Economia

Le ong: il G8 non ha mantenuto le promesse

Oxfam e Action Aid International denunciano il mancato trasferimento dei fondi deliberati e la non-trasparenza da parte dei governi

di Redazione

Il G8 non mantiene le promesse sull’aiuto pubblico allo sviluppo e utilizza la contabilità creativa per far sparire le prove del suo fallimento. Secondo Oxfam Italia, nel rapporto di rendicontazione di Deauville diffuso oggi, il G8 ha manipolato le cifre, sostenendo di aver stanziato quasi 49 miliardi di dollari sui 50 promessi. Al contrario, secondo l’OCSE – l’organismo che elabora le cifre ufficiali sull’aiuto pubblico allo sviluppo – il G8 ha stanziato solo 31 miliardi di dollari. Dei 25 miliardi promessi all’Africa, inoltre, solo 11 sono stati realmente stanziati.
 
«Invece di mantenere le promesse, il G8 falsifica i libri contabili e manipola le cifre verso l’alto per coprire le sue mancanze», afferma Elisa Bacciotti, portavoce di Oxfam Italia. «Questo non è un rapporto di rendicontazione, è un tentativo di copertura goffo e imbarazzante per il G8 e un insulto ai più poveri del mondo».

Anche Action Aid International denuncia«mancanza di trasparenza» da parte del G8.


Secondo Oxfam, il reale buco degli aiuti è di 19 miliardi di dollari, cifra che equivale a soli 7 giorni di spese militari dei paesi del G8 e a solo lo 0,06% dei loro Pil aggregati. Il fatto che questi fondi non siano stati stanziati ha bloccato gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, che i paesi del G8 si sono impegnati a raggiungere entro il 2015.
 
Italia, Germania, Francia e Giappone non sono riusciti a trovare i fondi promessi per aiutare i più poveri. «L’Italia, in particolare, veste la maglia nera perché destina solo lo 0,15% del PIL in aiuti – la percentuale più bassa i tutti i paesi del G8 – ed è ben lontana dall’obiettivo ONU dello 0,7% del Pil» si legge nel comunicato di Oxfam. «Nel 2010, il nostro paese ha speso solo 2,3 miliardi di dollari in aiuti, quasi metà di quanto il governo italiano ha speso per le auto di servizio e gli autisti a disposizione di ministri e funzionari governativi. Inoltre, le voci che l’Italia ha incluso nel rapporto del G8 sono assai discutibili. Come per esempio i fondi spesi per l’ambiente e l’acqua e quelli per le attività di sminamento. Tutte attività fatte passare in modo forzato come aiuto pubblico allo sviluppo per gonfiare in modo artificioso il nostro contributo. Nel frattempo, il nostro governo ha tagliato i contributi al Programma Alimentare Mondiale (PAM) di quasi il 75% dal 2008 al 2009».
 
La Germania è molto indietro, mentre la Francia – presidente di turno e sede del G8 e del G20 – deve recuperare terreno anche se nell’ultimo anno ha incrementato gli aiuti. IlRegno Unito è quasi in linea  per mantenere la promessa del 2010 ed è sulla buona strada per raggiungere lo 0,7% entro il 2013. Il Canada è andato vicinissimo a mantenere il suo impegno, mentre gli Stati Uniti ci sono riusciti. Questi  ultimi due paesi hanno però mantenuto la parola solo perché hanno promesso sin dall’inizio somme assai ridotte.  
 
Oltre alle cifre globali sugli aiuti, il rapporto di rendicontazione analizza anche l’agricoltura e la sanità. La mancanza di informazione sugli investimenti in questi settori impedisce però ogni analisi esaustiva, sia in termini di quantità che di qualità. Quando la crisi dei prezzi alimentari ha raggiunto il suo apice due anni fa, il G8 si è impegnato a investire 22 miliardi di dollari in aiuti per l’agricoltura e le donne e per sostenere piani nazionali e regionali. Oggi il rapporto svela che circa metà degli aiuti promessi a L’Aquila sono stati messi in pagamento. Ma non è possibile sapere se questi aiuti sono stati effettivamente stanziati, in che misura sono stati utilizzati per sostenere i piani nazionali e regionali e quanto sono stati efficaci per rispondere ai bisogni dei piccoli agricoltori.
 
«Due anni fa, abbiamo accolto con favore l’impegno del G8 di aumentare la capacità di rendicontazione e la trasparenza. Ma questo impegno si è rivelato fumo negli occhi, un comportamento ben lontano da quello che ci si aspetta da leader mondiali. Crediamo che questo non sia il modo di onorare gli impegni», conclude la Bacciotti.


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