Politica

Berlusconi, la sfida finale?

A Milano centrodestra e governo giocano una partita decisiva

di Franco Bomprezzi

Il giorno dopo. Il terremoto milanese mette in fibrillazione la politica nazionale, e soprattutto la tenuta del governo, e i rapporti, già difficili, fra Pdl e Lega. Al centro dell’attenzione dei giornali dunque, oltre a un’analisi più dettagliata del voto amministrativo, c’è di nuovo lui, Silvio Berlusconi.

“Berlusconi, il governo non è a rischio” titola rassicurante il CORRIERE DELLA SERA. Editoriale affidato a un esegeta del centrodestra, Angelo Panebianco: “Distanti e divisi”. Ecco un passaggio: “Nella sconfitta del centrodestra (che diventerebbe disfatta totale se la Moratti, come a questo punto è possibile, perdesse al secondo turno) c’è qualcosa persino di più grave del referendum su se stesso platealmente perduto da Berlusconi proprio a casa sua: c’è una perdita di contatto con la realtà, con gli umori e con le vere aspettative dell’elettorato. In genere, è proprio ciò che accade ai leader e alle classi dirigenti in declino. Giuliano Ferrara ha ragione quando dice che la campagna elettorale del centrodestra è stata un colossale errore dall’inizio alla fine. E nulla lo illustra meglio del caso di Milano. È normale che l’opposizione cerchi di politicizzare il voto comunale ma non è normale che lo facciano le forze che hanno governato la città: a queste ultime serve invece, per lo più, enfatizzare la dimensione amministrativa, valorizzare i risultati che l’amministrazione comunale ritiene di avere raggiunto: anche perché, tolta una fascia di votanti «ideologici» (che votano a destra o a sinistra a prescindere), ci sono poi sempre molti elettori che non dimenticano la posta in gioco, ossia la qualità della «loro» vita nella «loro» città”. Venti pagine, tantissime, dedicate al voto, zeppe di tabelle, di raffronti, di commenti e di interviste. Scegliamo qualche spunto particolarmente interessante. Preso atto che il governo non è a rischio, almeno fino ai ballottaggi, ecco come il centrodestra intende affrontare la situazione. Lo spiega Verderami a pagina 2: “Gli alleati concordi: per risollevarsi rilancio sull’economia”. Scrive Francesco Verderami: “Se Berlusconi e Bossi— pur senza dirselo— sono arrivati ieri alle stesse conclusioni, c’è un motivo: è vero che il loro rapporto si è logorato, ma entrambi sanno di non potersi separare. E siccome considerano ormai compromessa la rielezione della Moratti, devono prepararsi a gestire la sconfitta, ritenuta inevitabile a meno che — come sostiene un report riservato — l’affluenza alle urne per il ballottaggio milanese non raggiunga l’ 82%. Per quanto la situazione tra Pdl e Lega resti delicata e la crisi non sia ancora del tutto scongiurata, per quanto la base del Carroccio mostri un’evidente insofferenza verso il Cavaliere, il Senatùr non intende rompere l’alleanza, né immagina di inoltrarsi su sentieri «senza sbocchi» , come un cambio in corsa a palazzo Chigi: «Andremo avanti fino al termine della legislatura con Berlusconi, perché è l’unico che ci garantisce i voti per il federalismo» . La parola d’ordine— che Bossi ha ripetuto anche ieri— non è solo legata alla contingenza del momento, non serve solo a evitare nuove tensioni in periodo elettorale, visto che lo scontro — «la differenziazione» — non ha pagato. Il punto è che il capo del Carroccio non può ripresentarsi davanti ai militanti con lo scalpo del premier ma senza la riforma che i leghisti attendono da anni, perché ogni offerta del Palazzo gli appare «una trappola» . Piuttosto confida in una «fase due» dell’esecutivo, che porti poi magari a un nuovo candidato premier per il centrodestra, convinto com’è che Berlusconi perderebbe se guidasse nuovamente l’alleanza alle prossime Politiche”. Conferma Cremonesi a pagina 5: “Bossi: solo con il Cavaliere si fanno le riforme”. Interessante, come sempre, il parere di Formigoni, governatore della Lombardia, a pagina 6: «Lassini e il confronto tv, errori gravi Ma nel voto c’è un segnale al governo» è il titolone di pagina 6. Scrive Andrea Senesi riportando il pensiero di Formigoni: “«La gente ci ha detto chiaramente che tenere i conti in ordine non basta. E non è una critica a Tremonti, per carità. Però la crisi c’è e colpisce ancora, anche se in Italia i contraccolpi sul governo sono stati molto più contenuti che in altri Paesi europei. È ora di dare il via alla riforma fiscale e sostenere le imprese che innovano. E poi c’è la questione della guerra. La maggioranza degli italiani è contraria all’intervento. Il governo purtroppo è stato costretto a seguire gli alleati e anche questo ha contribuito a disperdere un po’ di voti» . Lega e Pdl infatti sono ai ferri corti. «L’alleanza tra Pdl e Lega è forte. Abbiamo marciato nella stessa direzione e come ha perso voti il Pdl ne ha persi anche la Lega. Io non ho alcun appunto da fare alla Lega» Consigli alla Moratti? Che fare in vista del ballottaggio? «Parlare con franchezza a quelli che non ci hanno votato ma che rimangono nostri potenziali elettori. Abbiamo capito il vostro disagio, scusateci. Parlare ai moderati. Quelli del Terzo Polo e non solo. Per far capire a tutti che c’è una sola Milano riformista. L’altra, quella di Pisapia, esprime una cultura legata alla sinistra radicale. Parlare di temi che la gente sente, capisce. Dall’altra parte vogliono più moschee e centri sociali. E i registri per le coppie di fatto. Ecco, se facciamo capire queste cose al nostro popolo il risultato del primo turno può essere ribaltato»” . Il fiore del pensiero (sic!) della Santanché, tutt’altro che pentita, arriva a pagina 8, raccolto, petalo per petalo, da Aldo Cazzullo. Un passaggio per tutti: “Ma (la Moratti, ndr) era il candidato giusto? Ha preso meno voti delle liste che la sostenevano. «È una questione priva di senso, ora – risponde la Santanché – Dobbiamo essere un sol uomo, una sola battaglia. Cos’è questo coro di critiche? Siamo una banda di cosa? Che mondo è, il mondo delle accuse, delle responsabilità, dei capri espiatori? In un partito ci possono essere amici e nemici, ma oggi dobbiamo mobilitarci tutti. Vedo anche ingenerosità verso Berlusconi. Che ha scelto di mettere la sua faccia» . E ha perso metà delle preferenze. Senza di lui sarebbe andata meglio? «Sarebbe andata peggio. Berlusconi perde preferenze perché il Pdl perde voti. Ma possiamo ancora farcela. Pisapia non può vincere nella città di Milano» . E perché mai? «Perché Pisapia è uno che voleva rifondare il comunismo. Un estremista, come de Magistris, come la sinistra che ha prevalso ieri. I suoi valori non sono i nostri. Fine vita, centri sociali, droga, coppie di fatto: mi rifiuto di pensare che Milano voglia un sindaco così».  Finalmente, a pagina 9, il CORRIERE dedica un pezzo al quasi vincitore di Milano, Giuliano Pisapia: “Pisapia prepara un mega concerto. Niente apparentamenti elettorali”. Scrive Giannattasio: “Il tema è uno e uno solo. Come intercettare quei voti che possono trasformare il ballottaggio in una vittoria epocale nella roccaforte di Berlusconi. Se Pisapia non intende «chiedere» apparentamenti ufficiali ai partiti e aimovimenti (leggi Terzo Polo e Cinque Stelle) lo chiederà invece direttamente agli elettori delle due formazioni. «Bisogna tornare a confrontarsi con loro — spiega — capire la visione che hanno della città, i loro progetti e quali di questi corrispondono alla nostra visione delle cose. Su temi come il rispetto, la solidarietà, soprattutto verso le donne, credo che Terzo polo e Movimento 5 Stelle siano più vicini al centrosinistra che al centrodestra» . Aggiunge un particolare. Basato sullo studio del voto. C’è da credergli, perché l’unico tra i mille sondaggi che ha indovinato il risultato milanese è stato quello del suo braccio destro, Davide Corritore, già amministratore delegato della Swg: «Io ho un dato oggettivo — continua Pisapia — che deriva da studi molto seri e cioè che oltre il 50%degli elettori del Terzo polo, ha fiducia in me, mentre solo il 28%nella Moratti» . Pisapia, che al primo turno delle amministrative ha ottenuto il 48,05%dei voti, contro il 41,59%della Moratti, sottolinea che «chiaramente bisogna trasformare la fiducia in voto» , ma che è «convinto che avendo un programma credibile e realizzabile, essendo un candidato non calato dall’alto ma deciso dagli elettori e avendo un programma elaborato da oltre 1.100 persone con punti importanti che fanno parte anche di quelli di Terzo Polo e Movimento 5 Stelle, ci sono buone possibilità che il loro voto, se voto ci sarà, sarà rivolto al candidato del centrosinistra»” . La “morale” la tira Pierluigi Battista a pagina 15: “Basta vincere le elezioni (e scoprire che non c’è regime”. Scrive Battista: “La sinistra forse ha trovato l’antidoto, la formula misteriosa e risolutiva capace di spazzar via tutte le malinconie accumulate in tutti questi anni: cercare di vincere le elezioni. È facile, basta prendere qualche voto in più. Semplice, ma è la lezione numero uno per il partito degli apocalittici: invece di evocare foschi scenari, industriarsi per avere più consenso popolare. Si chiama democrazia. E (talvolta) funziona. C’è da aspettare l’esito dei ballottaggi, ovvio. Ma non è andata come tutte le Cassandre pronosticavano. E comunque è sicuro che la sinistra dovrà non solo rimodulare i propri umori, ma imparare finalmente a mettere in discussione se stessa, non la democrazia. Le ragioni vere delle proprie sconfitte, non il popolo che le ha determinate scegliendo l’avversario. Si può fare. Basta credere nella democrazia. Basta non cedere al vittimismo che ha percorso e devastato la sinistra in questi anni, l’idea che le sconfitte fossero originate da un tenebroso Regime che aveva avvelenato le coscienze, abolito la libertà, rovesciato l’ordine costituzionale. Non era vero niente. Approfittando legittimamente degli errori altrui e confidando sulla forza del proprio messaggio, Pisapia ha dimostrato invece che fare una buona campagna elettorale, mostrare un volto credibile, proporre agli elettori un’immagine appetibile, la democrazia dei voti e dei numeri funziona”. 

REPUBBLICA titola a tutta pagina “Milano, l’ultimatum di Bossi”. L’editoriale di Ezio Mauro parla, come recita il titolo, del fatto che “Cambiare è possibile”. «Vinta dal Pd la corsa per Torino e per Bologna, bisogna ancora giocare il secondo tempo della partita per Napoli e per Milano, coi ballottaggi. Ma dopo quasi vent’anni la percezione dei cittadini oggi è che l’Italia abbia deciso di voltare pagina, stufa delle bugie, del parossismo, dell’estremismo che Silvio Berlusconi ha disseminato a piene mani nella campagna elettorale, spinto dall’ansia per un giudizio popolare non soltanto sul suo governo, ma sull’insieme della sua avventura politica. Mentre ancora si deve scegliere il sindaco, quel giudizio c’è stato, e netto. Il Paese vuole cambiare. Ha riscoperto il diritto di credere che il cambiamento è possibile. È come la riscoperta della politica. Perché quel che è mancato in Italia, negli ultimi due anni, è proprio la politica, nel Paese e nel governo».
Davanzo invece, sempre con richiamo in prima, firma “L’immoderato” in cui spiega che «dopo i giorni del furore, il mantra è “moderazione”. Soltanto ritrovando “i toni moderati del ’94”, dicono i consiglieri del premier, Berlusconi potrà sconfessare chi parla di “fine di un ciclo politico”». Ma «è arduo pensare che nei prossimi quindici giorni, e infine in quel che resta della legislatura, il presidente del Consiglio possa rimpannucciarsi negli abiti dell’imprenditore onesto e competente, del leader liberalmoderato interessato soltanto alle fortune del Paese, del custode dei valori della famiglia, del guardiano dei buoni costumi. È difficile credere al “ritorno al futuro” del premier per ragioni che andrebbero radicalmente rimosse e non possono ragionevolmente esserlo. Il passato della sua storta avventura imprenditoriale lo perseguita e gli rende impossibile affrontarne oggi gli esiti, spogliato dalle guarentigie del potere. Il nodo è sempre quello, dunque: l’impunità di Silvio Berlusconi». Claudio Tito invece all’interno del suo “L’ultimatum di Bossi al Cavaliere: se perdiamo è difficile evitare la crisi” sottolinea che «c’è un altro aspetto che fa infuriare il Carroccio. La lotta intestina nel Pdl. Il loro dito indice è puntato contro il Governatore Formigoni e contro Cl, accusati di aver votato contro Berlusconi. “Quello – è il sospetto di Bossi riferendosi al presidente lombardo – pensa di poter approfittare della crisi interna al suo partito”. Accuse che un po’ tutti confermano e che nello stesso tempo fanno salire ulteriormente la tensione e la preoccupazione per un futuro incerto». Poi uno sguardo alla rincorsa del centro destra. Alessia Gallione e Andrea Montanari firmano “Moratti commissariata dalle colombe: Ora dobbiamo cambiare i toni”. « Il centrodestra, allo sbando dopo la batosta elettorale, prova a rimettere in pista Letizia Moratti per un’impresa che sembra difficilissima. È anche per questo, per cercare di riallacciare i rapporti tra la grande sconfitta da questo voto, l’attuale sindaco di Milano e la città, che il Pdl ha deciso di cambiare totalmente strategia». Ma le divisioni tra le diverse anime del partito non sono finite. «A cominciare dall’ala ciellina, che ha spinto fin da subito per un “commissariamento” più robusto del sindaco uscente. Tra Cl e Letizia Moratti, d’altronde, non è mai stato amore e il fucile della dialettica imbracciato dal sindaco negli ultimi giorni ha fatto vacillare definitivamente il consenso. A molti non è piaciuto l’attacco a tradimento fatto a Giuliano Pisapia durante il confronto a Sky. E le dichiarazioni pubbliche di esponenti di spicco come Roberto Formigoni o Mario Mauro lo fanno capire chiaramente. Per questo primo turno, Cl avrebbe concesso libertà di voto e, dal conto delle preferenze, si capisce dove siano scomparsi molti voti per il sindaco uscente».

IL GIORNALE dedica molte pagine alla strategia della Moratti per vincere le elezioni. Intanto “Il sindaco cambia la comunicazione. Licenziati i ciellini, torna il fedele Glisenti”. Scrive Chiara Campo, la Moratti «apre una nuova fase di attenzione e dialogo con tutte le forze moderate di questa città. E alla domanda se Berlusconi è d’accordo, risponde che “lei risponde alla sua coscienza  e ai miei concittadini prima di tutto. Questa è la posizione che ho scelto”. La Moratti ha chiuso il contratto con la Sec, l’agenzia di comunicazione vicina a Cl che aveva affiancato Pisapia nella campagna vincente delle primarie. Il sindaco ha richiamato Paolo Glisenti, chiede l’impegno forte dei ministri e dei sottosegretari, verranno arruolati ex amministratori come Gabrielle Albertini, Ombretta Colli per la campagna quartiere per quartiere». IL GIORNALE riporta le parole del ministro Maria Stella Gemini: «Illustreremo ciò che ha rappresentato il governo Moratti, evitare l’addizionale Irpef, azzerare le liste d’attesa degli asili nido e includere nel nuovo piano di governo del territorio 30mila nuovi alloggi». Il quotidiano diretto da Sallusti intervista Roberto Formigoni che commenta: «è una lezione, ma ora i moderati torneranno». Più esplicito il fuori onda del governatore della Lombardia  trasmesso da Striscia la notizia: «dove c.. sono andati a finire i nostri voti. Lo dobbiamo capire entro 48 ore». L’avversario Pisapia  arriva da un’area estremista e questo il motivo per cui va bloccato. Se vinceranno loro certamente aumenteranno le tasse. Pisapia vuole le moschee». Formigoni è convinto che non ci stato un exploit della sinistra, ma «è stato l’elettorato moderato a dare un segnale di disagio per la politica anche con riferimento alla guerra in Libia. Sappiamo dai sondaggi che l’80% dei nostri elettori non approva la guerra». Infine  l’affondo: «Il problema non è Berlusconi, ma i berluschini coloro che pensano di  dover imitare il capo. Invece dovrebbero svolgere un lavoro di supporto e un lavoro politico». Sabina Cottone ricorda che «Formigoni non ha mai approvato l’ecopass e è scontento della vicenda Exopo2015 della quale è stata sbagliata la comunicazione. Dopo la grande vittoria del 2008, dice Formigoni, si è lasciata passare l’idea che l’Expo avrebbe portato risultati positivi subito e non è vero».

La caricatura di un Berlusconi che insegue il parrucchino è l’immagine di apertura del MANIFESTO che affida a Vauro la prima con il titolo “Vento di cambiamento”. «Chi li ha visti? Dopo la batosta elettorale Bossi e Berlusconi non parlano agli elettori: il Cavaliere dimezza le preferenze e perde la faccia, il leader leghista battuto in “padania”. Festeggiano invece Pisapia e De Magistris impegnati nella sfida dei ballottaggi. Bersani brinda al risultato del Pd e affronta il rebus delle alleanze» riassume il sommario che rinvia alle cinque pagine interne dedicate all’analisi dei risultati. Ida Dominijanni firma l’editoriale “Senza parole”: «Un Berlusconi senza Milano è come un pesce senza acqua, un Berlusconi silenzioso è come un cantante senza voce, un Berlusconi con le preferenze dimezzate è come un attore senza pubblico. Lo specchio di Narciso s’è rotto irreparabilmente, lui, Narciso, è irreparabilmente ferito, e il seguito del mito è noto. (…) era stato lui, Berlusconi, a stabilire la soglia delle 53.000 preferenze, non una di meno, per poter cantare vittoria contro “la sinistra sinistrata che altrimenti mi farà il funerale”. Ma perché nella sua narrazione incantatrice Milano era il set dove nel 2011 si sarebbe dovuto chiudere il cerchio della sua discesa in campo del ’94. (…) Ma lì, invece di chiudersi, il cerchio s’è aperto. Inaspettatamente, o più decisamente di quanto ci si potesse aspettare: come capita quando davvero una tela si strappa e il mutamento precipita. E’ presto, s’intende, per cantare vittoria: le armate disperse della «nuova destra» che fu tenteranno di tutto per incollare i cocci nei pochi giorni che hanno davanti a Milano (…)» e conclude: «La bolla dell’immaginario che per un ventennio ha alimentato un trucco è scoppiata. Quando l’immaginario scoppia, capita che si resti senza parole. E’ per questo che Berlusconi non ne ha, e nemmeno gli sarà facile trovarne». Le pagine interne sono dedicate ad analizzare le ricadute e le strategie per i ballottaggi, indicativo il titolo a pagina 2 “Vincere è matematico?” dove si legge: «Il tormento dei prossimi giorni si riassume con due domande che per scaramanzia sarebbe meglio non formulare. Come fa a perdere Giuliano Pisapia? Come fa a non perdere Letizia Moratti? Solo un’analisi dei numeri, degli umori e delle nuove strategie messe in campo può aiutare a comprendere quali sono i margini di manovra che restano ai due schieramenti per cercare di raddrizzare le sorti rispettivamente della sinistra e della destra italiana, perché ci sono buone probabilità che il ballottaggio del 29 maggio a Milano possa incidere anche sulla fine della prossima legislatura, aprendo scenari fino ad ora nemmeno immaginabili (…)» e conclude: «Per fare il miracolo, la destra dovrà riconquistare la fiducia di tutto il popolo leghista. Possibile in due settimane? Dipende da cosa Berlusconi è disposto a concedere ad una forza che paradossalmente sta presentando il conto dopo una sconfitta così pesante». Le pagine 4 e 5 sono incentrate sulla resa dei conti a destra “Pareggio: il premier si eclissa e Bossi tace”, riassume il sommario: «Scajola e ministri forzisti in rivolta. Bufera su La Russa, Verdini e Santanchè. Il cavaliere non sa se farsi rivedere con Moratti ed è pronto a concedere a Bossi di tutto e di più». Scrive Micaela Bongi «(…) Nel Carroccio nessuno si sfoga, per ora (a parte Matteo Salvini, ipotetico vice di Letizia Moratti, che dice l’indicibile: il referendum su Berlusconi è stato fatto si passi ad altro). I ministri non possono sfogarsi, perché Bossi impone il silenzio, niente dichiarazioni e niente tv (a Ballarò va il presidente del Piemonte Roberto Cota, e chiede di parlare dei programmi, non del passato di Guiliano Pisapia). E così Roberto Calderoli e Bobo Maroni scappano di corsa da via Bellerio mentre il senatur resta solo nel fortino a rimuginare. (…) Ma la caccia al colpevole è partita. Il Carroccio punta in particolare su Ignazio La Russa, anche per l’offensiva in Libia. Il Cavaliere, a sua volta, aspetta il senatur al varco, anche se i suoi in conferenza stampa ripetono che l’alleanza è solida come sempre e, secondo quello che si decide di far filtrare dal vertice serale del Pdl, è quello che ripete anche il premier. (…) Le recriminazioni già si fanno sentire, tra gli ex forzisti si mastica amaro per come il premier si è lasciato trascinare dall’uragano Santanchè-Sallusti. (…)». L’affondo sulla Lombardia è affidato a piè di pagina 4 all’articolo “In Lombardia la Lega perde ovunque e punta l’indice contro il Pdl”. «Rapporti saldi, leali. Addirittura perfetti, li ha definiti Formigoni. A sentire i vertici di Pdl e Lega, riuniti in questo day after nei rispettivi consigli di guerra meneghini, chi in via Bellerio, chi a casa Moratti, la consunta alleanza del nord non sarebbe mai stata così solida. (…) Che quell’alleanza scricchioli però lo sanno tutti. E la prima a pagarne il prezzo sembra essere stata proprio la Lega, che in un solo anno a Milano, dalle scorse elezioni regionali, ha visto letteralmente sparire qualcosa come 17 mila voti (…)» e dopo un’analisi dei dati del resto della Lombardia a partire da Varese dove il sindaco uscente è costretto al ballottaggio passando per Gallarate conclude: «(…) Su Radio Padania va intanto in scena la rabbia. Che conferma la disaffezione per l’alleanza col Pdl e la voglia di voltare pagina. Chi se la prende con la Minetti, chi con la guerra in Libia. Una rabbia che i vertici del Carroccio hanno rilanciato a mo’ di avvertimento verso il Pdl. Forse per preparare il terreno in vista di un possibile – e per certi versi indispensabile – sganciamento in caso di sconfitta ai ballottaggi». “Al sud Berlusconi c’è ancora” è il titolo pagina 5 che sottolinea come il Pdl «perde voti ma acchiappa Casini, così il Pdl resiste lontano dalla Padania». L’intera pagina 6 è poi dedicata a Torino con un’intervista al neo eletto sindaco Fassino.

Lancio in prima e servizi da pagina 7 a pagina 13 ancora sul voto delle amministrative. Il SOLE 24 ORE dedica ampio spazio all’analisi del voto accompagnandola dai commenti di Aldo Bonomi, Guido Gentili e (poteva mancare?) Stefano Folli. Mentre Berlusconi rassicura a suo modo governo, governanti e governati che tanto nulla cambierà, che l’esecutivo è solido, la Lega il suo miglior alleato e che tutti insieme si vincerà al secondo turno a Milano, lei invece, la Lady Moratti, fa mea culpa e dice di voler cambiare i toni del confronto. Spalmate su più pagine diverse tabelle (perde il Pdl, ma non vince il Pd – Milano escluso s’intende), qualche punzecchiatura alla Lega che fa flip (Varese al ballottaggio, strategia complessiva deludente). Guerre intestine, insomma, dentro al Pdl che cerca una via d’uscita e spera di chiudere questa brutta pagina con l’elezione della Moratti a Milano. Sullo sfondo temi come le grandi opere, l’expo, il futuro delle municipalizzate, i cambiamenti sociali, insieme ed appassionatamente a spiegare cosa potrebbe succedere all’indomani del secondo turno a Milano. «Quattordici giorni sono un soffio. Per recuperare a Berlusconi servirebbe almeno un prodigio, se non il “miracolo” promesso agli italiani il 26 gennaio 1994, quando con una videocassetta pre-registrata consegnata a tutte le tv annunciò la decisione di entrare in politica. Il premier si presenta all’appuntamento della “sua” storia in condizioni difficilissime. Parte in salita» commenta Guido Gentili nel suo “Le risposte attese dal premier”. E non manca infine il fine fiuto felino di Folli col suo “La tensione Pdl-Lega, il caso di Gallarate e il sindaco di Varese”: «Molte ragioni consigliano prudenza – scrive Folli – prima di gettare al vento l’asse di governo e fare un bel regalo all’opposizione. Altrettanti motivi consigliano di non accreditare per ora ipotesi di governi tecnici o di frettolosi ricambi a Palazzo Chigi. Tuttavia un conto è la logica astratta delle convenienze, un’altra la concreta realtà in cui si consumano le conseguenze dell’insuccesso (…) Eppure il malessere leghista esiste e si allarga. Ora viene tenuto a bada, perché occorre essere, e in particolare mostrarsi, votati al bene della coalizione e alla salvezza del rapporto con il vecchio alleato. In seguito, si vedrà.» e poi il gancio da vero analista politico spalmato di ben poca prudenza: «I ballottaggi potranno ribaltare qui e là il risultato del primo turno (ma a Milano sarà molto difficile tagliare la strada a Pisapia)…». Ok, chiudiamo qui, l’ha detto. A risentirci il 31 maggio. 

ITALIA OGGI si concentra sul voto di Milano. Pierluigi Magnaschi firma “La scoppola presa a Milano complica l’alleanza Bossi-Cav” in cui sottolinea «ma, mentre l’elettorato Pdl doc sembra più assuefatto a ingoiare (magari turandosi il naso, la tecnica è sempre quella suggerita mezzo secolo fa da Montanelli nei confronti della Dc) le feste eleganti di Arcore e le sparate sguaiate e indecorose della Santanchè senza freni contro la magistratura, l’elettorato leghista non ci ha fatto l’abitudine, come dimostrano del resto le pubbliche prese di distanza assunte da tempo da Bossi su questo tema. Che l’elettorato leghista (l’elettorato leghista!) chieda un maggior decoro e una maggior misura nei rapporti fra le istituzioni, lo hanno ampiamente dimostrato i liberi dibattiti con gli ascoltatori che sono andati in onda ieri su Radio Padania libera, l’emittente del partito». Sergio Soave sottolinea un altro aspetto firmando “Ora è la base, non il palazzo, a dubitare di Berlusconi”. «La situazione italiana però reggeva sul presupposto di una capacità attrattiva sull’elettorato esercitata direttamente e personalmente dal leader della coalizione. Il venir meno di questo ingrediente modifica l’equilibrio interno alla maggioranza, costruita sul collante berlusconiano almeno quanto le opposizioni si reggono su quello antiberlusconiano. Andare oltre questa situazione e questa contrapposizione ormai fossilizzata è il tema della prossima stagione politica, alla quale Silvio Berlusconi può dare un contributo costruttivo se deciderà di lavorare alla costruzione di una prospettiva stabile per i moderati. Se invece sceglierà di ignorare la lezione dell’elettorato milanese e non solo, nell’illusione di poter continuare come prima, si troverà a gestire una sopravvivenza dai tratti agonici». Ad unire i due discorsi (Lega e base) ci pensa Marco Bertoncini in “La base leghista è allergica al Cav” in cui spiega «se si lasciasse decidere il destino del governo agli attivisti di Lega e Pdl, la crisi arriverebbe fulminea. L’esito negativo delle amministrative ha fatto emergere l’insofferenza fra i due partiti, già cresciuta nei mesi passati. La base leghista è divenuta sempre più intollerante verso Silvio Berlusconi, e altresì sempre più refrattaria alla Lega di governo».  “Berlusconi si gioca tutto a Milano” è il pezzo di Franco Adriano. «Giuliano Ferrara e Paolo Bonaiuti, fra gli altri, lo hanno convinto che è meglio se sta zitto ancora per un po’. Tuttavia, a giudicare da quanto riferiscono coloro che lo incontrano, Silvio Berlusconi che ha scoperto ieri di aver dimezzato le preferenze personali rispetto al 2006, in queste ore oscilla tra «un bisogna rimboccarsi le maniche per il ballottaggio» e un «voglio proprio vederlo Giuliano Pisapia vincere al ballottaggio e poi gestire l’Expo». Ma il premier ha anche altri problemi. «“Qui qualcuno ha fatto il furbo”, ha detto. A chi si riferisce? Ai leghisti? Ai ciellini? L’idea che gli uni e gli altri volessero lanciare un segnale alla Moratti (che non può gestire Milano con troppa autonomia) e che poi la situazione sia sfuggita un po’ di mano, sembra essere quella più accreditata».

AVVENIRE: “Conti che non tornano” è il titolo di apertura che riassume le sei pagine interne dedicate all’analisi del voto amministrativo. Nel sommario: «Il capo del governo ammette le difficoltà con il senatur, ma guarda avanti: d’ora in poi unità su qualsiasi scelta. Da Berlusconi segnali anche a Casini, ma il leader Udc ribatte: non siamo a caccia di poltrone e incarichi. Il segretario democratico Bersani spera di tornare alle urne: siamo forti, di punta oppure a centrocampo». A pagina 4 Gianni Santamaria parla della reazione del Carroccio: «“Serve un miracolo a Milano. Bossi ci crede e carica i suoi”… Dopo lo choc il leader leghista, con pragmatismo, intima ai suoi di lavorare a ritmi serrati. La strategia è sintetizzata dal ministro Calderoli: “La Lega, tutta la Lega – spiega – è impegnata per  vincere i ballottaggi… Calderoli risponde anche al segretario del Pd Bersani e sottolinea che “la Lega non ascolta le sirene dell’ultimo momento e non casca in giochini di seduzione. Stiamo con chi le riforme le vuole davvero e può realizzarle”». A pagina 5 la linea di Berlusconi secondo cui “Il governo non rischia, si va al 2013”. Scrive Marco Iasevoli: «C’è una carta che il premier vuole giocare: Pier Ferdinando Casini. Vitale per spingere Moratti e Lettieri, ma vitale anche in prospettiva quando si tratterà di scegliere il nuovo governo. “Casini riveda la sua strategia, scelga, capisca che l’Italia è un Paese che vuole il bipolarismo” Berlusconi comincia a lanciare segnali chiari al vecchio alleato: “Rinunci a questo ago della bilancia. La gente non capisce. Di là o di qua; o con i moderati o con gli estremisti”. È un’offensiva che sembra destinata a crescere di intensità nelle prossime ore. Perché può essere lui la carta segreta in vista del voto politico che il Cavaliere continua a volere a fine legislatura. E perché capisce che anche Fini dovrà fare i conti con questo voto amministrativo…. Ma intanto il Cavaliere sferra l’ennesimo affondo: “Dobbiamo far capire chi c’è dietro Pisapia, lui ha la faccia pulita ma alle sue spalle ci sono centri sociali e la sinistra estrema”». A pagina 6 la posizione del Terzo Polo che oggi in conclave prende una decisione sul ballottaggio: «Il pressing del Cavaliere sul segretario Udc fa un po’ fibrillare Fini e Rutelli, ma Casini li rassicura». Un taglio basso riporta l’intervista al politologo Roberto Cartocci secondo cui dall’urna emerge un quadro politico in forte movimento: «Letizia Moratti ha margini di recupero ma a Milano potrebbe essere iniziato il declino dello schema che vede al centro sempre il premier». Infine per l’associazione Italia Futura di Montezemolo il bipolarismo radicale è al tramonto ed è arrivata l’ora dei moderati:«Ora serve un grande movimento popolare che guidi il Paese”. Le strategie del Centrosinistra sono analizzate da Roberta D’Angelo a pagina 7: «Bersani dice “Via il governo se non ce la fa”. Ma il segretario del Pd non si lascia andare a facili conclusioni. Piuttosto invita il suo partito a stendere un programma, prima di aprire il capitolo delle possibili coalizioni, per evitare gli errori dell’Unione».

«Non dormo al pensiero che quelli del Leoncavallo bivacchino a Palazzo Marino». LA STAMPA apre con le dichiarazioni del premier: “Berlusconi, il governo resta saldo” è il titolo in prima, e a pagina 2: “Mea culpa di Berlusconi: ‘Ora sarò più defilato’”. Il Pld proverà la rimonta a Milano con nuove mosse, scrive Amedeo La Mattina: accanto a Moratti in questo rush finale «verrà recuperato in battaglia l’ex sindaco Albertini recuperare i voti moderati persi dal Pdl e andati al terzo polo. Sarà mobilitata Comunione e Liberazione che in questa prima tornata elettorale è rimasta in panchina. Dovranno essere rassicurati i cattolici infastiditi dal bunga bunga. Saranno chiamati a non disperdere voti quei leghisti che non amano la Moratti e che id Berlusconi sono stufi». LA STAMPA intervista Calogero Mannino, animatore del movimento Iniziativa Popolare che dice che è necessario trasformare radicalmente il Pdl aprendo all’Udc, fino a «dargli la fisionomia, la natura e il nome di Partito popolare», con dirigenti come «Formigoni, Sacconi, Fitto, Lupi, Alfano, Scajola». “Bossi tace, la base chiede una svolta”, titola un primo piano sulla Lega a pagina 3. “Pisapia: ‘Non faccio accordi’ è invece il titolo di pagina7: per il ballottaggio l’avvocato non pensa ad apparentamenti e cerca i voti mancanti delle periferie. “E Fassino apre alla Lega: ‘Con noi il federalismo’” titola un primo piano su Torino a pagina 9. LA STAMPA prosegue con altre pagine di primo piano sulla politica, dal flop di Di Pietro (“ha perso il 40% dei voti” titola pagina 11) al Pd che si prepara a una possibile crisi del governo ricompattandosi e ricucendo con Veltroni. Titolo anche sulle città di Berlusconi: “La presa di Olbia e il sacco di Arcore, Silvio perde in casa”.

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