i gas serra? Se fino al 2004 l’Italia ha registrato un incremento delle emissioni, successivamente si è osservato un calo, fortemente condizionato dalla crisi economico-finanziaria che ha investito anche il settore industriale. In particolare, le emissioni del 2009 sono state inferiori del 9,3% rispetto all’anno precedente ma gli obiettivi del Protocollo di Kyoto sono ancora lontani. «L’Annuario dei dati ambientali non è una forma di comunicazione in tempo reale di dati oggettivi, ma un documento di analisi dei trend dei fenomeni descritti» ha commentato Bernardo De Bernardinis, presidente dell’Ispra. «Gli indicatori adoperati – ha aggiunto – consentono l’esame della catena causa-effetto nel processo di impatto delle attività umane sull’ambiente, permettendo di verificare l’efficacia degli interventi adottati ed evidenziando la potenziale eventualità di situazioni critiche, se non emergenziali. A tale scopo è stata data maggiore importanza alla robustezza dell’informazione rispetto alla tempestività del dato, di competenza anche di altre Istituzioni».
Guardando alle temperature, l’Ispra rileva che il 2009 è stato il diciottesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva. In particolare, il numero di giorni estivi ha superato la media climatologica del 24% circa e il numero di notti tropicali estive del 75% circa. E ancora. In Italia, uno dei Paesi più vulnerabili in Europa, si registra la riduzione delle riserve nivo-glaciali dell’arco alpino e il conseguente calo della disponibilità idrica. In ambiente marino, si assiste, invece, all’insediamento di specie di origine tropicale provenienti dall’Atlantico o dalla regione indo-pacifica e lo spostamento verso nord di specie di affinità calda.

«Nel corso del 2009 – ha spiegato Stefano Laporta, Dg dell’Ispra – la crisi economica globale che ha coinvolto i mercati economici ed energetici ha avuto effetti limitati sui trend climatici. L’aumento della temperatura a livello globale e in Europa osservato negli ultimi decenni è inusuale. In Italia, analogamente ai tre anni che lo hanno preceduto, il 2009 è stato un anno sensibilmente più caldo della norma con un’anomalia media di + 1,19 °C».
Per l’Ispra, inoltre, la perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemici viene attualmente riconosciuta come un fattore di rischio per la trasmissione di malattie batteriche, virali e parassitarie per l’uomo, il bestiame, le colture e le specie selvatiche di animali e vegetali. Degrado, distruzione e frammentazione degli habitat naturali, nonché introduzione di specie esotiche e sovrasfruttamento delle risorse, minacciano, dice l’Ispra, la biodiversità influendo, con diversi meccanismi, sugli organismi coinvolti nel mantenimento e/o nella trasmissione delle infezioni.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che le alterazioni ecosistemiche hanno contribuito globalmente alla variazione d’incidenza di oltre 20 malattie infettive. Molti vettori non sono solo ecosistemi-sensibili ma anche clima-sensibili. I cambiamenti climatici infatti favoriscono l’espandersi di vettori come, per esempio, le zanzare, già influenzato dalla scomparsa di animali predatori come pipistrelli e rondoni.
I dati dell’Ispra rilevano ancora per l’Italia un aumento della superficie forestale grazie all’espansione naturale del bosco e alle attività di afforestazione e di riforestazione, in linea con un trend registrato da diversi anni. In calo, invece, il numero di incendi anche in ragione dell’efficace azione di contrasto degli eventi e di sorveglianza del territorio operata dagli enti competenti. Gli incendi sono la principale fonte di disturbo del patrimonio forestale italiano e, nel 2009, hanno mandato in fumo, dice l’Ispra, circa 31.000 ettari di boschi, il 40% dei quali nella sola Sardegna.

È da notare, prosegue l’Ispra, anche che nel 2009 tali episodi (circa 5.500) hanno causato l’emissione in atmosfera di circa 2,9 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica, pari allo 0,6% del totale nazionale delle emissioni di gas serra. Un dato che è opportuno affrontare con maggiore consapevolezza: ogni giorno, circa 350 km quadrati di foresta vengono distrutti in tutto il mondo. Le foreste sono parte integrante dello sviluppo sostenibile globale e ad esse l’Onu ha dedicato un intero anno, il 2011. Se una porzione di territorio italiano si riappropria di ettari di bosco, un’altra franando mette invece in pericolo vite e attività umane. Sono 5.708 (pari al 70,5% del totale), sottolinea l’Ispra, i comuni italiani interessati da cedimenti e smottamenti. Di questi, 2.940 sono classificati con livello di attenzione molto elevato, 1.732 con livello elevato e 1.036 con livello medio.


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