Famiglia

Le banche del latte non piacciono a quelle italiane

Il fenomeno, particolarmente diffuso negli Usa, comincia a preoccupare le autorità sanitarie europee

di Redazione

Non tenta le italiane la ricerca di ‘balie’ via web, soprattutto su Facebook, per offrire al proprio figlio latte materno anche quando la mamma non ne ha a sufficienza. Il fenomeno, particolarmente diffuso negli Usa e che comincia a preoccupare le autorita’ sanitarie europee, non tocca infatti il nostro Paese “grazie, probabilmente, anche alla buona rete di banche del latte che permettono di esaudire le richieste. Un sistema secondo, per numero di banche, solo ai Paesi scandinavi dove la donazione e’ tradizionalmente strutturata in tutti gli ospedali”, spiega Guido Moro, presidente dell’Associazione italiana banche del latte umano donato Onlus (Aiblud).

“Nel nostro Paese – sottolinea l’esperto all’Adnkronos Salute – possiamo contare su 26 banche diffuse sul territorio nazionale e sei centri omologati come banche. Non sono probabilmente sufficienti a coprire completamente i bisogni, ma e’ una situazione che possiamo definire piu’ che buona rispetto agli altri Paesi. Si pensi che negli Usa, dove il fenomeno delle donazioni di latte umano via Internet si e’ affermato, ci sono solo 11 banche su 220 milioni di abitanti”.

I centri di raccolta si trovano soprattutto al Nord e a Centro della Penisola, mentre scarseggiano al Sud: in Campania, Basilicata e Sardegna sono completamente assenti. ‘Buchi’ da colmare, secondo l’associazione, che lavora anche per promuovere la creazioni di nuove banche. Ma le mamme che hanno bisogno di latte materno “riescono facilmente ad avere un contatto – continua Moro – anche attraverso il sito internet dell’associazione (www.aiblud.org), che collega tutte le banche e fornisce indirizzi e riferimenti a chi si rivolge a noi”. I rischi sanitari legati alla donazione via Internet – senza i necessari controlli sanitari – sono dunque piu’ remoti nel Bel Paese ma, a livello precauzionale, secondo Moro “e’ giusto l’allarme lanciato dalla Francia”, dove l’agenzia di sicurezza sanitaria ha pubblicato in questi giorni un’allerta per sottolineare i pericoli di infezioni trasmissibili.

“La Francia – aggiunge l’esperto – e’ l’unico Paese europeo ad avere una legge che regolamenta il funzionamento delle banche del latte materno. Hanno regole precise e, come dimostra anche quest’allerta, una forte tutela”.

La diffusione dello scambio via Internet e’ insidiosa, secondo Moro, soprattutto per la falsa sensazione di semplicita’, dimenticando che una rete sanitaria organizzata puo’ rispondere meglio e con piu’ sicurezza alle esigenze. “La crescita del fenomeno negli Usa – aggiunge l’esperto – fa temere che questa ‘moda’ possa essere importata e con essa la possibilita’ di trasmettere infezioni.

L’Associazione italiana banche del latte umano donato e’ ovviamente contraria e preoccupata, anche se, ad oggi, il fenomeno non sembra attecchire in Italia”. Le banche presenti sul territorio, infatti, permettono lo scambio anche tra diverse Regioni. “La Toscana ad esempio – precisa Moro – ha sei banche, che si sono unite in una rete in grado sia di realizzare scambi interni che esaudire richieste esterne. Succede anche in altre aree: la regola e’ quella di una rete di solidarieta’”. La maggior parte delle banche “e’ organizzata in modo da andare a casa della donatrice (alla quale sono richiesti alcuni esami per escludere patologie infettive), ritirare il latte che ha raccolto nel congelatore e portarle biberon vuoti per sostituire quelli ritirati. Tutto questo dopo aver ‘istruito’ adeguatamente le mamme a raccogliere il latte in tutta sicurezza”, spiega Moro ricordando che lo scorso anno e’ stata fondata l’European Milk Bank Association, che ha l’obiettivo di uniformare la gestione delle banche del continente, di favorirne la creazione di nuove. ” In Italia – conclude – possiamo essere soddisfatti. Ma resta necessaria una normativa ad hoc. Non ci vuole una grande fantasia, basterebbe guardare al modello francese e prenderne il meglio”.


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